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Un ebreo ortodosso hassidim: due popoli due Stati contro il Sionismo

 Neturei Karta: il rabbini Moshe Hirsch

di Antonio Rossiello

 Neturei Karta: il rabbini Moshe Hirsch

Dopo la fondazione dello Stato di Israele, Neturei Karta continuò la sua strenua opposizione ad uno Stato ebraico, in accordo con il Stamar Rebbe , il rabbino Joe Teitelbaum, autore del libro antisionista
Vayoel Moshe che sosteneva il non riconoscimento dello Stato di Israele su basi teologiche. Prima della Guerra dei sei giorni, Blau arrivò addirittura a proporre di trasferirsi a Gerusalemme est, controllata dalla Giordania, per evitare le tentazioni secolari del moderno Israele. Fu incarcerato più volte per aver manifestato contro le violazioni pubbliche dello Shabbat, la coscrizione delle religiose, l’apertura di una piscina mista e altre politiche governative. La maggior parte delle sue condanne furono scontate al Russian Compoud, ma trascorse anche un periodo di cinque mesi nella prigione di Ramla. In due occasioni uscì in pubblico indossando il sacco in segno di protesta.  La prima moglie di Blau, Hinda (nata Weber), morì nel 1963. A causa di una ferita provocata da una scheggia durante l’assedio di Gerusalemme nel 1948, la Halakha (legge ebraica) non gli permetteva di sposare una donna che non era nata ebreo. Nel 1965 sposò Ruth Blau, una convertita di 26 anni più giovane di lui. Nata Madeleine Lucette Ferraille (1920-2000) da una famiglia cattolica a Calais, in Francia, e educata alla Sorbona, aveva sposato il suo primo marito Henri Baud in Francia il 5 settembre 1939. Avevano un figlio, Claude. Divorziarono il 31 luglio 1944. Con la fondazione di Israele nel 1948 si interessò al sionismo. Lei e Claude si convertirono al giudaismo nel 1950 e andarono in Israele. Si interessò al giudaismo e poi al giudaismo ortodosso, ma alla fine abbracciò le opinioni antisioniste di Satmar e adottò lo stile di vita del gruppo Neturei Karta. Fu coinvolta nell’affare Yossele Shumacher. Ruth aveva incontrato Amram Blau in Israele tramite uno Shidduch. L’unione fu osteggiata dai due figli adulti di Blau e dal tribunale rabbinico degli Edah HaChareidis, così la coppia dovette trasferirsi a Bnei Brak, ma un anno dopo tornarono a Mea Shearim. Blau morì nel 1974. Fu sepolto ad Har Hamenuchot. Ruth Blau aveva continuato ad agire come un’ala indipendente di Neturei Karta. Il suo successore fu il rabbino Moshe Hirsch. Nel 2004, poco prima della morte di Arafat, il movimento organizzò per lui una veglia di preghiera a Parigi; un gran numero di organizzazioni ebraiche protestò contro il gesto, affermando di non poter «né ignorare né perdonare» tali «traditori del giudaismo», già «esclusi da decenni dalle Sinagoghe e dalle comunità».I Neturei Karta appoggiano la sovranità palestinese su tutta la Terra Santa.

Un’organizzazione ortodossa antisionista: la nostra opposizione al sionismo si articola su vari livelli.                                                                                        

1) L’ideologia sionista costituisce una trasformazione dell’ebraismo da religione e spiritualità a nazionalismo e materialismo.

2) Il sionismo si è macchiato di gravi colpe nel trattamento del popolo palestinese.

3) L’Onnipotente ci ha espressamente proibito di ricreare la nostra identità nazionale durante questo nostro esilio da Lui ordinato.

4) La creazione di uno stato in Palestina nega la natura Divina della punizione dell’esilio del popolo ebraico e cerca di porre rimedio a una condizione spirituale con mezzi materiali.

5) Il sionismo ha dedicato molte delle sue energie a sradicare la tradizionale fede ebraica.

Lo smantellamento pacifico dello Stato di ‘Israele’. La decisione di permettere o meno agli Ebrei di rimanere in Terra Santa dopo la conclusione di tale processo di smantellamento dipende interamente dai leader e dal popolo palestinese.

 Neturei Karta: il rabbini Moshe Hirsch

Temono per gli Ebrei che si trovano nella condizione attuale, una condizione senza speranza. Dopo quasi settant’anni, numerose guerre, continue azioni terroristiche e antiterroristiche, con la morte di civili innocenti da ambo le parti, non c’è alcuna soluzione in vista. Sia la destra che la sinistra israeliana hanno miseramente fallito nel loro tentativo di correggere questa situazione. Offrono un’alternativa a quello che si è rivelato un tragico esperimento.

