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L’Azerbaigian organizza a Roma una conferenza sul Cristianesimo

Conferenza dell'Azerbaigian a Roma
Maria Silvia Quaranta

di M. Siranush Quaranta

Ha destato molto scalpore tra gli armeni d’Italia e nel mondo la XII Conferenza Scientifica Internazionale tenutasi giovedì 10 aprile a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana e dal titolo “Cristianesimo in Azerbaigian. Storia e Modernità”, dedicata al patrimonio dell’Albania caucasica. Il luogo prescelto è un’istituzione privata gesuita fondata dalla Santa Sede che non ha fornito il patrocinio, e l’incontro è stato organizzato dal Ministero degli Esteri azero, dal Baku Multiculturalism Center, dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian presso la Santa Sede e dalla comunità religiosa cristiana Alban-Udi.

Locandina della conferenza
Locandina della conferenza

Lo sgomento del popolo armeno parte dall’idea stessa del tema scelto: un paese musulmano (con una sparuta presenza cristiana) organizza un convegno sulla cristianità, riproducendo sulla locandina una chiesa dall’architettura armena e fatta passare come patrimonio dell’antica Albania Caucasica; peccato che lo storico regno albanese avesse cessato di esistere secoli prima la costruzione di questi monumenti, generando una narrazione distorta della storia.

Come riferito anche da civilnet.am “la premessa si basa su una teoria ampiamente screditata, secondo cui gli azeri moderni sarebbero i discendenti diretti degli albanesi caucasici cristiani e che tutte le chiese del Nagorno Karabakh sarebbero state costruite da loro e non dagli armeni. Questa idea, ormai screditata, fu concepita a metà del ventesimo secolo dallo storico azero Ziya Bunyadov”.

A destare dubbi è anche il fatto che nessuna istituzione armena sarebbe stata informata della conferenza, annunciata soltanto il giorno prima, senza alcun clamore.

Dopo aver assimilato lo stato del Nagorno Karabakh, ora si procede alla cancellazione delle radici storiche del popolo armeno in quel territorio, facendo emergere la teoria secondo cui gli azeri sarebbero i discendenti diretti degli albanesi caucasici cristiani, e che quindi le chiese e i monumenti presenti in quella regione sarebbero di origine azera e non armena.

Secondo una fonte azera en.trend.az, Fuad Akhundov, descritto come politologo indipendente, durante la conferenza avrebbe affermato che “l’Armenia ha sistematicamente distrutto monumenti religiosi e culturali sui territori storici dell’Azerbaigian. Tra i siti presi di mira c’erano chiese albanesi, che fanno parte del patrimonio cristiano dell’Azerbaigian. I monumenti caucasici albanesi situati nel Karabakh sono stati distrutti e sono stati compiuti sforzi deliberati per alterarne l’aspetto e presentarli falsamente come armeni”, continuando nel suo discorso, e allontanandosi dall’argomento prescelto, fino a mettere in dubbio la stessa cristianità degli armeni, il loro essere “coloni aggressivi estranei alla regione del Caucaso meridionale” e così di seguito.

Non dimentichiamoci che la distruzione del Nagorno Karabakh ha provocato la diaspora di oltre 120.000 armeni, con una pulizia etnica in una terra da sempre abitata e governata da armeni, e che ora non esiste più sulla cartina geografica come stato, ma come provincia dell’Azerbaigian. Come non dimentichiamoci il genocidio del popolo armeno del 24 aprile 1915, quest’anno si commemorano i 110 anni, in cui morirono un milione e mezzo di armeni perché cristiani nell’impero ottomano musulmano. 

Un momento degli interventi
Un momento degli interventi

Nonostante la conferenza fosse stata definita internazionale, in realtà la maggioranza dei relatori proveniva dall’Azerbaigian; tra i non azeri si annovera un relatore missionario della Chiesa ortodossa albanese di Tirana, un professore universitario inglese, un russo, un canadese e un italiano (il prof. Francesco Mazzola, vicerettore dell’ISFA Swiss University e professore della Technical University di Milano).

A creare ulteriore confusione appare l’articolo presente su Vatican news, con l’intervista al prefetto apostolico dell’Azerbaigian mons. Vladimir Fekete, presente alla conferenza, e con le lettere giunte dal cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero della Santa Sede per le Chiese orientali, e dal cardinale George Jacob Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso. Proprio mons. Gugerotti parla dell’Azerbaigian come di un “crocevia di popoli e fedi, una terra antica sul cui territorio si custodiva una tradizione cristiana che affonda le sue radici nell’epoca dell’Albania caucasica. I monumenti sacri, le chiese, i manoscritti e le memorie rappresentano non solo testimonianze artistiche, ma espressioni tangibili dell’anima di un popolo che ha saputo onorare Dio nella varietà nelle forme e nella fedeltà della propria fede”.

Speriamo che presto giungano gesti chiarificatori da parte di istituzioni politiche, culturali e religiose sia italiane che armene, in una storia complessa e intrecciata, visto che Baku, la capitale dell’Azerbaigian, sta finanziando i restauri di vari monumenti e chiese di Roma ed ha stretti rapporti politici ed economici con l’Italia.

In Armenia una prima risposta è giunta dalla Santa Sede di Echmiadzin, in cui si esprime profondo rammarico per il fatto che un evento così antiscientifico sia stato consentito nell’edificio di un istituto di istruzione superiore cattolico.

Anche il Consiglio per la comunità armena di Roma si unisce allo sgomento e alla rabbia di tutti gli armeni per quanto accaduto ieri, presso la Pontificia Università Gregoriana, ritenendo intollerabile che “università, chiese e parrocchie diventino vittime della politica di un regime che cerca di annientare la millenaria civiltà di un popolo che per primo, nel 301, abbracciò ufficialmente il cristianesimo”.

La storia non può essere riscritta, in quanto testimone di verità e di un passato che è memoria per le generazioni future.       

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