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Lavorare non è morire: le stragi annunciate

di Cinzia Santoro

Quando si continua a morire sul lavoro come succede in Italia, dobbiamo avere il coraggio di parlare di stragi annunciate e non di singoli episodi dovuti alla fatalità. Accendere i riflettori sulle tragedie che accadono per poi spegnerli immediatamente dopo che la morte si è consumata, è come celebrare un rito, parlandone e indignandosi, per poi cedere il passo all’oblio fino alla prossima disgrazia.


E ogni volta si dice “mai più” ma poi non si fanno quelle cose che mettono la sicurezza e la prevenzione come elemento centrale. In un paese come l’ Italia si devono cercare percorsi e strumenti unitari per far sì che la sicurezza sul lavoro diventi prassi quotidiana per tutte le categorie di lavoratori. Invece i politici di turno, presi dalla smania di apparire efficienti e migliori l’uno dall’altro, dopo aver tagliato nastri ed essersi occupati di grandi opere, in realtà sono assolutamente disinteressati a promuovere investimenti sulle manutenzioni e sulla sicurezza sul lavoro che possano davvero fare la differenza.


Maurizio Landini, segretario generale CGIL all’indomani della strage ferroviaria di Brandizzo ha dichiarato:
“Io dico che se davvero si vuole imparare da questa terribile esperienza, da questo gravissimo incidente che è avvenuto in questi giorni è davvero il momento di agire sulle cose che finora non sono state considerate.
Chiaramente non si riconduca l’accaduto solo all’errore umano, ciò che è avvenuto è il frutto di un sistema complessivo operante.
Si parla di ditta appaltante e in merito voglio ricordare che questo governo ha liberalizzato l’appalto addirittura facilitando il subappalto a cascata.

Se si va a vedere all’origine degli infortuni mortali sul lavoro e degli infortuni permanenti in aumento in Italia c’è il sistema dell’appalto e del subappalto.  Una delle forme peggiori di insicurezza e malattia sul lavoro, dove stravince l’illegalità e le infiltrazioni mafiose. Questo è il tema di fondo da cui partire e poi parlare di investimenti nella prevenzione. Il PNRR ha addirittura attuato dei tagli alla sicurezza, perché si è affermato, per il sistema di trasporto ferroviario, che non c’è il tempo di realizzare un sistema di tecnologie e di controllo sulle linee, che se ci fosse segnalerebbe la presenza di lavoratori sulle rotaie.  È ipocrisia questa! Quando a luglio abbiamo indetto lo sciopero nelle ferrovie non era per chiedere aumenti di stipendio ma per sottolineare che esiste un’ organizzazione del lavoro che mette pressione sulle persone e su chi effettua le manutenzioni. Ma il Ministro dei trasporti cosa ha fatto? Ha messo in discussione lo sciopero senza neanche discuterne le ragioni perché eravamo in luglio.”
Più di 200 denunce anonime di lavoratori hanno sottolineato che è prassi lavorare sui binari quando i treni sono in movimento. È un dato davvero impressionante. Si può morire in nome di una “velocità” che il progresso ci chiede?
Dall’inizio del 2023 ad oggi quasi 600 morti sul lavoro, numeri incrementati rispetto allo scorso anno. Le morti sono inversamente proporzionali alla crescita e all’evoluzione tecnologica.
Le denunce di infortunio delle lavoratrici italiane da gennaio a luglio 2023 sono state 121.095, quelle dei colleghi uomini 223.802. Negli ultimi 5 anni si è registrato nel settore delle manutenzioni un infortuni mortale ogni 100 giorni e un infortunio grave ogni 50 giorni.
Questi numeri descrivono una criticità strutturale che richiedono interventi urgenti. Mentre scrivo altri operai muoiono, vittime a Bologna, Salerno, Treviso, Napoli e Ca’ di Rajo e la mattanza non si fermerà.
Il presidente Mattarella ha dichiarato:
” Morire sul lavoro è un oltraggio ai valori della convivenza, alle regole di base su cui si fonda la nostra società. Troppi morti sul lavoro. Non è tollerabile perdere una lavoratrice o un lavoratore a causa della disapplicazione delle norme che ne dovrebbero garantire la sicurezza sul lavoro. I morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza. Lavorare non è morire”.

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