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Alle sorgenti del fiume Hypsas per ritrovare i pilastri della memoria del profondo

di Piero Fabris

I componimenti di Valerio Mello sono rivoli di un torrente che sanno diramarsi nella macchia verdeggiante del pensiero meditato; sono nutrimento fecondo per il profondo sul quale aleggia la Divinità come dolce refolo del ricordo. Nei percorsi poetici e interiori del Poeta, l’Hypsas si fa specchio sferico sui cui riflessi è possibile cogliere l’essenza del vero che appare in attimi improvvisi. Aedo tra i campi del Belice, il Mello canta con sapienza e ricercati vocaboli la terra natale quale pianeta promesso sempre vivo in lui. Il poeta fa di quelle correnti corde di una cetra onirica con la quale si avventura negli inferi dell’esistere per liberare l’Amore, il caro Amore nascosto dietro pietre dure e fredde disseminate nella vita come un novello Orfeo.  È pastore virgiliano sui sentieri bucolici in contemplazione dalla sommità della rupe dei miti, dei fiumi d’inchiostro nei quali poter ritrovare radici e consapevolezza: bagliori, riflessi di sirene e ninfe, echi, canti, pianti risonanti di mondi antichi. Riaccordandosi con forza vellutata all’Eterno oscurato, di cui Eraclito fu la voce, Valerio Mello riannoda il pensiero antico a quello del suo tempo, restituendo all’uso delle parole non solo la sonorità di ogni segno scolpito sulla pietra, quanto la chiarità intrinseca della miniera dell’umanità smarrita e, lo fa senza volgersi indietro, risalendo i labirinti infernali, attraversando radure, guardando a lune magiche che sanno trasfigurare il funesto in incantevoli volte del Silenzio. Nell’autore pulsano gli echi leopardiani che fanno capriole tra le oasi della saggezza, nei deserti d’anime dove le dune solitarie fanno d’altare ai miraggi adulatori che, alla sete del giusto tendono trappole.

Corrispondenze argentate lo rendono pellegrino tra il serpeggiare selvaggio del Fiume Hypsas e i raggi come remi di Iside, barca nel cui grembo sono custodite tutte le cose perse dai terrestri: beni materiali e beni spirituali, accumulati disordinatamente dalla sopravvivenza morale.  Su quella barca si avventurò Astolfo per restituire all’amico Orlando il senno perso. E’ un viaggio d’eletti, fino al tempio dove il crepitio del fuoco sacro con le lingue color zafferano sanno fare dell’acqua e il sale una conca di sapienza, una acquasantiera di Speranza ed elevazione per tutti coloro che sanno ascoltare e mettersi in cammino, nonostante lo scherno e l’ignoranza di molti, insensibili ai voli di consapevolezza nei teatri della saggezza, ma invidiosi preferiscono starsene ripiegati su tanta presunzione non essendo capaci d’udire il sussurro della memoria o di compiere il periplo tra universi visionari e soluzioni geniali al pari di Odisseo. 

 

Valerio Mello nasce ad Agrigento nel 1985. Studi classici, Laurea in Giurisprudenza. Vive a Milano dal 2011.
Ha pubblicato otto libri di poesia, fra i quali i più recenti “Rive” e “Hypsas” (Ensemble editore); le sue opere sono rappresentate per l’Italia e per l’estero dall’agenzia Edelweiss.

I suoi libri sono stati presentati, tra gli altri, dai professori universitari Gianmarco Gaspari, Roberto Salsano,
Rosalma Salina Borello, Alberto Destro, Valter Boggione, Enrico Mattioda, Ignazio Castiglia, in varie città italiane.

Sulla sua poetica hanno scritto Roberto Salsano (Una poetica di ombra e di luce: Asfalto di Valerio Mello, in Misure Critiche, anno XIV, Salerno, La Fenice Editore, 2015) e Ignazio Castiglia (Non conoscere, non
riconoscere: l’«enigma» della vita e della poesia nella scrittura di Valerio Mello, in Critica Letteraria, Anno XLVIII, Napoli, Paolo Loffredo, 2020).

Nel 2023 è stato nominato motu proprio Accademico Cavaliere di Grazia dall’Accademia de’ Nobili di Firenze per meriti letterari e culturali e Cavaliere della Real Confraternita di San Teotonio del Portogallo.

 

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