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Stupro sulle minorenni. Come arginare questi scempi umani?

in copertina un’immagine simulata dall’attrice Monica Keniota Levanto per dire no alla violenza sulle donne

di Cinzia Santoro

Lo stupro agito a Palermo da sette giovani nei primi giorni di luglio, le violenze alle due bambine di Caivano perpetrate da mesi dal branco di adolescenti minorenni nell’indifferenza di tutti,  impone una riflessione sulla deriva sessista e l’esaltazione del mito dello stupro che la cultura patriarcale alimenta dai tempi remoti.

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Famosa immagine tratta dal film “La Ciociara”


La storia, dal ratto delle Sabine agli stupri di massa delle recenti guerre, (si ricordi la seconda guerra mondiale e gli stupri agiti sulle donne italiane o il conflitto balcanico dove migliaia di donne mussulmane furono violentate e brutalizzate dagli uomini dell’esercito serbo-bosniaco) naturalizza lo stupro come sistema di riduzione in soggezione delle vittime.
Ma cos’è lo stupro?
Lo stupro è un atto di potere in cui la donna viene brutalizzata e umiliata.
Lo stupro non riguarda il sesso o il desiderio sessuale ma trova le sue radici nel dominio del maschio che non riconosce la donna come soggetto e la riduce a mero oggetto di piacere.
Stuprare è agire all’interno di un impianto culturale patriarcale che alimenta la colpevolizzazione della vittima e lo slut shaming ovvero lo stigma della poco di buono.
L’analisi critica delle risorse concettuali e delle pratiche linguistiche di matrice sessista devono essere al centro del cambiamento culturale.
L’indignazione e il linciaggio mediatico in questi giorni corrono sui social, dalla richiesta di una giustizia “fai da te” all’evirazione o alla castrazione chimica ma la prevenzione dei maltrattamenti e della violenza di genere hanno come condizione primaria il riconoscimento della loro esistenza. Sembra una cosa ovvia, ma non lo è.

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dalle telecamere- Stupro di Palermo


Il problema è culturale, la responsabilità è collettiva, ognuno deve sentirsi parte della comunità educante, sia essa la famiglia, la scuola, i media, e solo investendo sull’educazione ai bambini e alle bambine si potrà portare il cambiamento della cultura patriarcale di cui lo stupro è la manifestazione più brutale.

“Lo Stato ha deciso di metterci la faccia”, assicura la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dopo l’approvazione di un pacchetto di norme col duplice obiettivo di reprimere il fenomeno delle baby gang e investire nella prevenzione.
Sono ben 14 gli articoli che caratterizzano il Decreto Baby Gang. Le misure che destano particolare attenzione sono il Daspo urbano e l’ammonimento del questore anche per chi ha compiuto 14 anni.
Il daspo urbano è una misura cautelare che impone un divieto temporaneo di frequentare certe zone. L’obbligo di lasciare la zona in questione è di 48 ore e la durata è fissata per un minimo di 6 mesi a un massimo di 4 anni.
L’ammonimento entrerebbe in gioco in caso di violenze, minacce, risse e percosse compiute da minori a danni di altri minori. L’intervento avverrebbe anche senza querela o denuncia da parte delle vittime. Ai genitori del minore ammonito invece, convocati anch’essi dal questore, viene “applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1000 euro, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto”. Sull’ammonimento pesa anche la possibile aggravante: se il minore è già condannato e riceve un avviso orale, allora potrà essergli tolto l’uso dello smartphone, delle piattaforme, dei servizi informatici e telematici.
Il decreto impone una stretta sull’accesso ai siti pornografici: certificazione d’età nel momento in cui si entra in un sito e utilizzo del parental control da parte delle famiglie.
E per la detenzione, il traffico e la produzione di sostanze stupefacenti di lieve entità, con il decreto Baby Gang i ragazzi rischiano sanzioni da 1 a 5 anni.
In tema di rieducazione del minore, la bozza prevede che in caso di pena detentiva non superiore ai 5 anni di reclusione o la pena pecuniara, sia possibile “un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale” con servizi minorili a titolo gratuito con enti no profit o lo svolgimento di altre attività benefiche per la comunità, per un periodo che va da 1 a 6 mesi.
Il decreto Baby Gang prevede anche un fondo per le scuole del Mezzogiorno, per un totale di 32 milioni di euro da spalmare tra il 2023 e il 2025 (6 milioni e 400mila euro per l’anno 2023, 16 milioni euro per l’anno 2024 e 9 milioni e 600mila euro per l’anno 2025).
A seguito dello stupro di Caivano, il decreto legge punta a realizzare un piano di interventi infrastrutturali e di riqualificazione per 30 milioni di euro proprio nel Comune che dà il nome al testo. In più, viene prevista l’istituzione di un commissario straordinario per la sua attuazione.
L’inasprimento delle pene riuscirà a fermare una situazione che ormai ci è sfuggita di mano?  Forse promuovere una riflessione sul modello che la nostra società propone ai ragazzi sarebbe un primo passo. Gli adulti non sono credibili né autorevoli, gli insegnanti sono lasciati sempre più soli, gli psicologi nelle scuole sono rari e gli operatori delle comunità sono precari e spesso senza una formazione adeguata. Quale futuro è prospettato ai giovanissimi sempre più invisibili agli occhi degli adulti?
Recludere un minore è un fallimento della società, la stessa dovrebbe impedire che il giovane compia atti delittuosi, offrendo supporto alle famiglie sempre più sole, implementando la formazione degli insegnanti, investendo nella prevenzione all’uso delle sostanze e dell’alcol e nell’educazione sessuale ed emotiva. Forse implementare la rete tra famiglia, scuola e istituzioni potrebbe aiutare ad uscire da un tunnel fatto di violenza di branco, fenomeno che ormai tocca tutti, le baby gang sono formate da ragazzi e ragazze di ogni estrazione sociale, quindi un fenomeno trasversale.

Un’immagine simulata dall’attrice Monica Keniota Levanto Violenza donne–

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