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SEMPRE ON LINE: PRESENTATO LIBRO DEL COLLEGA MICHELE PARTIPILO ALLA SEDE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI

La rete è matrigna? L’oblio “positivo”delle vecchie notizie sul quotidiano sostituite dalle news “eterne”su internet. chi sono i Vip che non usano il cellulare? I fatti del terrorismo a Parigi e come deve essere ordinata e confezionata la notizia relativamente ad essi.

 di Romolo Ricapito

Presentato sabato 21 novembre presso la sede dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia a Bari in Strada Palazzo di Città il libro del collega Michele Partipilo “Sempre on line”.Il volume, edito dal Centro di Documentazione Giornalistica, stimola un confronto aperto  con addetti ai lavori (e non) sulle opportunità offerte da internet,  il che comprende (e comporta) vantaggi e svantaggi.Nel caso del giornalismo, specificatamente, l’era presente è uno scompaginamento di certezze, essendo il lavoro di cronista completamente modificato nella forma, ma in realtà non nella sostanza.Attenzione sempre, dunque,  alla deontologia professionale, alle fonti e alla credibilità, evitando di  cedere alle sirene costituite dai vari copia-incollawikipediasocial network che da strumenti aggiuntivi per il lavoro  possono  rivelarsi autentici boomerang, determinando uno scadimento del lavoro giornalistico, se non opportunamente padroneggiati.