Nessun Ebreo fedele alla propria religione ha mai creduto, nei 1900 anni di esilio del loro popolo, di doversi riprendere la Terra con un’azione militare. Tutti hanno creduto invece che, alla fine dei tempi, quando il Creatore deciderà di redimere l’umanità intera, allora tutti i popoli si uniranno per adorarLo. Sarà quello un periodo di fratellanza universale, che avrà il suo centro spirituale nella Terra Santa. Fino a quel momento il popolo ebraico ha un particolare compito durante l’esilio.

Accettare con fede il proprio esilio e, nelle parole e nei fatti, agire in modo da diventare modello di comportamento etico e di spiritualità, e il tutto con atteggiamento semplice ed umile. Compiere la volontà dell‘Onnipotente attraverso lo studio della Torah, la preghiera e un comportamento retto.

Il popolo palestinese è la vittima della cecità morale del movimento sionista e del suo rifiuto ostinato di prendere in considerazione l’esistenza di altri popoli. I Palestinesi hanno diritto alla propria patria. E hanno diritto a un risarcimento finanziario per tutti i danni e le perdite subite negli ultimi decenni.

Con l’aiuto dell’Onnipotente, pubblicano dichiarazioni a sostegno di rivendicazioni palestinesi e in solidarietà con le loro sofferenze. Sono uniti ai Palestinesi in proteste contro le violenze e gli abusi di cui sono stati vittime.  Cercano di mantenere una presenza pubblica sia nel mondo ebraico che in quello islamico cosicché la venerabile tradizione ebraica di una opposizione religiosa al sionismo non fosse dimenticata. Sperano che, con l’aiuto dell’Eterno, la millenaria via della Torah possa ancora una volta prevalere in un futuro non lontano.

I negoziati di pace, Annapolis, Road Map, accordi di Oslo e simili tentativi ed ogni sostegno per le sofferenze del popolo palestinese costituisce una piccola vittoria ed è prova di una coscienza morale che ogni Ebreo dovrebbe avere. Tutti questi tentativi, seppure dettati da buone intenzioni, sono destinati a fallire, in quanto agli Ebrei è proibito esercitare una sovranità politica sulla Terra Santa.

Compito degli Ebrei è cercare la pace con tutti i popoli e non esercitare oppressione su nessun essere umano. Per tutte queste ragioni gli Ebrei sono obbligati a reintegrare i diritti dei Palestinesi e liberare la Palestina tutta. L’impresa sionista è destinata –a livello metafisico – a fallire sia sul piano morale che su quello pratico.

Gli Ebrei debbono comportarsi in modo onesto e umano verso tutti i popoli. Il sionismo ha indotto molti Ebrei ad atti di aggressione contro il popolo palestinese. E’ compito di tutti gli Ebrei correggere per quanto possibile questa situazione cercando la pace, la riconciliazione e il dialogo con il popolo palestinese e con il mondo islamico in genere. Questa è una delle grandi sfide spirituali del popolo ebraico: stabilire un rapporto morale con i propri fratelli musulmani.

Il Creatore governa questo nostro mondo: a Lui tutto è possibile e verità e giustizia alla fine prevarranno.

Secondo, esiste un profondo senso di disillusione e stanchezza fra gli Ebrei di tutto il mondo riguardo allo Stato d’Israele e al sionismo in generale. Molti si rendono conto che seguire i principi del sionismo porta a un vicolo cieco dopo l’altro. Si desidera una diversa soluzione. La soluzione di Neturei Karta, che si fonda sull’antica tradizione ebraica, appare sempre più plausibile a molti e può, in un futuro non lontano – e con l’aiuto dell’Eterno – rivelarsi la soluzione decisiva.

Fino a quel momento sperano e pregano che non ci siano altri spargimenti di sangue, né tra gli Ebrei, né tra gli Arabi. Aspettano ansiosamente il giorno in cui molti arriveranno a comprendere che la via per la pace si trova nel ritorno del popolo ebraico alla propria missione nell’esilio, cioè servire l’Eterno e vivere con integrità ed onestà. Sarà quello il giorno in cui si realizzerà finalmente il sogno espresso nelle nostre preghiere: “Tutte le nazioni si uniranno per compiere il Tuo volere nell’integrità dei loro intenti” E, nelle parole del Salmista, (102: 23) “Nazioni e governi si uniranno per servire l’Onnipotente.” Possa ciò accadere presto, durante le nostre vite. Amen.

