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Gli armeni ricordano il genocidio del loro popolo: A Bari la comunità armena si raccoglie nella chiesa di San Gregorio

Foto di copertina- 108 anni fa partiva la deportazione degli armeni che avrebbe fatto 1.5 milioni di vittime

di M. Siranush Quaranta

Il 24 aprile è la data tatuata nel Dna di ogni armeno, autoctono e della diaspora, giorno della Commemorazione del genocidio. A Bari anche quest’anno la Comunità armena dei discendenti della diaspora, riunita assieme a simpatizzanti e armenofili nell’ Associazione Armeni Apulia, nata quattro anni fa per diffondere i valori, la cultura e le tradizioni del popolo armeno, si ritroverà alle 18.30 per una messa nella Chiesa di San Gregorio e successivamente presso il Khachkar (croce fiorita di pietra) ubicato di fronte al porto, simbolo della fede e della forza di una stirpe, per Non Dimenticare.

Esodo forzato delle donne e dei bambini nei deserti della Mesopotamia dal 1915

Il primo genocidio del Novecento, ancora sconosciuto a tanti, è stato quello che ha colpito il popolo armeno 108 anni fa, rispecchiando ciò che l’uomo può fare verso i propri simili motivato da odio razziale e religioso.

L’Armenia, situata nel Caucaso meridionale, è stata la prima nazione a convertirsi al Cristianesimo nel 301 d.C. grazie a San Gregorio l’Illuminatore, riconoscendolo come religione di stato. Il radicarsi della fede cristiana fra gli armeni è uno degli elementi fondanti dell’identità nazionale. Questo popolo da sempre aperto all’occidente a partire dalla seconda metà dell’800 subisce varie vicissitudini, culminanti con i primi massacri. Inoltre  nel 1908 nell’ Impero Ottomano si passò, con l’ascesa del Comitato Unione e Progresso dei Giovani Turchi, da una struttura cosmopolita ad un nazionalismo estremizzato il cui scopo era quello di creare una nazione turco-mussulmana che si estendesse da Costantinopoli al Giappone. Per realizzare ciò alcuni suoi membri pianificarono l’eliminazione di tutte le etnie non mussulmane, tra cui quella armena che ritenevano non dovesse avere più alcun ruolo nella nuova nazione, attuando così il primo sterminio del 900. Lo scoppio della prima guerra mondiale e l’entrata dell’Impero a fianco di Austria e Germania contro le potenze dell’Intesa rappresentò l’occasione per mettere in atto questo progetto con lo stesso sultano Abdul Hamid che proclamò la guerra santa per coinvolgere il popolo nell’eccidio.

Lunga fila di armeni costretti all’esodo forzato nei campi di confino

Il 24 aprile 1915 è la data in cui viene dato l’ordine di eliminare l’elite della comunità armena, il massacro degli uomini e la deportazione di donne, bambini e anziani verso le desolate città di Deir-al-Zor e Mosul (Siria e Iraq). Durante le marce forzate nel deserto migliaia di persone subirono gli orrori più atroci e solo poche centinaia riuscirono a giungere a destinazione. Tra il 1915 e il 1923, a seguito di varie ondate di stragi, un milione e mezzo di armeni persero la vita, con i pochi sopravvissuti costretti alla diaspora.

Con la fine della guerra non si ebbe una svolta democratica, bensì un rafforzamento nazionalista con l’ascesa al potere di Mustafà Kemal Ataturk, che culminò con la guerra greco-turca e la distruzione di Smirne del 1922.

La Turchia non ha mai riconosciuto il genocidio armeno. Non c’è mai stata un’apertura al dialogo, alla democrazia, al rispetto dei diritti umani. Il negazionismo è un aspetto rilevante e purtroppo drammaticamente attuale. Gli storiografi turchi hanno riscritto e ufficializzato la loro versione degli eventi, insegnata nelle scuole per far crescere la società nella mistificazione.

Correlata a questa vicenda vi è la creazione nel 1926 a Bari del villaggio Nor Arax,  grazie all’intellettuale cosmopolita di Costantinopoli Hrand Nazariantz, tuttora ubicata in via Amendola, che ospitò i profughi armeni giunti nel 1924  dai porti della Grecia ed oggi i loro eredi.

Il passato condiziona il presente e il futuro, per questo è indispensabile mantenerne vivi la Memoria e il Ricordo.

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