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Dai resti del Venerabile Giacomo Torno emerge il più antico caso di ulcera terminale di Kennedy. San Mercuriale e la sua origine armena

Venerabile Giacomo Torno e San Mercuriale
Maria Silvia Quaranta

di M. Siranush Quaranta

L’analisi sui resti del Venerabile teatino Giacomo Torno, vissuto a Napoli tra la metà dell’XVI e gli inizi dell’XVII secolo, ha portato ad una sorprendente scoperta: il più antico caso di ulcera terminale di Kennedy (KTU), una lesione che si determina nel periodo immediatamente precedente al decesso.

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Dermatology Reports 2024 con il titolo” A case of Kennedy terminal ulcer in a 17th-century italian mummy”, e sono il risultato di un’indagine portata avanti dagli studiosi dell’Università di Bologna Mirko Traversari, paleopatologo del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC) autore dello studio, Elisabetta Cilli, Gianandrea Pasquinelli, direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC) che ha coordinato lo studio dell’Alma Mater Studiorum, Davide Melandri, direttore dell’UO Centro Grandi Ustionati Romagna, Marco Longoni, direttore della UO Neurologia e Stroke Unit di Cesena-Forlì, grazie all’iniziativa di Padre Aleksander Sebastian Iwaszczonek C.R. assieme agli attuali Padri teatini della Basilica di San Paolo Maggiore di Napoli, nell’ambito del processo di beatificazione di Giacomo Torno.

Venerabile Teatino Giacomo Torno
Venerabile Teatino Giacomo Torno

Giacomo Torno nacque a Napoli tra il 1539 e il 1541, unendosi poi ai chierici teatini della Basilica di San Paolo Maggiore nel 1558. Distintosi per la sua grande umiltà, pazienza e amore per il prossimo, le fonti storiche registrano che il 4 dicembre 1608 venne colpito da una malattia improvvisa che, qualche settimana dopo, precisamente 18 gennaio 1609, lo portò alla morte. Longoni, attraverso lo studio critico delle fonti ha potuto riconoscere dai vari sintomi e manifestazioni il verificarsi di una patologia neurologica di natura ischemica, che colpì il Venerabile Torno un mese e mezzo prima del suo decesso, e che provocò una caduta violenta con la conseguente rottura del coccige e la perdita di parte della funzionalità degli arti superiori e della possibilità di camminare. Inoltre, le cronache parlano di possibili attacchi epilettici derivati dalle complicanze dell’infarto. A causa dell’ischemia il Venerabile fu costretto a letto e dopo il decesso il suo corpo venne trovato ferito “soprattutto da una grande ulcera, che aveva sotto i suoi lombi, che gli arrivò dopo la morte”, come ha ricordato in un’intervista Marco Longoni.

Mirko Traversari sempre nella stessa intervista, ricorda che “è stato proprio durante l’indagine del corpo mummificato che ci siamo accorti di questa lesione. Anche se non particolarmente frequente non è insolito trovare questo tipo di ulcera all’altezza del sacro su corpi particolarmente ben conservati: la cosa che ci ha però incuriosito è stata la totale assenza di altre lesioni da pressione sul corpo, che solitamente compaiono in concomitanza con la lesione al sacro”.

Per gli studiosi è stata la forma particolare dell’ulcera, individuata dall’analisi del corpo mummificato, ed il fatto che è comparsa poco prima della morte, a permettere di ricostruire la presenza di un’ulcera terminale di Kennedy.

L’indagine ha preso avvio grazie alla collaborazione dell’Università di Bologna con il Gruppo Italiano di Paleopatologia (GIPaleo), coordinato dall’ anatomopatologo aquilano Luca Ventura, e con l’equipe dell’Università degli studi di Napoli “Federico II”, diretta da Claudio Bellevicine, che ha progettato e coordinato l’intera operazione e che ha visto il prestigioso coinvolgimento di Giancarlo Troncone, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica, e Arturo Brunetti responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Diagnostica per Immagini e Radioterapia, entrambi afferenti all’Ateneo napoletano.

Cranio di San Mercuriale
Cranio di San Mercuriale

Un altro importante studio su resti di santi è stato effettuato nel settembre 2018, con la ricognizione delle reliquie di San Mercuriale, condotto sempre da Mirko Traversari, dal gruppo AUSL Romagna Cultura, in accordo con la Diocesi di Forlì- Bertinoro, in collaborazione con il Lions Club Forlì-Cesena Terre di Romagna. Lo studio scientifico ha innanzitutto permesso di stabilire che la testa e il corpo appartengono alla stessa persona, un uomo vissuto tra il II e i III secolo la cui provenienza è verosimilmente l’Armenia. Purtroppo, le notizie storiche accreditate sul Santo sono pochissime e le pitture contenenti le sue gesta andarono distrutte, assieme alla prima chiesa a lui dedicata, nell’incendio del 1173. Lo studio, che ha portato alla realizzazione di un’immagine del volto del Santo forlivese in 3D, ha stabilito che la morte è avvenuta in un’età compresa fra i 40 e i 50 anni, che egli era alto intorno al m 1,60 e soffriva di osteoporosi. La fase iniziale è stata quella dell’acquisizione delle informazioni da fonti storiche, come per la ricerca della sua provenienza.

Studio su una delle vertebre di San Mercuriale
Studio su una delle vertebre di San Mercuriale

Ci dice il Traversari:” È noto che la cronachistica cittadina del XV secolo affermi che Mercuriale proveniva dalla nativa Armenia. Il Cobelli, infatti, nelle sue Cronache dice che “il Beato Mercuriale se partì dalle parti d’Armenia”, e solo in seguito ad un pellegrinaggio a Gerusalemme e Roma giunse a Forlì. E così negli Annales Forolivienses di Giuseppe Mazzantini di qualche secolo posteriore. Non è noto da quali fonti i nostri antichi concittadini abbiano tratto le informazioni e ben sappiamo con quale dose di prudenza sia necessario trarre informazioni dalle loro opere; vera risulta comunque la notizia della provenienza orientale del Santo. Importante è stato l’incrocio di vari risultati come quello dello studio isotopico, con il cosiddetto indice cefalico, che grazie a un calcolo matematico serve ad esprimere in termini statistici la conformazione del cranio; non ultima la conferma genetica, che ha evidenziato come la provenienza ancestrale del Santo sia proprio da ricercarsi nelle terre d’Armenia. La struttura del volto studiata grazie a standard antropologici internazionali ha fornito ulteriori indizi: incrociando tutti questi risultati si è potuto dedurre, con una ragionevole certezza, la provenienza armena”.

Analisi dello scheletro di San Mercuriale
Analisi dello scheletro di San Mercuriale

Ha concluso Mirko Traversari “va comunque detto che attualmente nessuna indagine di laboratorio può fornire una certezza assoluta circa la provenienza da un territorio, e che gli indici sopra indicati possono essere indicatori di un’area geografica che può abbracciare popolazioni e paesi diversi. L’incrocio di queste numerose analisi, allo stato attuale, sembra essere concorde nel farci guardare ad Est, verso il continente asiatico, proprio verso l’Armenia”.

Le foto sono state gentilmente concesse dal Prof. Mirko Traversari.

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