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 Carlo Garzia il Flâneur della fotografia

di Piero Fabris

 

Per un attimo Piazza Mercantile col suo Palazzo del Sedile, la fontana delle quattro facce, dove i viaggiatori sostano per cercare refrigerio dallo scirocco e, le facciate dei fabbricati dei notabili della città che sembrano divenire riflettori, appare sovraesposta. Bari a mezzogiorno è avvolta da un’atmosfera surreale. Seduto a uno dei bordi della piazza, Carlo Garzia (classe 1944) attende. Abbiamo deciso di incontrarci alle dodici da Martinucci. È seduto a un tavolinetto all’ombra del caffè. Mi sembra di riconoscere la sua persona, di un uomo d’altri tempi, di chi con un balloon [1] in un palmo lascia danzare un buon armagnac dai profumati effluvi, mentre gli occhi scorrono lenti su un giornale. In un clima surreale, il capoluogo pugliese, sembra uscire dalle dimensioni spazio tempo per traslarci in una Parigi, capitale della cultura del XIX secolo[2] o forse in “Ce qu’il reste” (ciò che resta), tanto per prendere a prestito un verso della poetessa polacca Wislawa Szymborska[3], che ben coniuga ironia e disincanto. È come ritrovarsi in un’oasi culturale, seduti a un tavolinetto di Montmartre, sì, proprio a Montmartre che alcuni intendono/traducono come monte di Marte Dio della guerra e altri come monte di Mercurio il Dio delle relazioni, degli scambi brillanti; Dio dei viaggi, della comunicazione e inganni in un genius loci tra artisti di strada, pittori, poeti, intellettuali. Sembrava di essere in un luogo dove l’idioma francese risuona, accennando a Emil Zola, Honoré de Balzac, a Charles Baudelaire, al ricercato e selvaggio, a Marcel Duchamp, il pittore e lo scultore, su una scacchiera di punti di vista, osservazioni che vanno oltre l’apparente e che fanno di Carlo Garzia un fotografo in cammino, un viaggiatore, giammai un turista, specie in crescita di questi tempi, che va’ per vicoli con la fotocamera al collo, ignorando la storia, e le idee scelte che danno forma alla conoscenza.

Parigi 1986 foto di Carlo Garzia

Al contrario Garzia è un esploratore, un uomo che osserva e con passo lento, col suo bagaglio di studi, ricerca i lati nascosti delle cose, il profondo chiaro soltanto a chi ha gli strumenti per riconoscere, dare valore all’ambiente che aleggia e allarga le percezioni delle cose. Dagli anni settanta Carlo Garzia scatta, inquadra, si potrebbe dire che in lui vive lo spirito del “flâneur” che in italiano verrebbe tradotto con uomo che passeggia, erra senza meta, un termine che nel nostro idioma richiama l’idea del perditempo, dell’annoiato. Al contrario Carlo Garzia, vive intensamente il proprio tempo, ne segue la magia che l’avvolge, immortalando con sguardo esterno, in una sorta di “distacco e concentrazione”, anzi con un metodo che sembra casuale, ma che invece è una scelta, ovvero quella di seguire gli stimoli percettivi. Questa tecnica di “esplorazione urbana” l’ha utilizzata esplorando tre comuni di Milano nell’ambito del progetto “Archivi dello Spazio” dalla valenza che, si potrebbe dire “Auratica”, capace di restituire una visione dei luoghi dell’essere quasi globale con i suoi colori, sapori, profumi. Viaggi avventura, si potrebbero definire i suoi servizi fotografici realizzati con la brezza del desiderio di comprendere il pianeta nella sua globalità, ma che divengono una narrazione simbolica /autentica dell’animo umano senza preconcetti. Il fine fotografo riesce a fermarsi, a farsi trasparente per cogliere l’attimo decisivo, l’istante prezioso facendo del grandangolo una scelta linguistica che irrompe sulla scena, ma non l’invade riuscendo a evidenziarne il lato grottesco, le contradizioni di una cultura che ama definirsi civile e rispettosa dell’ambiente. Si ravvisano nei suoi progetti le “lezioni” del regista e fotografo William Klein, famoso per il suo approccio ironico alla realtà, i suoi approfondimenti sull’arte di Francis Bacon [4], oppure di Rossellini. Attraverso l’archivio di Carlo Garzia si viaggia nella storia, si soffia su casellari della memoria, si impara a osservare il mondo con ottiche diverse grazie alle quali è possibile risalire all’essenza della bellezza.

