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La silenziosa morte dell’umanità: il naufragio di Cutro

di Cinzia Santoro

“L’unica vera cosa che va detta è che non devono partire. Quando si è in queste condizioni non bisogna partire. Perché se noi non lanciamo al mondo e ai territori da cui partono queste persone, il messaggio che non bisogna partire, non devono partire”.


Questa la dichiarazione di Matteo Piantedosi ministro dell’interno del governo italiano nelle ore successive alla tragedia che ha visto il naufragio, sulle coste calabresi, dell’ennesima carretta del mare. Carica all’inverosimile di donne, bambini inermi e uomini, 180 esseri umani fuggivano dall’ Afghanistan, Pakistan, Siria, ma anche dall’ Iran, Somalia e Palestina. Scappavano dagli orrori perpetrati nei loro pesi d’origine, dai talebani, dalla guerra civile, dalle torture e da un’ esistenza che non può essere considerata tale.


Il peschereccio era salpato venerdi 24 febbraio da Smirne, in Turchia, senza però  sostare in Grecia, avanzando verso la rotta calabra. La scelta dettata dalla nota politica di respingimenti adottata dal governo greco, già condannato dalla Corte Europea dei diritti dell’ uomo. Avvistato  sabato notte da un aereo di Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Unione Europea, inizia il rimpallo delle responsabilità. Da quel momento passano ore fino all’alba quando 67 persone, bambini, ragazzi e uomini e donne che non avevano giubbotti salvagente, non sapevano nuotare, cadono nelle acque gelide della costa crotonese e annegano.
Un testimone e soccorritore dichiara: “Qui c’erano bambini, uomini e donne. C’erano perché ora non ci sono più. Morti, morti perché scappavano per una vita migliore. Ecco cos’è il carico residuale di chi pensa che gli uomini non siano tali. Bambini, bambini no carico residuale. Maledetti! ” Piange Orlando Amodeo e maledice chi si è  girato dalla parte ancora una volta. Sulla spiaggia restano i rottami del peschereccio e le vite distrutte.
Il procuratore Giuseppe Capoccia apre un’ inchiesta sul naufragio.
Dopo le polemiche il ministro Piantedosi, dichiara sotto lo sguardo attonito dei numerosi giornalisti: “Sono stato educato alla responsabilità, non certo mi chiedo cosa devo aspettarmi dal paese dove vivo ma quello che io posso dare al paese. No non partirei mai, no.” E ancora nei giorni successivi dopo che in tanti chiedono le sue dimissioni, rettifica con tono perentorio: “Io ho detto, ma evidentemente non è stata un’ affermazione che è piaciuta quel giorno, fermatevi verremo noi a prendervi. Questo è il senso dei corridoi umanitari.”
È forse un passo indietro del ministro nella bufera mediatica e politica? C’è un problema anche nella maggioranza, dove alcuni esponenti hanno dichiarato pubblicamente di voler spiegazioni sulle affermazioni del ministro?
Io penso che attraversare  in condizione precarie il mediterraneo pur di arrivare in Europa è il grido di dolore più grande e disperato di questi esseri umani. Non hanno nulla da perdere, morirebbero anche nei loro paesi d’origine.  Si caro ministro, loro non hanno più nulla da perdere. 

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