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Per Viaggiare fuori dall’ovvio con le foto di Michele Carnimeo

di Piero Fabris

 Viaggiare è l’Arte di creare relazioni, possibilità di schiudersi a mondi nuovi dei quali si ignora l’esistenza. Ma fuor dalla retorica, la mostra fotografica di Michele Carnimeo è un invito a seguir l’istinto dei gatti randagi per sostare, almeno per un attimo, con se stessi e smarrirsi per ritrovarsi, compiendo un salto in villaggi di storie fuori dal tempo del nostro “tempo ordinario”. Questo tempo del nostro sé presuntuoso, bramoso, incapace di fermarsi e guardare senza i condizionamenti di un manuale per turisti. Il progetto fotografico esposto presso Foto Diego a Bari ci offre immagini di una comunità che vive nel cuore dell’arcipelago indonesiano.

Uno scatto del progetto fotografico di Michele Carnimeo

Un racconto di una collettività di uomini che sanno vivere in sintonia con la natura secondo i ritmi delle stagioni. Una sequenza di foto che ci chiama a ripensare alle nostre fughe dalla frenesia logorante nella quale ci perdiamo ogni giorno inconsapevolmente. Michele Carnimeo decide di partire, di fare una vacanza a Labuan Bajo sull’isola di Flores dove si arriva “comodamente” con un volo di un’ora d’aereo. Aveva letto cose interessanti, che, ne avevano alimentato l’immaginazione, anche se sceglie di accostarsi con gli occhi di chi viene dal mare su un battello a vela e motore. Michele, rimane deluso, tutto è molto diverso dalle sue aspettative, decide così di uscire dai viali turistici nei quali si sentiva costretto e si intrufola nei vicoli sempre più stretti che schiudono a distese di baracche, abbraccio di un porto di pescatori. È tra questa gente che il nostro viaggiatore si trova a proprio agio, dove si ritrova a giocare con i bimbi o come un bimbo tra pozzanghere e case col suo inglese “sgangherato”. A volte, perdendosi ci si ritrova! Chiacchierando viene a sapere del Villaggio di Wae Rebo. Incuriosito e, grazie a una fanciulla del luogo, riesce ad arrivarci percorrendo sentieri impervi all’interno della giungla dove il cielo scompare dietro un fitto manto di arbusti: una cappa di foglie, di calore e umidità. Lui e Ihmel, la sua guida, si fanno strada tra pareti di alberi compressi in una natura lussureggiante che apre squarci su panorami incantevoli. Un percorso dove l’afa fa da padrona li immerge in una vegetazione dalla quale si esce gocciolando sudore e senza fiato. I due sono giunti davanti a sette capanne a forma di cono dove il tempo sembra essersi fermato. Sono condotti davanti al capo del villaggio, il quale li accoglie e detta le regole comportamentali della comunità: soprattutto non dare fastidio, avere rispetto del cumulo di pietre posto al centro del piazzale, quello è l’altare Sacro.

Uno scatto del progetto fotografico di Michele Carnimeo

È una tribù isolata dal mondo senza tecnologia ed elettricità da oltre 19 generazioni. Michele Carnimeo è sbalordito, si muove esterrefatto tra gente dai ritmi lenti in armonia con la natura. Ripete più volte: “Essi vivono di quel che la natura offre: caffè, vaniglia, cannella Essi curano della foresta! Ero in un’altra epoca! Grazie alla mia giovane interprete sono riuscito a entrare nelle loro abitazioni, strutture circolari dove abitano in sette o otto famiglie. Vi sono spazi comuni dove al centro vi è il fuoco acceso sul quale si cuoce e poi ci sono scomparti privati”. Attorno a una tazza di tè caldo Michele Carnimeo ha potuto dissetare la propria curiosità. Il suo è un dialogo autentico che interroga il nostro grado di civiltà.  Un invito a incrociare gli sguardi tra noi e il mondo che ci circonda così sfuggevole e silenzioso in una metropoli rumorosa. Una mostra quindi per incrociare il passato e intravvedere il futuro diverso dalla presunzione di sapere tutto.