NKI è un Ente Morale (non-profit) ebraico religioso, impegnato a pubblicizzare ano le posizioni antisioniste degli Ebrei ortodossi di tutto il mondo, i quali si oppongono fermamente allo Stato d’Israele e alle sue azioni. I NKI viaggiano per il mondo allo scopo di partecipare a manifestazioni e conferenze, al fine di parlare in varie occasioni sulla opposizione di sionismo ed ebraismo. I portavoce dei NKI sono disponibili a parlare a convegni e presso università di tutto il mondo, come pure ad essere intervistati alla radio o alla televisione.

Neturei Karta International

Jews United Against Zionism

Il rabbino Yisroel Meir Hirsh affermò che «chiamare Israele “Stato ebraico” era come dire che il maiale è un cibo ebraico». Nelle stesse ore, alla fine del ramadan la Guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran Ali Hoseyni Khamenei, esortando al jihad contro Israele, sul web postava un messaggio che invitava alla «soluzione finale».                                                                                                                         Gli ebrei ultraortodossi più estremisti, quelli del gruppo anti-sionista Neturei karta, lo fanno in una giornata dai significati molto profondi per i musulmani, quella che ha visto coincidere la fine del periodo del ramadan con la Giornata di Al Quds, dedicata appunto a Gerusalemme, città santa anche per l’Islam che lo Stato di Israele, per volontà del penultimo governo guidato da Benjamin Netanyahu, ha unilateralmente dichiarato quale propria capitale. Le posizioni ispirate all’oltranzismo messianico di questo gruppo estremista, come lo era anche il sostegno ricevuto dal nemico regionale di Israele, quella Repubblica Islamica dell’Iran dalla quale Neturei Karta, ridotta aggregazione di religiosi, ha sempre ricevuto un grande sostegno, principalmente sul piano mediatico. Il rabbino Yisroel Meir Hirsh, leader del gruppo, rilasciò un’intervista all’agenzia stampa iraniana “Fars News”, successivamente ripresa e rilanciata da numerose testate giornalistiche internazionali. Egli, in risposta a una domanda sul sionismo rivoltagli dall’intervistatore replicò affermando che: «Dire che Israele è uno Stato ebraico sarebbe come dire che il maiale è un cibo ebraico, oppure l’ateismo è una credenza ebraica», poi proseguì specificando che «quando qualcosa viene fatto dagli Ebrei, ciò non lo rende Ebreo, poiché “ebraico” è definito da ciò che la Torah comanda, mentre rendere il nostro Stato od opprimere altre persone è proibito dal giudaismo e non può essere considerato “ebreo”». Il chiaro riferimento di Hirsh era alla repressione dei Palestinesi nei Territori, tant’è che il rabbino ha poi specificato che: «Sia la Nakba (letteralmente “la catastrofe”, giornata nella quale i Palestinesi celebrano la perdita dei loro territori a seguito della costituzione dello Stato di Israele) che la Giornata di Al Quds costituiscono importanti opportunità per esprimere solidarietà con il popolo palestinese e per mostrare al mondo la vera posizione dell’Ebraismo ortodosso. Un’opportunità per chiarire che l’opposizione al sionismo e allo Stato di Israele non ha nulla a che fare con un conflitto religioso o con l’antisemitismo». Qualsiasi interpretazione possa essere data a queste affermazioni, è fuori da ogni dubbio che esse abbiano efficacemente acceso i riflettori sulla questione, prestandosi, come accaduto in passato, a ovvie strumentalizzazioni di natura politica e propagandistica. Attualmente sopravvivono sostanzialmente due correnti ebraico-ortodosse antisioniste: quella dei Satmar e i Neturei Karta. La prima è un movimento chassidico costituito principalmente da ebrei ungheresi e rumeni sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale e dai loro discendenti, presente soprattutto nel quartiere newyorkese di Willyamsburg a Brooklyn, resa recentemente celebre da Unorthodox, la prima miniserie Netflix in yiddish in quattro puntate che narra la storia di una ragazza ebrea ortodossa scappata da New York e trasferitasi a Berlino. La seconda, invece, rinviene un ridotto seguito a New York, nella stessa Israele, in Belgio (in particolare ad Anversa) e nel Regno Unito. Essa nel corso degli anni ha assunto atteggiamenti sempre più radicali, senza però fare mai ricorso a forme violente di lotta. Tornando agli ultimi commenti ufficiali espressi dal rabbino Yisroel Meir Hirsh, va rilevato che esse sono giunte nelle stesse ore nelle quali la Guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran Ali Hoseyni Khamenei dal web ha esortato al jihad contro Israele. Egli lo ha fatto mediante la diffusione di un messaggio nel quale descriveva la costituzione dello Stato ebraico come «un ineguagliabile crimine commesso contro l’umanità», definendolo