Chiara Samugheo “la zia che faceva la fotografa”. Il racconto di Daniela Ciriello Cultura Fotografia Storia 23 Febbraio 202524 Febbraio 2025 Daniela Ciriello , nota fotografa e artista barese, con sua zia, fotografa delle dive (e non solo), di fama internazionale, Chiara Samugheo di Daniela Ciriello A 100 anni dalla sua nascita, il ricordo di mia zia, Chiara Samugheo, fotografa delle dive. Chiara Samugheo era la sorella di mia madre. Per noi in famiglia semplicemente la zia che faceva la fotografa, quella che viaggiava per tutti gli angoli del pianeta dove vi erano stelle da fotografare. Abitava in una via del quartiere libertà di Bari. Lasciò la città natale giovanissima rifiutando un matrimonio con un buon partito. Un uomo di mare, un uomo che divenne presto ammiraglio, ma zia era una ribelle. Non accettava l’idea che l’unica via di realizzazione per una donna dovesse essere nel matrimonio. Le dicevano: “Se non ti sposi rimarrai zitella”. Zia prese il treno ventenne e andò a Milano dove si inserì negli ambienti culturali della città meneghina. Aveva degli occhi magnetici con i quali riusciva a incantare tutti. Erano occhi vivi, erano iridi di ghiaccio con sfumature celesti che a volte sembravano grigi, altre volte di ghiaccio, uno sguardo che non lasciava indifferenti. In famiglia la chiamavano la cinese per l’abitudine di rannicchiarsi sul pavimento per studiare piuttosto che accostarsi al tavolo come gli altri fratelli. Con mia madre, Delia, quando erano piccine, si fermavano davanti alle vetrine della pasticceria del Corso e immaginavano i sapori. Fantasticare e visualizzare è stata una palestra che le ha aiutate a guardare lontano. Il loro motto era: Saper fare “di necessità virtù”. Zia Chiara mi ripeteva sempre durante le lunghe passeggiate sulla Promenade Des Anglais a Nizza: “Non smettere mai di osservare la luce che sa posarsi sulle cose con la delicatezza di una carezza o farti rabbrividire con i suoi contrasti fino a farti vibrare dentro”. Adoro la luce dorata che avvolge i paesaggi e li riempie di magia!”. Mentre la Costa Azzurra si preparava alla notte e tutto attorno a noi si svestiva di lunghe ombre, io e lei camminavamo fianco a fianco parlando della pittura del Caravaggio e di quanta spiritualità vi fosse nei lavori di Marc Chagall. Io fresca di studi, lei così piena di progetti da realizzare. Diceva: “Mai lamentarsi, la gente ha già i propri problemi da affrontare, ma entusiasmare! Bisogna saper soffermarsi e guardarsi attorno”. Mi raccontò di quando trovò un paracadute da qualche parte della città e lo portò da nonna Susanna che ne fece abiti eleganti. Avrebbe voluto che Delia, mia madre, con la sua bella voce da soprano, la raggiungesse, ma mia madre preferì al vivere d’Arte, quello dell’amore di un uomo affascinante. Zia no. Chiara Samugheo e Daniela Ciriello- Zia preferì lasciare Bari con i suoi lampioni affacciata sull’adriatico e tuffarsi nell’incertezza della nebbia di Milano che in quegli anni era tutto un cantiere di idee e voglia di spogliarsi delle macerie del secondo conflitto mondiale. Fu al Bar Bistrot Jamaica di via Brera che zia Chiara incontrò Ornella Vanoni che allora sognava di far l’estetista, tra gli intellettuali e artisti dello storico caffè. Fu forse la Vanoni a invitarla ad affacciarsi al Piccolo Teatro di Milano, dove Chiara frequentò tra i tanti corsi uno di dizione e un altro di mimo con Ètienne Decroux. Giorgio Strelher voleva che facesse l’attrice, insistette dopo averla ascoltata mentre recitava LA VOCE UMANA di Jean Cocteau ma zia Chiara disse di no. Non le piacevano le attese, oppure fare i casting, Il dover essere scelta. Un giorno