Sei qui
Home > Cultura > Quando il proprio corpo diventa un estraneo

Quando il proprio corpo diventa un estraneo

Esposizione del libro di Luciana Balducci
Maria Silvia Quaranta

di Maria Silvia Quaranta
foto Francesco Guida

Presentazione del 25 febbraio con Paola Romano e Elisabetta Vaccarella
Presentazione del 25 febbraio con Paola Romano e Elisabetta Vaccarella

L’ultimo romanzo di Luciana BalducciUn estraneo, il mio corpo”, pubblicato il 19 dicembre 2024, rappresenta un progetto a cui l’autrice ha tenuto in modo particolare, nell’intento di raccontare una storia di un passato non troppo lontano. Abbiamo intervistato Luciana Balducci per comprendere le varie dinamiche che hanno portato alla realizzazione del libro.

Sentiamo come la Balducci spiega la dedica iniziale del romanzo:

  • Come nasce l’idea di scrivere questo libro?

Questo libro nasce da una casualità: era il 17 maggio del 2020, la Giornata mondiale contro l’omofobia e l’omotransfobia, ed eravamo in pieno lockdown per il Covid, quando su Internet ad un certo punto mi apparve un articolo che raccontava molto in breve la storia di questo uomo che effettua la transizione per diventare donna negli anni ‘50. Quella storia mi ha colpito talmente tanto, anche perché non la conoscevo, ed ho cominciato a documentarmi.

  • La protagonista Lea si ispira ad una persona realmente vissuta o di fantasia?

Questo romanzo è ispirato ad una storia vera (quella di Rola C.), ho cambiato i nomi e i luoghi per motivi legali, però la storia esiste e la si può facilmente recuperare su Internet. Ho cominciato a vedere, intanto, che c’erano diversi articoli di giornali a livello nazionale, a dimostrazione che all’epoca c’era stata una risonanza su questa storia, e quello che mi aveva colpito era che in questi articoli si parlasse anche della vicenda giudiziaria, perché Lea subito dopo essere diventata una donna, inizia una vera e propria battaglia legale per ottenere il riconoscimento.

  • Qual’era, all’epoca, la situazione a livello normativo?

A metà degli anni ‘50 non esistevano normative al riguardo, per cui Lea Casati è costretta ad affrontare un percorso che dura circa 13 anni e che porta ad una sentenza di primo grado che sostanzialmente non decide nulla, costringendo la protagonista a trovarsi in una condizione peggiore di prima, in quanto quella sentenza prevedeva che il soggetto non potesse essere riconosciuto né come uomo né come donna. Negli anni ‘70 lei ricorre in appello e la Corte emette la sentenza che le permette la riassegnazione sessuale e anagrafica, anche se non le permette di prendere il nome di sua madre ma solamente di poter modificare uno dei suoi due nomi (da Leonardo Luigi lei decide di sostituire Luigi con Luigia, cambiando solo la desinenza finale). Ma sicuramente questa è stata la prima sentenza che ha portato altre persone nella sua stessa situazione ad adire per vie giudiziarie. Finalmente Lea avrà giustizia nell’82 quando arriva la legge, tuttora in vigore, che prevede non solo che si possa decidere il nome, ma soprattutto la riassegnazione anagrafica e sessuale, ma solo se si è già pervenuti alla transizione. Come ci dice Marco Pesce, avvocato civilista ed esperto in diritti LGBTQIA+, in realtà nel 2015 è intervenuta una sentenza della Corte di cassazione in cui si definisce che non è necessario che sia avvenuta la transizione.  

  • La vicenda si svolge a Castelnuovo nel Lazio, un piccolo paese e dunque in un contesto diverso rispetto alla città. Come viene vista Lea, prima Luigi, in questa realtà?

