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“La Nuora – Il Genocidio armeno di Kessab in Siria”

Il romanzo di Kevork George Apelian curato e tradotto da Kegham Jamil Boloyan e Daniela Musardo

di Piero Fabris

Kegham Jamil Boloyan (Armeno-siriano di Aleppo Docente di lingua e traduzione araba presso l’Università del Salento)

Lodevole il lavoro di Kegham J. Boloyan, (Armeno Siriano di Aleppo), docente di lingua araba presso l’università salentina che insieme ai suoi studenti da anni cura e traduce sia saggi che romanzi di autori d’oriente, contribuendo con il suo impegno alla miglior conoscenza dei popoli. Con il suo impegno, anche
nella scelta delle parole più appropriate, contribuisce alla dissipazione dei pregiudizi favorendo interscambi arricchenti. Il romanzo, “LA NUORA- il genocidio armeno di Kessab in Siria” di Kevork George Apelian pubblicato per le “Edizioni Radici Future” in aprile è soprattutto una dichiarazione d’Amore dell’autore per la propria gente e per la propria terra. La Nuora, o forse bisognerebbe dire “La Sposa” in ossequio ai costumi armeni, è la protagonista di questo lavoro. Anna, questo il suo nome, è il simbolo della forza delle donne, del coraggio di quante sanno mettere a fuoco i propri sogni e raggiungerli con determinazione. La Sposa Anna è un esempio di apertura mentale e della curiosità femminile che sa attraversare il buio delle foreste superando le paure e le convenzioni sociali, secondo le quali la sposa promessa non dovrebbe ribellarsi alle decisioni della famiglia. Anna, al matrimonio combinato e conveniente preferisce la fuga.

Immagine di copertina del romanzo “La Nuora”


Attraverso le pagine del libro emerge la bellezza di questa donna, la sua intelligenza, la capacità di fare cordata con altre donne. La protagonista che non esita a interrogarsi e a intraprendere un viaggio verso l’America con i suoi due figli, dove il marito e il cognato sono emigrati, emerge vivace. La curiosità che la porta a guardare oltre i confini del suo paesino, rappresenta un viaggio nel passato, trasmettendoci infatti consuetudini, modi di fare e di essere che svelano l’abito dell’essere armeno per il quale l’ospite è sacro. Il testo con eleganza ci schiude a un’epoca dove il telefono e cioè la possibilità di comunicare con chi è dall’altro capo del mondo era semplicemente incredibile, oppure ci pone davanti al carro che si muove senza cavalli. Cosa impensabile. Un’opera intensa quella dell’Apelian che ci consegna uno scrigno di tradizioni e di belle evocazioni, meravigliose atmosfere favolistiche in accordo con i cicli della natura, scanditi dalle feste e dai ritmi del tamburo in sintonia con i passi di danza e le leggi interiori che lo scrittore conosce bene e desidera non siano dimenticati, perché sono un dono che ci aiuta a elevarci e comprendere la propria identità. Un libro che sa genuflettersi nella realtà storica; una meditazione sulle conseguenze della guerra. Nessuna guerra non ci tocca! E per quanto le informazioni sui conflitti bellici vengano filtrate, il dolore, il grande dolore, causato dal Metz Yeghern (il grande male) rimane nei cuori, nel profondo dei cuori barricati dietro tante pietre. Il dolore rimosso, taciuto è una lacrima nell’oceano che giace cristallizzata nel profondo, un cristallo di sale (di anime) che non tintinna, un cristallo opaco che genera distanze, un alabastro di sangue che innalza muri di rancore e abbatte ponti. Il ricordo dei fatti cruenti come il genocidio armeno, gli intrecci tra piccoli fatti di famiglia e quelli provocati dalla realtà sociale che mutano improvvisamente le condizioni di vita, sono piante rigogliose del rancore. Non si può ripensare alle stragi senza desiderare giustizia! Le ossa sepolte nel deserto, nell’aridità umana sono flauti, dai suoni diversi, sono echi del tsiranapoh, (o duduk, la pipa d’albicocco), sono vapori dell’animo che in vortici leggeri si annodano alla volta celeste dopo il battesimo nel sangue versato. Cosa rimane dei beni accumulati davanti alle deflagrazioni? Molti ricchi divengono poveri d’embée! L’umanità mendicante appare fasciata e ammutolita. Tutto sembra passare sotto silenzio, sotto veli cenerini, ma quel silenzio è seme di Speranza. Per Kevork George Apelian trasmettere è imperativo! È obbedire alla sua vocazione di educatore. È evidente l’intento pedagogico e quello più profondo che nel ritmo e nella ripetizione di alcune pagine si fa litania. Una scrittura che si sviluppa in dimensioni verticali e si affaccia sui davanzali della memoria fatta di polline, sangue e sudore sublimato, manna per la coscienza che si posa in fiocchi di neve silenti. Ogni volta che le cime del monte Ararat si ricopre di manti bianchi il seno della terra si prepara a ricoprirsi di spighe per il buon pane.

Da sinistra a destra: M.Siranusc Quaranta, P. Fabris, I. Oztasciyan, K.J.Boloyan, B.Alberti e A.Rutigliano a Nardò durante la presentazione

18 ottobre 2022

One thought on ““La Nuora – Il Genocidio armeno di Kessab in Siria”

  1. Sono felice di aver letto LA NUORA. Scritto e tradotto benissimo. Una storia che colpisce il più profondo del cuore. È, inoltre, una miniera di informazioni storiche, sociali, geografiche e di costumi. Non ci si annoia assolutamente, anzi, si legge velocemente e ora, che ho finito di leggerlo da qualche giorno, lo rileggerò per approfondire mentre… lo consiglio ai miei amici. Grazie prof. Boloyan per avermi suggerito tale lettura.

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