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La Parola Canta al Teatro Petruzzelli. Superlativi i Servillo, ma se la canzone piace, la parola invece annoia di Romolo Ricapito

di Romolo Ricapito

Inaugurata la stagione di prosa al Teatro Petruzzelli di Bari con il recital-concerto “La Parola Canta” protagonisti Toni Servillo e Peppe Servillo accompagnati dai musicisti del Solis String Quartet.

Il tutto ha avuto inizio con Toni Servillo che si è esibito in una lunga cantilena-scioglilingua che voleva descrivere l’iconografia attribuita a Napoli e ai suoi abitanti: i parcheggiatori, i ricettatori, la droga, il contrabbando, la diossina. In positivo invece è stato citato il sangue di San Gennaro, la tammuriata, la pizza, gli scugnizzi.
Una visione dunque ampia e critica che è continuata con la definizione di una città senza padrone, né partecipazione, il solito Maradona ma anche Masaniello.
L’excursus è stato però un po’ indigesto in quanto troppo allungato, con altre perle della Napoli popolare: i “ricchiuni”, i femminielli, lo scippo, la città dei  disoccupati. I violini ( suonati da Vincenzo Di Donna,Luigi De Maio, Gerardo Morrone) hanno sottolineato  delle danze tipiche del folklore partenopeo, tra le quali la celebre tarantella. Il violoncello di Antonio Di Francia segnava anche il ritmo con le mani del musicista che battevano sullo strumento. I due fratelli Servillo erano seduti (su sgabelli) ai lati sullo sfondo, durante la parte musicale
Questa evocazione strumentale è risultata suggestiva mentre si è registrato l’intervento di Peppe Servillo vestito in nero che ha introdotto il suo recitar cantando nella sua caratteristica maniera, ricca di gestualità, ma anche sofferta.
Nella prosa il  dialetto di Toni, ma anche quello di Peppe (nel canto) si è rivelato stretto, dunque è risultato di non facile comprensione.
Il tutto si attesta come come uno show che raggruppa due eccellenze.
Ancora ironia nei testi sempre in napoletano (da Eduardo, Viviani, Libero Bovio, E. A. Mario) oppure in italiano, per un accesso più facile.
A lungo andare la parte recitativa è risultata tediante nonostante la bravura indiscutibile del “maestro” di scena Toni Servillo. E non tanto perché si sono adoperati autori contemporanei e meno conosciuti come Enzo Moscato, Mimmo Borrelli e Michele Sovente, ma perché alcuni testi criptici non erano immediati come  invece i brani cantati da Peppe, canzoni comunque scelte anche tra il repertorio meno noto e dunque  non sempre identificabile per il grande pubblico.
Si è poi passati all’italiano forbito e ricercato: citate anche Eleonora Duse, ma anche Gilda Mignonette, “sciantosa” del teatro  di varietà.
Dopo la enumerazione di numerosi e tradizionali prodotti ittici, è risultato evidente che si è voluta creare una commistione tra teatro alto e popolaresco, che è poi la chiave dell’intero spettacolo.
Lo show è apparso  elaborato, me nello stesso tempo sconta i difetti  tipici dei one man show, qui in versione doppia.
Essi sono principalmente: staticità, istrionismo e anche una certa  dose di presunzione .
Nello stesso tempo però l’esibizione risulta migliore nella sua parte evocativa laddove la poesia ha la meglio sulle espressioni sanguigne e veraci di una Napoli “abusata” da troppi testi.
Un esempio è il verso: “acqua ingravidata dal lancio di gameti, di feti abortiti, di pisciate”,
poi anche  “sciabordio prezioso dannunziano”.
Si tende a involgarire gli elementi della natura, allo scopo di umanizzarli.
Riuscitissima l’esibizione di Peppe Servillo sul celebre brano di Libero Bovio “Guapparia”, del 1914.
Creano suggestione le sagome nere dei due protagonisti, su sfondo celeste.
Il pubblico sembra gradire certi testi di aneddotica pura recitati da Toni Servillo, ma la tensione è ormai calata e si avverte una certa noia.
Infatti tanta  aneddotica appesantisce lo spettacolo a scapito della parte musicale.
Toni Servillo in una sorta di intercambiabilità dei  ruoli ha intonato tra l’altro  A Casciaforte, un successo di Renato Carosone mentre Peppe ha eseguito Dove sta Zazà, pezzo del ’44 che fu anche un cavallo di battaglia di Gabriella Ferri.
Infine dei versi su Genova: “di mio fratello, cattedrale, bordello, portuale”. Tale prosa di Giorgio Caproni dal titolo Litania  intende creare un contrasto con l’altra città di mare, però del sud, ovviamente Napoli.
“Genova dell’entroterra, sassi rossi, la guerra”.
Infine Toni Servillo ha voluto ricordare il poeta Michele Sovente che componeva versi in italiano, latino e napoletano.
11 novembre 2018

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