All’inizio lui ancora un uomo cerca di comportarsi come tale, assolvendo al servizio militare, anche se ha fattezze e atteggiamenti per cui viene visto in maniera strana. Quando poi decide di evirarsi da solo, passa diversi mesi in ospedale con la mamma sempre vicina, e quando ritorna in paese come una donna (tra l’altro è una bella donna bionda ossigenata) c’è una sorta di curiosità e molto pregiudizio. Luigi era diplomato maestro, e quello che mi ha colpito è che il Comune, sentito delle sue ristrettezze economiche, decide di farle fare lezioni di doposcuola: nel libro dico che avviene quello che oggi potremmo chiamare il contrasto alla dispersione scolastica, perché Lea fa venire questi bambini a casa da lei per il doposcuola. Ricordiamo poi che Lea in un primo momento comincia ad insegnare in una scuola in un paese vicino, sperando che nessuno sappia nulla, ma presto, trattandosi tra l’altro di un istituto di suore, i genitori dei bambini vengono a scoprire tutto e lei viene licenziata. Il Comune del suo paese allora le dà una mano, e lei ha un rapporto molto bello con questi bambini, perché non avendo sovrastrutture essi la vedono solo come la loro maestra (anche se si chiedono ovviamente perché avesse le scarpe molto grandi oppure perché il viso non fosse proprio liscio). I piccoli naturalmente non conoscevano questa storia perché all’epoca quando i genitori dovevano parlare di cose importanti e scabrose, mandavano i figli a giocare o a letto. Dunque, per i piccoli alunni Lea è la maestra che hanno amato fino all’ultimo, e io infatti dico sempre che forse sono stati proprio i bambini a salvarla, perché con la loro innocenza e purezza non l’hanno mai giudicata.

  • Dopo questo periodo con il doposcuola cosa succede per Lea?

All’inizio Lea chiaramente non avendo l’assegnazione anagrafica, non può partecipare ai concorsi o prendere la patente, perché ha un documento maschile, e da lì inizia la sua battaglia: il libro parte proprio da Lea che si reca all’Ufficio di Stato Civile per avere un nuovo documento d’identità per far capire come inizia la storia e poi tornare indietro descrivendo qual è tutto il percorso dolorosissimo fatto da questa donna e durato 13 anni. Lea, infatti, subito dopo va a Roma trovando degli avvocati che alla fine vogliono fare questa causa pur sapendo che è un rischio fortissimo. Quando arriva la sentenza di secondo grado del 1970, il libro riporta un articolo di giornale in cui Luigia Casati (in realtà Rola C.) dice:” Io sono nata legalmente solo qualche giorno fa, eppure ho già quarant’anni. Non mi ha battezzata il parroco in chiesa, ma il presidente della Corte di appello di Roma nell’aula di un tribunale”. Per me le persone transgender non è che devono diventare qualcos’altro, devono essere quello che sentono, perché essi fin dalla nascita sentono di essere altro rispetto al sesso segnato alla nascita.

La storia di Lea poi si complica quando muore la mamma e lei ha un crollo, decidendo di andare via dal paese, anche perché negli anni continuano i pregiudizi, e trasferirsi in Toscana. Ma non spoileriamo la fine del racconto.

  • Che tipo di libro ha dunque voluto fare?

Si tratta di una storia ricca ed ho voluto che il libro segnasse determinati tasselli, senza dilungarsi troppo in particolari. Lo scopo del libro è stato quello di riportare alla memoria una donna che è stata dimenticata pur essendo stata una pioniera, avendo aperto la strada a molte altre persone nelle sue stesse condizioni. Oggi i transgender possono in tempi relativamente brevi arrivare alla riassegnazione: in Spagna ci vogliono tre mesi, in Italia circa 4 anni, ma sempre meno dei 13 affrontati da Lea.

Nel libro riporto la storia di Edoardo C. il cui percorso clinico e legale è stato molto più veloce, anche per evidenziare come il sacrificio di Lea sia stato così importante e come la sua esistenza e battaglia legale siano rilevanti. Ho voluto rendere un tributo ad una persona che ha contribuito a dare una svolta alla società, attraverso la fatica che ha dovuto sostenere. Si trattava di una persona forte, a volte con un carattere duro, ma che non si è fermata fino a quando non ha raggiunto il suo scopo. C’ è poi la riflessione che non sempre quando riesci ad ottenere quello che vuoi la tua vita si risolve prendendo una strada più semplice, perché quando le difficoltà sono troppe non riesci a ricomporti più.

  • Lei pensa che in questo paese si abbia la consapevolezza della diversità?

Posso dire che potremo pensare di aver raggiunto la consapevolezza solo quando non si parlerà più di diversi, cioè quando per qualsiasi persona noi incontriamo non dovremo più chiederci se è omosessuale, transgender, fluido, bisessuale perché l’essere umano va visto per come è, senza catalogazioni.

Inizialmente avevo pensato che il libro lo dovessero leggere i ragazzi, ma oggi direi che dovrebbero leggerlo gli adulti, perché i ragazzi sono molto più avanti e non hanno pregiudizi di sorta.

L’autrice Luciana Balducci
Copertina del libro
Copertina del libro

Lascia un commento

Top