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Appunti su due giornate di Cultura in Azione

di Piero Fabris

Due serate intense quelle del 22 e 23 luglio a Nardò e Taurisano nate sotto l’egida dei due comuni del Salento e il patrocinio dell’Ambasciata Armena in Italia. Nel Piazzale San Giuseppe, nel centro storico di Nardò, il cui patrono è San Gregorio l’illuminatore, subito dopo i saluti di Giulia Puglia, assessore all’istruzione e formazione, la parola è passata a Benedetta Contini dell’università di Vienna.

La professoressa che ben conosce la cultura e storia armena ha avuto parole lusinghiere per il romanzo “La Nuora” di Kevork G.Apelian, curato e tradotto dal professor Kegham J. Boloyan e Daniela Musardo, una narrazione precisa e puntuale che immerge il lettore in alcune usanze armene, ma soprattutto alimenta la riflessione sul valore dei sogni e dei progetti, sulla forza e la determinazione, sulle violenze e la miopia dei prepotenti. Sono temi che sembrano non toccarci, oramai assuefatti da immagini svuotate per le quali gli effetti novità e sensazionalismo hanno perso cromatura e invece non andrebbero rimossi per non perdere le misure e i pesi del giusto e vero. Senza svelare la trama del lungo racconto dove la “Sposa Anna” la vera protagonista del libro dell’Apelian, una donna bella e affascinante che con coraggio attraversa oscure foreste e va incontro alla meraviglia sapendo allargare i propri orizzonti, desideriamo accennare alle suggestioni che si sono create in questi due incontri. A Nardò a esaltare le atmosfere della piazzetta e catturare l’attenzione dei presenti, le letture di Rosaria Tarantino e gli interventi musicali di Arman Ipekdijan che col “duduk”, uno strumento “diverso”, capace di toccare le corde dell’anima, ha eseguito alcuni brani struggenti del suo vasto repertorio. A dialogare con il curatore del testo vi era la professoressa Isabella Oztasciyan Bernardini, direttore del centro “Dimitris Glaros” che, con forza, determinazione ha saputo soffiare sulle ceneri della storia scritta dai vincitori per i quali Mustafa Kemal, meglio conosciuto col nome di Kemal Ataturk, (considerato il padre della Turchia moderna) è un laico lontano dai razzismi. La professoressa non ha nascosto la propria indignazione per chi scrive e parla di storia, magari l’insegna senza ascoltare e tener conto dei fatti, quei fatti cruenti che resero rossi i fiumi! Sull’onda del Medz Yeghern “il Grande Male”, infatti, il cosiddetto Padre della nuova Turchia, continuò a deportare, massacrare, sterminare le minoranze etniche, un patrimonio di lingue, visioni, tradizioni, ovvero un tesoro umano per tutto il pianeta che oggi e sempre più vittima dell’omologazione, di quell’appiattimento culturale del quale anche noi occidentali siamo complici, anche se pensiamo ipocritamente, di essere i custodi della civiltà e legalità. La presunzione di sapere e la voglia di apparire ci impedisce di fare ricerca, sempre alla rincorsa di facili consensi e assetati di visibilità. A Taurisano il giorno dopo, nell’ex fabbricato addetto alla lavorazione dei tabacchi e delle olive, oggi ristrutturato e divenuto contenitore culturale, gestito dall’associazione “ARTAS Azione Cultura”, la voce, decisamente emozionata della signora Caterina Stasi ha accolto e invitato i numerosi contenuti a prendere posto attorno al salottino allestito nel cortile interno, sotto un cielo di astri favorevoli, dove la professoressa Isabella Oztasciyan e il curatore del romanzo “LA NUORA” si accingevano a dialogare con i presenti tra le letture curate da Cinzia Cicerello e le note del Duduk  del maestro Ipekijan, il quale oltre alle suggestioni dei brani ha sottolineato che per realizzare un Duduk ci vuole un legno di albicocco di almeno dieci anni e che non basta soffiarci, bisogna calibrare il fiato con una tecnica del respiro circolare e così, quando si sono spente le luci  per assaporare meglio i brani e permesso alle stelle di affacciarsi, molti degli spettatori si sono abbandonati al girotondo di note. La signora Stasi ha poi invitato a visitare l’esposizione di Yuri Timoshenko, ovvero una sequenza di opere raccolte sotto il titolo: “Ritratti dal Giardino”, ovvero rappresentazioni delle vivide emozioni dell’artista moscovita, che dal grigio e freddo della sua città natale si è ritrovato e meravigliato con i colori e il clima avvolgenti del nostro paese.

Nella sala espositiva alcuni quadri appesi alla parete ben rappresentavano l’incanto virile e creatore che con i suoi semi riempie i giardini, i recinti della sensibilità, aiuole di fiori, distese di petali dai riverberi brillanti e delicati.  Gli appunti della meraviglia si potevano meglio ammirare su un banco, segni e disegni sovrapposti l’uno su l’altro, forse per non invadere le pareti candide di un allestimento che voleva essere minimale. L’artista che come Claude Monet si è lasciato impressionare dalla luce, ha annotato sui petali immortalati su supporti di cartoni telati, storie di un attimo di papaveri e gigli che si intrecciano con essenze e fragilità su ali di germogli come fossero pagine sulle quali un istante si imprime con caratteri cirillici, greci, arabi, sono fatti, storie mimetizzate tra boccioli di sogni affamati di chiarezza che ognuno legge con i propri bagagli ed esperienze.             

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