Uno scatto del progetto fotografico di Michele Carnimeo

Davanti a certe foto qualcuno si domanda: quanto siamo educati a muoverci fuori dall’ovvio?  E intanto i presenti, giunti numerosi il giorno tre di gennaio per l’inaugurazione si muovono curiosi con il “passo dell’intelligenza laterale”, un’immersione sensoriale nello spazio espositivo di via Imbriani 22, grazie anche alle indicazioni di Letizia Carrera; ognuno si specchiava pensoso o creativo con un’ottica differente sul senso del viaggio. Qualcuno con l’idea che l’incontrare culture ed esperienze diverse moltiplica i propri punti di vista. E intanto la mostra su WAE REBO, il villaggio che non c’è ci chiama a visioni responsabili, ci convoca a tornare sui nostri passi come Marcovaldo dei nei cortili dei gatti ostinati (del famoso libro di Italo Calvino) con la stessa passione di Michele Carnimeo, capace di infilarsi nei vicoli e le corti più periferiche, ma mai ai margini di una Cultura del contenuto, sempre rispettosa degli zaini di vita di ogni essere umano, silenziosamente, meravigliosamente presente nei luoghi svuotati dalla fretta disumanizzante di chi voler essere a tutti i costi dei “numeri Primi”. La mostra sarà possibile visitarla fino al sedici di gennaio.  

Michele Carnimeo

Nato nel 1959, vive e lavora a Bari. Dal 1989 lavora nel settore della comunicazione e pubblicità, acquisisce direttamente clienti e collabora con agenzie e case editrici.  Realizza campagne pubblicitarie, cataloghi, brochure per aziende locali e nazionali, impegnandosi dallo still life, alla moda, all’architettura. Ha lavorato per Barilla, Gruppo Heineken, Granlatte Granarolo, Minotti, Ala Editrice, Bologna Fiera, Merck Serono, Fantini Scianatico, Selex, Auchan, Mongolfiera, Magazzini Ferri, La Lucente, RSA San Raffaele, Fotografo ufficiale del “Trofeo Birra Moretti”. Organizza corsi  di fotografia base e avanzati, anche per enti di formazione riconosciuti dalla Regione Puglia. E’ docente presso la Nouvelle Esthetique Accademie di Bari. Organizza laboratori in ambito sociale per minori dell’aria penale e per utenti psichiatrici. Affianca l’AIRC, Associazione Italiana Ricerca sul Cancro nelle raccolte fondi ed è attivo nel volontariato sociale. Sviluppa progetti di ricerca personale, tra i più rilevanti: 1995, “Animata/Mente” reportage sulle prime strutture alternative ai manicomi, esposta a Bari, in Bosnia a Konjic nel 1996 e nel 1997 a Sarajevo. Viene richiesta dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità come modello sulle nuove tecniche riabilitative ispirate alla Legge 180. 2013, con “Le Attese”, ritratti metropolitani da New York, Berlino, Tokyo, è vincitore assoluto del Festival Internazionale di Orvieto fotografia, presidente di giuria Denis Curti. 2015 e 2017, è tra i quaranta Ambasciatori della Fotografia Italiana al Festival internazionale di Lishui in Cina, con “Rinascita dall’Oblio” e “Aquam” le forme dell’acqua. 2019, pubblica “Vacanze Baresi”, un libro con 85 foto e un calendario dedicati alla città di Bari, ispirati al film Vacanze Romane. 2020, pubblica “Scatti d’Umanità”, reportage sul sostegno alla popolazione durante il Covid. Libro edito da Adda Editore con 80 foto e mostra con 52 foto. 2020, pubblica libro e mostra di “Ethnic cook” 50 foto di ritratti e food, integrazione e interazione di immigrati che dalla cura per il cibo diffondono culture multietniche.

11 gennaio 2025

One thought on “Per Viaggiare fuori dall’ovvio con le foto di Michele Carnimeo

  1. Intenso e accurato racconto scritto con occhi che hanno saputo cogliere e restituire la profonda umanità che Michele Carmineo ci ha consegnato nel suo stra-ordinario viaggio fotografico

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