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Incontro a Bari su “Le donne in Afghanistan ieri e oggi” con la principessa Soraya Malek

di M. Siranush Quaranta

Presso la Pinacoteca metropolitana “C. Giaquinto” l’incontro su “Le donne in Afghanistan ieri e oggi”.

Da sinistra il dirigente beni culturali Francesco Lombardo, la consigliera Micaela Paparella, la sociologia Mirella Giannini, l'artista Agnese Purgatorio, il critico d'arte Anna D'Elia e la principessa Soraya
Da sinistra il dirigente beni culturali Francesco Lombardo, la consigliera Micaela Paparella, la sociologia Mirella Giannini, l’artista Agnese Purgatorio, il critico d’arte Anna D’Elia e la principessa Soraya

Lo scorso 5 aprile, in una sala della Pinacoteca cittadina, nell’ambito della mostra “Parole nomadi” dell’artista Agnese Purgatorio, il Soroptimist International Club di Bari ha organizzato un incontro sulle donne afgane di ieri e di oggi.

La regina d’ Afghanistan Soraya Tarzi, nonna di Soraya Malek

L’incontro è iniziato con i saluti istituzionali di Francesco Lombardo (dirigente del Servizio Beni Culturali di Bari) e della consigliera Micaela Paparella (delegata al Patrimonio Culturale e presidente Soroptimist Club Bari) la quale ha presentato S.A.R. la principessa Soraya Malek, da sempre impegnata a favore del suo popolo e delle donne afgane i cui diritti fondamentali sono andati perduti,  l’artista Agnese Purgatorio che con i suoi lavori è ugualmente accanto ai grandi temi sociali, Mirella Giannini sociologa e presidente degli Stati generali delle Donne e il critico d’arte Anna D’Elia. In seguito ha preso la parola la principessa Soraya Malek, nipote del re Amanullah Khan, che abdicò nel 1929 per evitare una guerra civile, e della regina Soraya Tarzi, ispiratrice negli anni venti di una vera rivoluzione per trasformare l’Afghanistan in un Paese evoluto. Nata in Italia ha nel cuore le sue radici; senza alcuna paura ha denunciato ciò che è accaduto e che accade oggi in Afghanistan, poiché si parla tanto di quello che fanno i talebani senza ricordare i venti anni di occupazione occidentale e prima ancora sovietica e inglese. S.A.R. Soraya ha inizialmente mostrato varie diapositive, per dare un’idea storico-geografica del Paese che si trova nel cuore dell’Asia centrale. Passando alle vicende legate alla sua famiglia, la principessa ha ricordato che il nonno regnò dal 1919 e con la regina Soraya (per metà siriana e per metà afgana), avviò  nel Paese un processo di emancipazione, con la prima costituzione (dopo l’indipendenza dagli inglesi) che dichiarava tra l’altro la parità tra i sessi; la regina venne considerata una delle donne più influenti al mondo per il suo ruolo nelle riforme di modernizzazione. Fu durante uno dei discorsi del re che scoraggiava l’uso della hijab, o burka, che la consorte si tolse il suo velo. Nel 1927 durante il viaggio dei reali in Europa, per la prima volta una regina afgana compariva non velata e vestita all’occidentale, e queste immagini vennero usate dai detrattori per un gioco di propaganda contro il re. La regina è sempre presente accanto al marito, del quale resta famosa la frase: ”Io sono il vostro re, ma il ministro dell’istruzione è mia moglie, la vostra regina”. Una volta in esilio a Roma egli fece studiare e laureare i suoi otto figli, di cui sei femmine, una delle quali è stata la prima donna afgana ginecologa. 

S. A. R la principessa Soraya Malek d’Afghanistan

 Alla domanda della sociologa Mirella Giannini sul peso di responsabilità ereditato dalla sua famiglia, Soraya Malek ha risposto di essere fiera di appartenere ad una stirpe così antica,  dove i nonni furono così aperti per l’epoca. Il peso è tanto, anche perché senza sosta uomini e donne le scrivono per uscire dal paese e quelli che vivono in Italia hanno problemi di adattamento; la maggior parte dei profughi va in Germania dov’è più tutelato. Agire è difficile perché nulla si muove senza l’approvazione dell’America, e si tratta di una guerra nascosta.

