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IL GATTOPARDO è fra primi 100 film da salvare ma in America non ne compresero la grandezza.

Burt Lancaster

di Clelia Conte

Ho rivisto in tv il vecchio (ma sempre attuale) film prodotto dalla Titanus, “Il Gattopardo”. In genere questi colossal li trasmettono nel periodo natalizio ed io in genere ne approfitto per rivederli e scoprire dei particolari sfuggiti in precedenza. Ho apprezzato con un occhio molto critico ed attento l’opera di Luchino Visconti, nobiluomo del nord (Milano) tormentato e comunista convinto e che si incarna nell’uomo protagonista della storia, interpretato magistralmente da Burt Lancaser. Un ruolo insolito (per l’attore) e affascinante che vive la Sicilia dal periodo garibaldino all’Unità d’Italia. La storia la conosciamo o possiamo documentarla sui vari siti internet.

Tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Tommasi di Lampedusa, “Il Gattopardo” si ispira alla figura del suo del bisnonno, Principe Gulio Fabrizio Tommasi di Lampedusa, importante astronomo che nella finzione letteraria diventa Principe Fabrizio Salina. La storia va dal 1860 e il 1910, e si svolge a Palermo e a Ciminna oltre che nel feudo di Donnafugata (AG).

Visconti realizza attraverso il protagonista, Don Fabrizio (interpretato da Burt Lancaster), un percorso introspettivo dell’uomo che guarda con malinconia alla fine dell’aristocrazia e che prende le distanze da quel nuovo mondo. Il principe, comprende che la classe nobiliare sta decadendo per lasciare spazio ai nuovi arricchiti e cioè coloro che hanno approfittato in modo scorretto di una situazione di cambiamenti politici che lui chiama “avvoltoi”. L’uomo è un vero signore nell’animo, non si vuole adattare ma comprende la necessità di adeguarsi ai tempi. Infatti nel film si reca dal sindaco di Donnafugata, Don Calogero Sedara (Paolo Stoppa), uomo grezzo ma appartenente a quella nuova borghesia arricchita, per chiedere la mano della figlia Angelica (Claudia Cardinale) per il suo amato e ambizioso nipote Tancredi (Alan Delon). La ragazza, con la sua indole vivace ma anche spinta per la Sicilia di quell’epoca, (famosa la sua sguaiata risata a tavola), scandalizza più volte la principessa Maria Stella di Salina, interpretata da una grande Rina Morelli che fu notata per la sua ottima interpretazione.

Leslie French in IL GATTOPARDO di Luchino Visconti

Colpisce molto il dialogo tra il cavaliere Chevalley di Monterzuolo (Leslie French), funzionario piemontese e Don Fabrizio. L’uomo di Stato era arrivato a Donnafugata per offrire al Principe la nomina a senatore del nuovo Regno d’Italia ma egli rifiuta, perché ancorato alla precedente reatà della Sicilia citando come risposta al cavaliere la frase: “In Sicilia non importa far male o bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare'”. Salutando il cavaliere già in carrozza per la partenza dice la famosa frase presente sullo stemma della famiglia dell’autore del libro (Tomasi) : “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; Quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”. Questa fu la frase dalla quale ne derivò il titolo del romanzo.  

Claudia Cardinale e Alain Delon

Quel grande lavoro sul sentimento di un uomo (Don Fabrizio), espresso da un regista italiano neorealista, non poteva essere compreso dagli americani. Infatti alla conferenza stampa, dopo il triste esito della prima americana de “Il Gattopardo” nel 1963, Luchino Visconti, provocato dai giornalisti rispose con aria snob e sarcastica: «Io ve lo spiegherei pure. Ma vedete, quando i miei governavano Milano, voi dovevate ancora essere scoperti». L’opera, paragonata ad un “Via col vento” all’italiana in America poteva essere solo un film d’essai, apprezzato da chi potesse avere una sensibilità e conoscenza della grande arte espressa dai registi italiani dell’epoca. Non aveva attecchito la logica di un eventuale business americano che sarebbe andato a coprire i buchi di spesa eccessivi e azzardati per un colossal italiano. In Italia l’incasso nella stagione 1962-1963, aveva battuto i record d’incassi (2.323.000.000 di lire) ma le spese durante il film erano lievitate a cifre insostenibili (circa tre miliardi di lire!) e causarono il fallimento della casa di produzione Titanus. Un disastro per un vero capolavoro!