Salento 1982 foto di Carlo Garzia

Documenti di alto valore socio-antropologico di chi, con i suoi racconti fotografici, interroga il proprio tempo senza filtrarlo, mettendo a nudo le proprie visioni, verificando le proprie annotazioni in favore di una condivisione il cui obiettivo è puntato sulla verifica delle strutture concettuali che sottintendono un’immagine. Un uomo che dei suoi viaggi all’estero ha saputo fare una passione dove i grandi esclusi hanno una finestra illuminante per le focali della ricerca incisiva. È stato tra i fondatori di “SPAZIO IMMAGINE”, galleria, luogo di incontri, di confronti in Bari; un’esperienza che ha gettato i semi per un’idea dell’arte fotografica d’ampio respiro grazie al quale si potesse andare oltre lo scatto puramente estetico e istintivo. “Spazio Immagine” con i suoi seminari ha favorito incontri con maestri della fotografia del calibro di Luigi Ghirri che trovò nel capoluogo pugliese “il tratturo” adatto per “Viaggio in Italia” (1984) del quale il Garzia è stato uno dei protagonisti, anche grazie alle sue qualità di divulgatore, di insegnante attento ed esigente, di organizzatore di esposizioni. Con Carlo Garzia per un attimo sembra di essere davanti a una enciclopedia dove Borges e i suoi racconti, Mulas e le sue verifiche, Mario Cresci, col suo approccio “fantastico” di pendolare tra il passato e il presente di luoghi ripercorsi con occhio sempre nuovo proiettato nel divenire o Diane Arbus, la fotografadella diversa normalità, Gianni Celati, l’errante scrittore, il tumultuoso Odisseo della fotografiariemergono dalle sabbie colorate di un mandala di passione. Dalla sua forza evocativa, per un attimo riaffiorano figure e luoghi come Marilena Bonomo che con la sua galleria sita in via Nicolò dell’Arca seppe fare da ponte con personalità di spicco del mondo dell’ARTE, inediti per l’Italia dei primi anni settanta. Per un attimo Domenico D’Oria sembra sorriderci evocato dalle tante iniziative realizzate con l’Alliance Française.

Copertina del catalogo antologica di C. Garzia – Castello Carlo V Lecce

Ci siamo lasciati parlando della sua fotografia legata al paesaggio, all’antologica a lui dedicata dal titolo: CE Q’ IL RESTE” allestita nelle sale del castello Carlo V di Lecce qualche tempo fa. Ci siamo salutati vicino alla fontana dalle quattro facce. Un senso di vuoto, un attimo di smarrimento mi riconsegna alla piazza tra schiamazzi e frotte di turisti avidi. Carlo Garzia lo osservo dissolversi lentamente in un vicolo di Bari Vecchia. Mi avvio verso casa, ripenso a quei ritratti, a certi ambienti interni che sembrano scavare certi ambienti alla ricerca della profondità, alle contraddizioni di certa ridicola modernità che violenta il territorio, ma tutto fatto con un tocco poetico che trova nella figura del métèque di Moustaki il sentiero di un futuro possibile.  

      


[1] il balloon detto anche napoleon è il classico bicchiere a forma di palloncino adatto a far decantare certi distillati

[2] riferimento all’opera di Walter Benjamin

[3] premio Nobel per la letteratura1996

4 pittore espressionista irlandese 1909 – 1992

Carlo Garzia

CENNI ARTISTICO BIOGRAFICI di CARLO GARZIA

Nato a Bari, classe 44, studi classici e poi Laurea in Lingua e Letteratura Francese e docente della stessa preso un liceo cittadino.
Il suo interesse per la fotografia è inizialmente legato allo studio dell’Antropologia culturale e dello strutturalismo di scuola francese, facendo tesoro della lezione di Ernesto De Martino di Annabella Rossi ma cercando nello stesso tempo di trovare un linguaggio visivo e strumenti  nuovi che liberassero l’iconografia del Mezzogiorno dal neorealismo e dal miserabilismo di maniera che lo caratterizzavano.
Nasce in quegli anni la galleria  “Spazio Immagine“ fondato con pochi amici per aprire a nuove esperienze visive  una città ancora molto chiusa e provinciale e che si propone di farle incontrare una nuova generazione di autori non solo italiani. Decisivo da questo punto di vista l’incontro con Mario Cresci che da Matera negli stessi anni cercava di diffondere la cultura del “Progetto” e di una
nuova pratica della cultura materiale del Sud .Questo incontro produce due grandi mostre ,” I grandi esclusi” (1978) e “Documenti di identità territoriale” (1979) e la nascita della rivista “ Materiali “dalla breve ma intensa vita. Sempre nel 1979 Italo Zannier lo invita al mostra “ L’insistenza dello sguardo” l’unico progetto italiano che celebra con rigore e coerenza  i 150 anni dell’invenzione della fotografia.
Seguono anni di viaggi da cui emerge, sulla base del pensiero di Benjamin, la figura del flâneur come esploratore della complessità urbana e dei suoi segni. Nel 1980 l’incontrò a Roma con Luigi Ghirri lo porta ad un maggiore interesse per il paesaggio italiano e mediterraneo.
Nell’84 vede la luce il grande progetto di “ Viaggio in itala “ a cui seguiranno gli  “Archivi dello Spazio “ della Provincia di Milano e una serie di progetti sul territorio che ne attestano il valore dirimente. Non bisogna trascurare la sua instancabile attività seminariali, le sue esposizioni e organizzazioni di progetti e cura di mostre. Tra le tante esposizioni citiamo: “Ce qu’il reste” (Mostra antologica nel Castello Carlo V di Lecce, 2023); “l’Italia è un desiderio” (Scuderie del Quirinale, 2023); “Abitare il Silenzio” (Mostra a cura di Corrado Benigni e Mauro Zanchi presso Baco di Bergamo,2022); “Deser in/Desert in” (Castello Svevo-Bari, 2012); “SACER” (Castello Svevo, 2007); “Aqueinvista” (Sala Murat-Cittadella della Cultura Archivio di Stato,2007);  “Nel Regno di Naoili” (Spazio Immagine-Bari,1988); “Le Rèveduraysan” (Pinacoteca Giaquinto-Bari,1986). 

7 novembre 2023






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