La principessa ha annunciato il suo prossimo viaggio in Afghanistan, “senza indossare il burka, introdotto durante il dominio inglese”, concludendo che oggi la cosa più dura per una donna è nascere afgana.

Agnese Purgatorio-Blu Kabul
Due collage digitali dell’artista Agnese Purgatorio dal nome “Blu Kabul”

Il critico d’arte Anna D’Elia ha introdotto la mostra di Agnese Purgatorio “Parole Nomadi” (visitabile fino al 14 maggio 2023), la quale usando un linguaggio contemporaneo attraverso l’uso di vari mezzi come la fotografia, collage digitali, video art, racconta con delicatezza i temi attuali del ruolo delle donne nella società, dei conflitti sociali, dei migranti e delle guerre. Nel 2015 organizzò la mostra “Imparare a memoria”, per commemorare il centenario del genocidio armeno. Le immagini riportano a luoghi senza tempo, diventando gli scenari delle reali storie umane. In alcune opere è presente il blu dei veli, e in un quadro appare una frase che colpisce ed attira lo sguardo “Il vento porta via il velo”.

One thought on “Incontro a Bari su “Le donne in Afghanistan ieri e oggi” con la principessa Soraya Malek

  1. il burka non venne imposto dagli inglesi. Nel loro immenso impero rispettavano la regola del “bene dell’indigeno”, che poi sarebbe l’adesione alle consuetudini ed al diritto delle popolazioni sotto il loro controllo. Solo così si potevano controllare nazioni così diverse, come l’India, il Sud Africa, paesi arabi, il Nord America, Canadà, ecc. Lo stesso criterio che applicavano i Romani nelle loro province, anche se molto più democratico un Siriano o un dalmata o un tunisino o iberico poteva diventare imperatore). Mai in Gran Bretagna. La stessa popolazione afgana chiedeva il burka, Tutti i musulmani reazionari e conservatori lo impongono , convinti che sia una forma di difesa della donna, dalle bramosie degli uomini: se non vedi gambe e viso nessun desiderio (l’adulterio era punito con la lapidazione, il primo a colpire con la pietra era il padre!, per non sbagliare così che morisse subito!). Il Re afgano, come Ataturk, hanno tentato una rivoluzione all’occidentale, il secondo con esito positivo, anche se vi sono sacche di integralismo in Turchia). Altra cosa è il tentativo di democratizzare, in senso socialista (dall’Urss) o capitalista (dagli Usa e alleati, tra cui l’Italia con i sui fucilieri morti). Dopo 20 anni in un battibaleno sono ritornati i talebani, che immediatamente hanno preso tutto il potere in mano, E’ chiaro che la loro idea di società andava ricostruita in senso reazionario, a partire dalle fondamenta, e cioè dalla istruzione, abbigliamento, diritto di famiglia, ecc come esempio di cultura musulmana integralista. E’ troppo comodo fuggire all’estero e nella tranquillità della protezione istituzionale derivante dai diritti umani, o civili, o sociali, ecc. parlare e parlare che tali diritti mancano ai loro Paesi, dai quali sono fuggiti. Forse hanno dimenticato cosa ha significato arrivare a tali diritti per gli europei, ed ancora non è finita. Mi preoccupa la scarsa conoscenza dei dati storici e della superficialità dei nostri ragazzi, ma anche degli adulti, davanti a questi temi, impegnati come sono a consumare il loro tempo davanti alle stronzate che arrivano ed inviano dai telefonini, dimenticando il dialogo personale. Ma è un fatto loro, ci sarà qualcuno o qualcosa più intelligente che gli farà aprire gli occhi e sturare le orecchie. Il colore blu afgano richiama i lapislazzuli afgani, che gli Artisti del rinascimento usavano per colorare i manti delle Madonne, come l’Assunta di Tiziano ai Frari di Venezia. Quel colore è stato usato anche da Yves Klein da cui il Blue klein, e le pietre pensate da D’Annunzio per inserirle come forma colorata nella cupola bianco latte dei trulli. by by nicola

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