Florence di Stephen Frears: Meryl Streep e Hugh Grant sicuri nominati agli Oscar Cinema 26 Dicembre 201626 Dicembre 2016 di Romolo Ricapito Florence diretto da Stephen Frears è di sicuro il film più raccontato della stagione in corso in quanto tutte le testate quotidiane, i settimanali, i siti web specializzati e molte reti televisive hanno reso nota con abbondanza di particolari la trama, quella di una stravagante cantante lirica, Florence Foster Jenkins priva di qualsiasi talento, ma che amava esibirsi tra gli applausi di una folla compiacente, a partire dal 1912 e per ben tre decadi abbondanti. La donna infatti, grazie a un pubblico “ammaestrato” e oculatamente scelto (era una filantropa, quindi invitava ai suoi concerti esclusivamente amici stretti o persone che le erano debitrici per gratitudine, all’interno di piccoli locali o teatrini) veniva sempre applaudita e mai messa a confronto con le sue stonature. La Jenkins, inoltre, possedeva un talento comico del quale era inconsapevole e questo si evidenzia all’inizio del film, quando viene calata dall’alto sul palcoscenico nei panni di un maturo “angelo”. Proprio l’empatia che stabiliva col suo pubblico fu alla base dell’equivoco del suo successo. Florence infatti, come traspare dalla pellicola, si giovava di straordinarie doti di umanità, era una benefattrice e viveva la vita in rosa, per reagire a delle vicende pregresse che l’avevano devastata. Ella infatti convisse 50 anni con la sifilide, che le fu trasmessa col primo rapporto sessuale, avuto col primo marito. In realtà Meryl Streep interpreta la soprano a 78 anni, poco prima del decesso, mentre l’attrice ne ha soltanto 67. Hugh Grant è nel ruolo del secondo marito, Clair Bayfield, sposato molti anni prima, comunque abbastanza più giovane e di fatto una sorta di toy boy d’epoca. L’uomo, un attore anglosassone fallito, nutre un profondo amore per la moglie, in parte per opportunismo e questioni economiche, ma in realtà il suo sentimento è abbastanza sincero e profondo. La coppia non ha rapporti sessuali perché Florence vuole evitare di contagiare con la lue il coniuge , dunque Clair di nascosto intrattiene una relazione con la giovane Kathleen (Rebecca Ferguson). Il film ha un impianto classico e trae la sua forza dalla recitazione dei due interpreti principali, che potrebbero essere nominati agli Oscar. Della Streep si ammira la compenetrazione nel ruolo della cantante, realizzata anche grazie alla sua voce personale, che stona di proposito ed è basata su una gestualità comica e grottesca. In realtà nel film non si ride, in quanto gli strafalcioni canori della soprano attengono più al patetico che al comico. E’ stata lodata anche l’interpretazione (da parte di molti addetti ai lavori) di Simon Helberg nel ruolo di Cosmer, il pianista classico che accompagna la Jenkins nelle sue esibizioni, pubbliche e private. Helberg oltre ad assere un buon attore è anche nella vita un bravo pianista e il suo personaggio stralunato è ben riuscito, come del resto tutta l’operazione artistica. Ma la cosa maggiormente convincente di tutta l’opera, oltre al rapporto tra la coppia principale, consta di alcune scene di raccordo, come quando Florence va a trovare il suo pianista nel modesto appartamento che costui abita. Trovando in cucina molti piatti sporchi, la donna si offre di lavarli, in cambio di una suonata al pianoforte del suo dipendente. Egli allora le proporrà un brano inedito. L’altra cosa efficace è stata il rendere evidente che anche un’artista senza talento può essere apprezzata, se però è “vera” nella sua trasfigurazione dell’arte. In pratica, la sincerità di Florence risultava maggiormente attrattiva di una cantante magari brava, ma a corto di comunicativa. In effetti la storia in questione è da manuale, perché dopo la morte della Jenkins le incisioni su disco della stravagante miliardaria furono le più richieste della sua etichetta discografica. Ma c’è anche chiaro un rapporto con l’attualità. Quanti cantanti senza talento vengono “imposti” tramite i talent show (ossimoro) , oppure sopravvalutati grazie a critici non disinteressati , o ancora, trasmessi in continuazione dalle radio che tentano di far digerire brani mediocri eseguiti da personaggi improbabili e non dotatissimi? La questione è aperta, ma va detto che l’ambientazione a New York, nel 1944, offre anche uno scorcio di una società alle prese con la guerra. Molti reduci, o combattenti, all’ultimo trovavano giovamento dalla forza vitale della cantante, la quale grazie alla sua energia e al suo innato ‘ottimismo riusciva a ricomporre per il tempo di appena un’ora, alcune delle ferite intime appartenenti al pubblico che andava per curiosità ad applaudirla . Ma il personaggio di Florence è fragile e non può resistere agli schiaffi del destino, rappresentati dai critici stufi del suo mondo ovattato e del pietismo dei suoi fans, molti dei quali, va detto, o meglio ripetuto, erano anziani e facenti parte di organizzazioni e club che la ricca signora finanziava o aveva addirittura fondato. La disfatta dunque avviene alla Carnegie Hall, sala da concerto amplissima. La cantante di nicchia diviene di massa e non può più celare la sua fragilità e la mancanza di intonazione. La regia: Stephen Frears si fa da parte, dando modo alla Streep di dare fondo a tutte le risorse. L’attrice statunitense infatti riserva le sue doti camaleontiche, quelle usuali, ma maggiormente quelle extra, nell’impegnarsi a dare voce e volto a una macchietta. Dunque il regista britannico ha scelto di non abbandonarsi alle originalità, o forzature, che gli hanno dato il successo tramite pellicole come My beautiful laundrette o Rischiose Abitudini, per accompagnare tutta l’esecuzione della pellicola in modo curato e raffinato, ma senza giochi di prestigio , il che renderà probabilmente questo “Florence ” un film da cineteca negli anni a venire.