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Teatro Petruzzelli; premiata alla carriera Ornella Muti e i tre sceneggiatori del film di Nanni Moretti “Mia Madre”. Presentato in anteprima film “carcerario” con Sophie Marceau 

Bif&st- Ornella Muti - foto Bella d'Estate

 

di Romolo Ricapito
Valia+Santella+Francesco+Piccolo-Mia+Madre
Valia Santella Francesco Piccolo-“Mia Madre”

Il Bif&st barese nella serata di giovedì 7 aprile presso il Teatro Petruzzelli ha premiato con un riconoscimento intitolato allo sceneggiatore Luciano Vincenzoni (scomparso nel 2013, Giù la testa e Malèna tra i titoli della sua carriera) i tre autori della sceneggiatura del film Mia Madre : Nanni Moretti (assente)  Francesco Piccolo e Valia Santella.

Il premio è stato assegnato da  una giuria formata da 9 elementi.
Ha consegnato la targa il regista Giuliano Montaldo, 86 anni splendidamente portati e che sta per interpretare un film come attore.
Montaldo, in giacca azzurra e gilet rosso ( look giovanile, espressione  della sua grande vitalità interna)  ha parlato del lavoro di sceneggiatura, come del “terreno che costituisce lo spazio nel quale è edificato  il palazzo”. Per  Francesco Piccolo, gli sceneggiatori non devono sentirsi “protagonisti” ma supportare i loro film con discrezione.
Valia Santella invece ha dichiarato che c’è sempre “un buon momento per scrivere un buon film”, ovvero   gli  spunti da elaborare  sono infiniti.
Bif&st Ornella Muti
Bif&st Ornella Muti- foto Francesco Guida

Una curiosità: di Francesco Piccolo è stato detto che è uno dei pochi in Italia a conoscere la vera identità della misteriosa scrittrice Elena Ferrante.

Il momento clou è stato la premiazione di Ornella Muti come eccellenza artistica (il Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence). In realtà l’attrice romana si era vista già nel pomeriggio al Petruzzelli  in una lunga intervista sulla sua brillante carriera, ma ne riferiamo in un articolo  a parte.
Bif&st Ornella Muti foto Bella d'Estate
Bif&st Ornella Muti – foto Bella d’Estate

 

La diva  si è presentata con un tailleur composto da giacca bianca nella parte superiore e   un inserto nero in quella sottostante.

Nera  anche la sezione dal gomito in giù, bianca la gonna. Le scarpe erano nere, décolleté, chiuse dietro (al pomeriggio aveva adottato un modello  sempre nero che lasciava scoperti  i talloni).
Ironizzando sul lungo “interrogatorio” al quale è  stata sottoposta nel pomeriggio (“non mi sono risparmiata”) la splendida attrice ha ritirato il  suo premio, ammiratissima e fotografatissima.
Erano presenti in sala numerose personalità: qualche nome
Bif&st-Orrnella Muti- foto di Francesco Guida
Bif&st-Orrnella Muti- foto di Francesco Guida

Ecco Daniele Vicari, Laura Morante, Eleonora Giorgi, Francesca Reggiani, Elio Germano, Cinzia Mascoli. Salutato dal palco anche il direttore della fotografia Luciano Tovoli   (“Il Viaggio di Capitan Fracassa, “La Cena dei Cretini“).

Dopo la proiezione di un filmato dell‘Istituto Luce del 1960, che illustrava in bianco e nero le “prime” del film di Federico Fellini La Dolce Vita a Roma e a Parigi, ecco l’anteprima del film francese  diretto da Audrey Estrougo “Taulardes”  (Jailbirds) con interprete principale Sophie Marceau. I sottotitoli erano in inglese e italiano.
Straordinaria l’interpretazione della Marceau, nei panni di Leroy, un’insegnante di lettere coinvolta in un losco intrigo per colpa del compagno, un rapinatore particolarmente sprovveduto.
La donna è considerata una terrorista, fiancheggiatrice di ideologie pericolose, ma lei nega .
Coraggiosa anche  la scelta di recitare nella parte di una carcerata ; un ruolo duro che comprende le perquisizioni corporali  nelle quali l’attrice nota per “Il Tempo delle Mele” esibisce un fisico magro e tonico, ovviamente nudo .
Lo squallore delle carceri, in Francia come un po’ ovunque, con celle anguste, la promiscuità, i muri vecchi e scrostati sono uno dei leit motiv del film.
Ma non basta: Leroy (è chiamata in carcere col cognome,    il primo nome è invece Matilde) dovrà vedersela con Kanté, una pericolosa africana con la quale condivide la cella e che la perseguita con dei soprusi nell’indifferenza totale, soprattutto  da  parte delle autorità. Il carcere è davvero terra di nessuno.
La Bambola di Patty Pravo contraddistingue molti momenti del film in chiave ossessiva: la pellicola è priva di una vera e propria colonna sonora.
L’opera di Estrugo è un corollario delle carceri così come sono o  vengono denunciate da alcuni  media e minoranze politiche  e comunque tali  permangono nella loro deriva  per una sorta di preciso volere da parte del potere: cimici nelle celle, sporcizia, scambi di oggetti preziosi per ottenere delle pillole di vario genere (droga o tranquillanti)  dal personale corrotto.  Viene raccontata   finanche una rivolta delle detenute.
Le violenze sono  all’ordine del  giorno e nella seconda parte il film sembra mancare di ossigeno: la riproposizione continua della Bambola di Patty Pravo è simbolica del suo  status quo.
Fortunatamente in extremis  l’opera  si salva, grazie all’interpretazione della Marceau, ma anche delle altre “detenute”, mentre la regia si mantiene su buoni livelli, ma sempre nell’ambito di un cinema di denuncia e non per tutti gli spettatori, che spesso esigono l’evasione (non dal carcere: dalla realtà!)

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