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Jon Fosse attraverso l’occhio critico di Franco Perrelli

Premio Nobel 2023 Jon Fosse
Maria Silvia Quaranta

di Maria Silvia Quaranta

foto di Francesco Guida

Durante la serata del 30 ottobre presso la Libreria Laterza, il prof. Perrelli ha tenuto un focus sull’attività letteraria di Jon Fosse, soffermandosi anche su alcuni aspetti topici della sua vita personale.

Locandina della presentazione
Locandina della serata

Franco Perrelli è docente presso il Dipartimento di ricerca e innovazione umanistica dell’Università degli studi Aldo Moro di Bari e professore di discipline dello spettacolo (nordico) presso il DAMS dell’Università di Torino; scrittore, Premio Pirandello 2009 per la saggistica teatrale e vincitore del Strindbergspris 2014 per gli studi sul drammaturgo svedese Strindberg, è un attento estimatore della cultura nordica e fine conoscitore della figura di Jon Fosse, Premio Nobel per la Letteratura 2023 “per le sue opere teatrali e la sua prosa innovativa che danno voce all’indicibile”.

Jon Fosse è un personaggio molto complesso, affascinante, introspettivo, in cui si intrecciano profonde implicazioni filosofiche e psicologiche, che si rifanno al pensiero del filosofo Heidegger.
Fosse, nato nel 1959 a Haugesund in Norvegia, non è un autore per cui sono importanti le trame dei lavori, ma il cui modo di scrivere può essere letto solo da un certo tipo di lettore che vuole lasciarsi andare alla musica, un lettore che affronta il testo alla ricerca di quello che vi è nascosto. I suoi lavori sono caratterizzati da una lingua pulita e minimale, con una scrittura ritmica basata su ripetizioni e variazioni in cui appunto la trama è quasi assente, e dove dominano i silenzi e le pause che sanno custodire il mistero e, al tempo stesso, ce lo trasmettono, riprendendo il pensiero del sociologo Adorno quando afferma che la letteratura deve essere enigmatica.
Quello di Fosse non è il norvegese che si parla a Oslo, ma una lingua minoritaria, il Nynorsk, legata alla sua terra e alle sue origini quacchere.

I libri buoni sono un’altra letteratura”, dice Fosse; qui il lettore è invitato ad un’esperienza spirituale nella ricerca del divino, lasciandosi andare ad esplorare nelle dinamiche della ricerca stessa. Si tratta di un nuovo modo di intendere la letteratura. Nella sua scrittura parla una voce, che indaga tutto il resto, che cerca la tematica di Dio nell’uomo, e il lettore si deve porre alla ricerca del “sensus misticus”.
Di rilievo sono sia il nesso tra la musica e la scrittura, molto forte nei suoi lavori, dove il rumore della chitarra diventa il ticchettio della macchina da scrivere e poi della tastiera del pc, e sia la sua conversione al cattolicesimo nel 2012, una stranezza nella cultura norvegese, nell’esame del carattere spirituale che avvicina attraverso la scrittura, e dove il vuoto è Dio e questo vuoto viene riempito dal volto di Cristo.
La parola e lo spirito di Dio esistono in tutto. Dio esiste, ma è molto lontano e del tutto vicino, perché è presente in ogni singolo essere umano”, scrive Fosse in Mattino e sera.

Franco Perrelli
prof. Franco Perrelli

Perrelli ci ricorda la sua assoluta necessità del silenzio, come senso di sospensione; “per l’autore nel silenzio, nella pausa, nel parlare con il suono la scrittura può avere una sua completezza”, rifacendosi alla tradizione della gnosi, della conoscenza, dove un segno di sospensione equivale ad una parola.
La scrittura diventa indagine del sublime e della bellezza dove “la voce parla senza parlare, ma non è umana”, al di là della vita stessa e dove lo scrittore ne è l’interprete estrapolandola dal suo stesso contesto. Questo tipo di scrittura mistica appare romantica, attinge all’ironia che “incarna la nostalgia e la promessa del significato, con il suo significato che è meraviglia”. Nel romanzo il misticismo apre al divino, e leggere Jon Fosse è un atto di misticismo.

Nella sua scrittura riecheggia la dialettica di Ludwig Wittgenstein con la frase finale del Tractatus logico-philosophicus: “di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”, dove si può scrivere solo su ciò che si evince dalla scrittura stessa e dove esplode l’assoluta necessità del silenzio, come senso di sospensione.

Saggi gnostici
Saggi gnostici

Jon Fosse si avvicina al teatro successivamente, in quanto inizialmente il circuito teatrale non si reputava attrezzato per mettere in scena quel genere di opere. Da un certo punto in poi anche nel teatro questa “voce interiore si può far sentire, una voce lontana, al di là della vita“.

Le sue opere sono state tradotte in oltre 40 lingue. Tra i libri di Jon Fosse ricordiamo: Teatro, 2006; Fandango, 2011; Saggi gnostici, a cura di Franco Perrelli, 2018; Caldo, 2018; La nave di Teseo, 2021.

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