Luchino Visconti
Luchino Visconti

Altro grave elemento che fece scaturire la critica negativa dei giornalisti americani, fu un cattivo montaggio realizzato senza il beneplacito del regista. La pellicola subì un taglio di circa mezz’ora stravolto nell’ ordine originale delle scene, doppiato enfaticamente, ridotto anche nel formato (dal 70 millimetri al 35) e stampato non dalla pellicola originale ma da un copia. Burt Lancaster si impegnò nell’impresa credendo nel successo di un film che considerava eccellente. Aveva ragione, ma le sue aspettative furono deluse dell’esito della critica e del flop di incassi ai botteghini. La proiezione ufficiale a Newyork fece impallidire Visconti e il suo staff composto da Burt lancastr, Claudia Cardinale, la sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico e il produttore esecutivo Pietro Notarianni. Il nobile regista rifiutò la paternità di quella versione del film mal rigenerata dal regista Sydney Pollak.

Oggi Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare.

E’ davvero triste pensare che nel 1983 dopo sette anni dalla morte di Visconti, la Fox distribuì negli Stati Uniti e in Inghilterra, la versione sottotitolata del film premiato a Cannes di 185 minuti e da qui i nuovi critici rivalutarono l’opera comprendendone l’essenza. Meglio tardi che mai!

Pauline Kael, storica del cinema fece una giusta osservazione collegando lo spirito dell’autore al protagonista ed anche al regista che non posso non citare: «Tutto quello che accade lo percepiamo con lo sguardo di Visconti, ma ci sembra di vederlo con gli occhi del Principe. Il film ci comunica che questa bellezza fa parte del luogo e del tempo in cui ci troviamo».

Negli anni Settanta, i colti maestri del nuovo cinema americano, proprio guardando le opere dei grandi cineasti italiani si ispiravano al Il Gattopardo.

Il Gatrtopardo-Claudia Cardinale e Burt Lancaster

Il regista italo-americano Martin Scorsese, prima di girare L’ età dell’ innocenza (dal romanzo di Edith Wharton), impose allo staff di vedere Il Gattopardo due volte! Egli sosteneva che il film di Visconti fosse “un grande inno sinfonico alla Sicilia, al suo paesaggio, alla sua bellezza e alla sua violenza. È una delle più grandi esperienze visive della storia del cinema». Inoltre lo ha inserito nella lista dei suoi dodici film preferiti di tutti i tempi.

Resiste nel tempo la bellezza del film Viscontiano e non possiamo dimenticare il lungo ballo nel Palazzo Valguarnera -Gangi di Palermo della durata di 45 minuti durante il quale accadono tante cose: i pensieri malinconici del Principe, lo sguardo malizioso di Angelica e i mitici balli a suon di Valzer Brillante di Giuseppe Verdi nella versione diretta da Nino Rota che ne ha scritto la colonna sonora e poi gli splendidi costumi di Piero Tosi. La pellicola non invecchia mai e continua a far parlare di sé perché in effetti è un capolavoro della storia del cinema italiano e internazionale. Dobbiamo dire grazie a Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo e affermare con fierezza che il più costoso film della storia italiana sia una ricchezza, un opera che ci inorgoglisce e che possiamo vedere e rivedere scoprendo ogni volta particolari e sfumature.

17 gennaio 2021

One thought on “IL GATTOPARDO è fra primi 100 film da salvare ma in America non ne compresero la grandezza.

  1. Non si può parlare di decadenza o malinconia, ormai i tempi erano più che maturi, forse qualche pizzico di origine della “mafia” si riscontra proprio in quella classe baronale che cercava di riprodursi, separandosi dai nuovi governanti del continente, e dalle modifiche socialiste che cominciavano ad albeggiare, specie in alcuni settori, quali le miniere di zolfo. A fine 800 ha inizio la migrazione del popolo siciliano, del Sud ed anche di vaste zone del Nord (veneto), il Nuovo Mondo ormai avanza. La malinconia che trasmettono gli sguardi dei personaggi della nobiltà sono magistrali e fortemente espressivi di quel mondo, così come gli occhi solari e vispi della Cardinale attestano la forza vitale del nuovo mondo, ove solo l’amore è capace di creare un contatto, fornirgli quella energia riformatrice e progressista di rigenerazione della società.
    Il film va visto nelle sale cinematografiche, buie, possibilmente con le nuove tecnologie in 3D in modo da sentirti vicino ai personaggi, con gli occhiali in 3D. Forse queste tecnologie, che non si possono realizzare a casa, potranno dare linfa alle sale.
    Splendido film che ho visto dopo il restauro a Piazza Maggiore a Bologna, con oltre diecimila spettatori. Anche le arene nelle stupende piazze d’Italia possono rigenerare l’interesse a uscire di casa per un film, come si faceva con i film LUCE negli anni 50.
    Visconti era l’unico regista che aveva vissuto in prima persona il declino dell’aristocrazia, molto prima del principe di Salemi. Al Nord la società avanzava prima che in Sicilia e al Sud. Film da rivedere e commentare collettivamente.

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