durante un ricevimento fu notata da Pasquale Prunas, il quale era giunto a Milano per dare il via a un nuovo progetto editoriale simile al Paris Macth, una rivista con molte foto e didascalie. Fu lui a regalarle la prima fotocamera e a intuire il suo valore, la sua sensibilità che la mise a proprio agio dietro a un obiettivo. Fu lui a farle conoscere l’agenzia fotografica del Conte Federico Patellani col quale Chiara collaborò per qualche tempo. Pasquale Prunas divenne in seguito il suo compagno di vita. Ma non volle mai sposarlo nonostante fosse un uomo nobile e molto intelligente. Del Prunas rimangono indimenticabili i sette numeri del periodico SUD da lui fondato e diretto che vantava la collaborazione di firme come quella di Luigi Compagnone, Samy Fayad, Giuseppe Patroni Griffi, Raffaele La Capria, Ennio Mastrostefano, Anna Maria Ortese, Vasco Pratolini, Francesco Rosi, Tommaso Giglio e Rocco Scotellaro. Pasquale Prunas era uomo nobile, un uomo creativo, forse in anticipo sui suoi tempi! Un giorno a pranzo davanti alla cartina geografica della Sardegna, mentre si preparavano per un viaggio in Sardegna, Chiara e Pasquale decisero di trovare uno pseudonimo per la nascente fotografa. Presero una forchetta e puntarono la cartina. Sotto i denti della posata capitò il nome Samugheo. Da quel giorno Chiara Paparella, cominciò a firmare i propri servizi fotografici: Chiara Samugheo. Un giorno zia fu inviata dal quindicinale CINEMA NUOVO di Guido Aristarco alla Biennale del Cinema di Venezia, fu lì che, mentre passeggiava tra una calle e l’altra vide e fotografò la famosa attrice austriaca Marie Schell. Mandò la foto al direttore e quelli la mise in copertina. Cinema nuovo ogni volta che aveva in copertina una sua foto registrava il tutto esaurito. Fu a Venezia che conobbe Claudia Cardinale vincitrice di un concorso di bellezza. Di Claudia parlò a Moravia, quando la futura attrice stava pensando di tornarsene a casa. Si inventarono un’intervista unita a un servizio fotografico. Uscì un libro a tiratura limitata che i collezionisti si contendono. Su Cinema Nuovo uscirono i suoi servizi fotografici sulle tarantate o invasate di Galatina, uscirono I suoi documenti sulle barricate di Napoli e altri lavori di interesse socio/antropologico. Alcuni raccontano che zia ebbe un alterco con Ernesto De Martino a proposito della squadra da lui approntata per indagare il sud magico. De Martino le disse scherzosamente: “Perché adesso anche le donne fanno le fotografe?”. Zia mi raccontava di quanto fosse difficile affermarsi all’epoca. Le toccava fare a gomitate per poter occupare il proprio posto come fotografa. Quando capì che la gente aveva bisogno di sognare e di proiettarsi nelle stelle del cinema si dedicò a progetti fotografici che le esaltassero. Insieme a Pasquale si trasferirono a Roma e casa sua affacciata a Campo de’ fiori divenne salotto culturale dove potei incontrare tantissimi personaggi. Alla Puglia zia dedicò anche servizi sui misteri e le Masserie. Tra le mensole della libreria conservo un libro dal titolo: Le corti nel verde” con testi di Pietro Marino. Ricordo il suo libro sulla “Sardegna quasi un continente” e poi il “Carnevale di Rio” e potrei continuare. Zia Chiara il 25 marzo avrebbe compiuto 100 anni. Era nata nel 1925, ma chissà come da tante parti è scritto 1935, forse per un vezzo di vanità. Mi piace immaginarla con i suoi occhi fissi sul mare con le sfumature azzurre, oppure a passeggiare lenta tra le dune della macchia mediterranea contemplando i muretti a secco e i paesi arroccati vestiti di calce viva, vestiti di quel bianco naturale che rendono i muri dei riflettori naturali.