Dopo avere ricordato, come integrazione importante, che in base alla Carta Costituzionale ogni persona ha il diritto alla libertà di espressione e di opinione , ciò è stato esteso alla “rete”, spazio nel quale tale libertà sarebbe apparentemente illimitata : ma va bene analizzato come esercitarla. La misura necessaria è quella della proporzionalità.La giurisprudenza nella Cassazione è in via di rifacimento, ovvero  necessaria. I lavori in corso potrebbero però continuare a lungo.Necessario, anche,  il diritto all’oblio  per le notizie, garantito dal vecchio giornale di carta che è per sua natura effimero. (l’attrice Giulietta Masina non si curava delle notizie negative che la riguardavano, sostenendo che il giorno dopo il quotidiano serviva ad incartare il pesce al mercato, n.d.r.)In questo contesto vanno esaminati i pro e i contro .Come pro: l’oblio naturale delle notizie infondate.Sui giornali statunitensi come il New York Times, la rettifica è una sorta di religione laica: essa è da sempre esercitata con grande rilievo in uno spazio apposito, nella seconda pagina. In Italia la rettifica è confinata in spazi successivi, con poco risalto.La notizia eterna, supportata da internet non si fa notizia imparziale, rendendo il lavoro dei giornalisti ,  assieme alla cronaca giudiziaria, davvero  messo a dura prova.Inoltre sempre le testate straniere, come il summenzionato N.Y. Times,  rendono conto delle diverse opinioni anche nella loro testata disponibile online.”In Italia questo è limitato”.Dunque nel primo spazio dell’incontro è stato portato ad esempio il giornalismo di matrice anglosassone, che garantirebbe il pluralismo dell’informazione.L’osservazione finale di questi assunti è stata dedicata al giornalismo spontaneo, meglio identificato col termine (sempre anglosassone) di citizen journalism.Attualmente non si riscontrano le notizie con la dovuta attenzione . Il faidate fa a  meno della stampa.E la società non ammette le formazioni intermedie (articolo 2 della Costituzione).Si vuole creare cioè un rapporto diretto e “privilegiato” con le persone di potere.Scomparsa la politica dei partiti, essa (la politica) si fa su Twitter.Come esempio di questa trasformazione (o deriva, a seconda delle opinioni) i tweet del nostro Presidente del Consiglio,Matteo Renzi.Anche i sindacati sono in dismissione, diventati ormai l’approdo sicuro dei fedeli pensionati.L’Università ha abortito il suo ruolo naturale, coadiuvata, ma perlopiù sostituita, da scuole di specializzazione post laurea   anche private . In ciò gli atenei dismettono il ruolo classico di formazione sociale più democratica, priva  di moderatori e succedanei.Ecco dunque il problema di trasformazione della nostra democrazia e l’utilità del libro del giornalista Michele Partipilo (Nicola Colaianni, magistrato, esperto di Diritto Pubblico e cassazionista, n.d.r, intervenuto sinora).L’avvocato Michele Laforgia ha aggiunto al prestigioso intervento di Colaianni un’opinione personalizzata su un libro che tratta argomenti aperti e attuali rispetto a  un mondo che è cambiato irreversibilmente, formato cioè da corpi intermedi.”La rete ha modificato le forme di mediazione”, perché, sempre secondo Laforgia, “esse stanno altrove”.In definitiva, i blogger si  sono sostituiti ai giornalisti e il mondo delle rete è mondo iperreale.Costituito  appunto dal “comunismo digitale” : la rete garantirebbe a tutti, al di là del censo, di accedere a una massa di informazioni prima negata.Il tutto poi è solo apparentemente gratuito.”Nel mondo del comunismo digitale il vero Vip è chi si  sottrae alla connessione bidimensionale”- ha argomentato Laforgia in una sua personale elaborazione concettuale e dialettica.Citato come archetipo di tali Vip il cantante e rapper statunitense  Kanye West , nato ad Atlanta nel 1977. West non utilizza cellulari, al limite usa all’occorrenza lo smartphone della guardia del corpo.Il rapper è figlio, non  a caso, di un fotogiornalista.Insomma, icone come il re dell’hip hop “si sottraggono allo scambio di quella moneta che rende penetrabile la privacy”.E’ quasi abolita la distinzione tra tempo di lavoro e di svago: le possibilità  offerte dalle nuove tecnologie rendono gli operatori dell’informazione sempre interconnessi, in una possibilità di accesso che colma le solitudini di emarginati sociali, per loro volere e non.Dopo  che Laforgia ha  criticato il copia e incolla che scredita la qualità del giornalismo, ma anche della produzione giudiziaria, ha ripreso la parola Michele Partipilo. Sono stati narrati aneddoti riguardo i recenti attentati terroristici di Parigi. Partipilo ha dichiarato che in questi contesti delicati le responsabilità dei giornalisti crescono esponenzialmente,  dovendo costituire dei punti di riferimento certi.Per far ciò occorre avere la giusta (e necessaria!) credibilità in rete. Una volta tale credibilità era traslata dalla testata prestigiosa al giornalista, che veniva investito di valore aggiunto. Adesso nelle testate più credibili esistono giornalisti prestigiosi e meno prestigiosi.La professionalità è andata svalutandosi,o svuotandosi,  generando differenze cruciali nell’informazione e disorientamento nei lettori.Questo è un problema serio che si riverbera sulla categoria.Ai giornalisti una precisa e improrogabile responsabilità: quella di capire, per primi, che cosa stia succedendo nel mondo.Lino Patruno della Gazzetta del Mezzogiorno è intervenuto volendo citare rispetto ai fatti  di Parigi anche la Shoah e dunque: “le guerre di oggi si descrivono  senza vederle e senza che possano andarci i vecchi inviati”.Riferimenti, ancora, al giustizialismo sorto dopo Tangentopoli. A che punto governare il cambiamento?Riguardo il venerdì del terrore a Parigi, ci  si è trovati di fronte a impossibilità temporali e ideologiche di mettere in ordine le notizie.Michele Partipilo a una domanda dunque di Angelo Rossano del Corriere del Mezzogiorno relativa a una relazione tra le notizie, Facebook e la categoria dei giornalisti professionisti, ha replicato con la necessità di  un bisogno di organizzazione della notizia che deve essere imperante e  costante. “Nel mio libro- ha concluso Partipilo- si è informati su come la Rete cambi il sistema di apprendimento della notizia che prima era sequenziale ma che  adesso non rispetta più la cronologia dei fatti. E’ dunque un sistema ad albero, ramificato in 1.000 direzioni “ostinate e contrarie“.Occorre dunque una forte capacità da parte dell’operatore che costituisce anche una risorsa : possibilità di esercizio di libertà , ma anche strumentalizzabile nell’orientare le scelte . Chi vive di internet e basta infine ha una vita disordinata ; questo non è un vero disordine della persona ma della capacità culturale e di apprendimento. “Mi sento inadeguato a gestire strumenti come Facebook e Twitter -ha denunciato Partipilo: il giornalista    ne sta alla larga, sentimento condiviso da una parte della categoria .

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