come «un tumore canceroso», poi, citando la pandemia da coronavirus, ha paragonato il sionismo a «un virus che deve essere eliminato il prima possibile», utilizzando nella sua retorica il termine «soluzione finale», solitamente associato agli sforzi dei nazisti per eliminare la razza ebraica. Quando gli ebrei trasgrediscono i Tre Giuramenti, l’Altissimo permette che “la carne giudaica sia lacerata” come da artigli di leone. Come è già avvenuto per opera dei nazisti. Molte di queste scuole rabbiniche haredi, di stretta ortodossia, o di lignaggi di famiglie rabbiniche, sono state ostili al sionismo; le più adesso in qualche modo lo accettano, o approfittano dei vantaggi dello stato ebraico. Neturei Karta è rimasto contro, in modo militante.                                                                                                                                  Rabbi Hirsh raccontò di un saggio ebreo, Ahad Ha’Am, che negli anni ’20, fu rivoltato dalle prime notizie dei massacri di palestinesi da parte degli ebrei. “Sarebbe questo il sogno di ritorno a Sion: macchiare la sua terra di sangue innocente? Se questo è il Messia, non voglio assistere alla sua venuta”.                           Anche per i devoti di Neturei Karta “ebrei e non ebrei sono fondamentalmente differenti”: Il movimento non ne trae la conclusione che sono, loro, solo “animali parlanti”. Uno dei loro pensatori, rabbi Mayer-Schiller, ha tentato una teologia riguardo ai goym. Come si può dire che non avranno parte del mondo a venire? Che Dio giudicherà il Gentile, sia pur pio e sincero, come un idolatra? L’ipotesi, congetturale e provvisoria, è che i gentili buoni siano, agli occhi di Dio, dei ‘tinok shenishba’. Letteralmente, significa “bambino rapito”. I bambini ebrei, che “rapiti” ed allevati in famiglie cristiane, non conoscono i costumi ebrei, non sanno di essere ebrei, quindi il loro destino ulteriore è affidato alla misericordia divina. Nel linguaggio colloquiale ebraico, la locuzione assume colorito ironico, per indicare il sempliciotto, quello che non conosce l’abc della vita. Non è questa sia l’accezione in cui lo usa rabbi Mayer-Schiller. Se potessimo fare un paragone con la fede ebraica, si potrebbe avvicinare “tinok shenishba” al senso di “bambini morti senza battesimo”. “La volontà di Dio come si manifesta nella Rivelazione e negli eventi della nostra vita, ci lasciano perplessi. Ma questo non deve per nulla diminuire la nostra emunah (obbedienza). (…) Se noi (ebrei), per esempio, insistiamo a credere che i gentili sono secondari agli occhi di Dio, aderiamo con ciò stesso ad una visione che giustifica le accuse che gli antisemiti ci levano contro. E’ impossibile sfuggire alla questione: chi sono i gentili e cosa fanno nel mondo? L’ebreo ha diritto a reclamare dei diritti uguali, se non è pronto a condividere i sacrifici di tutti?”.                                                                                                             Essi salgono dall’esclusivismo talmudico all’universalità di Dio. “Ogni approccio restrittivo” alla questione della salvezza di ebrei e goym “ossia limitato alla sola comunità (ebraica) deve essere necessariamente erroneo”, per Mayer Schiller. Rifiuta l’idea che “Il Gentile è secondario agli occhi del Signore”.                                                                                                     Essi sono perché la Terrasanta venga governata dai palestinesi, come era governata dagli ottomani, sotto i quali gli ebrei pii vivevano a Gerusalemme in pace, in attesa del Messia. Il Sionismo, rabbi Hirsh fu chiaro, è peggio di un sopruso: è un sacrilegio, una contraffazione dell’ebraismo e del suo carattere sacerdotale. Vuole ridurre il popolo ebraico a “termini puramente naturalistici”, farne “un popolo che si evolve nella materialità come tutti gli altri popoli”. Invece, “l’esistenza del popolo ebraico si fonda sulla fede. La fede che risale all’Avvenimento del Sinai. Nient’altro lega gli ebrei fra loro. La sola cosa che possiedono gli ebrei, è la fede”, consegnata nellaTorah                                                                                              Un piccolo resto fedele, tra quegli ebrei in kippà e palandrana polacca nera, coi tefillim. I Neturei Karta hanno emanato il sopraesteso comunicato. Non è strano che nessun giornale lo pubblichi, che nessun governo gli dia il minimo credito, che nessun Papa li riceva e li abbracci pubblicamente. E che tutti continuino a fingere Israele stato legittimo degli ebrei, della razza, che legittimamente uccide e opprime, che legittimamente facci Israele con la violenza e con l’astuzia. Papi e governanti stanno con la contraffazione della fede ebraica, armata di 200 bombe atomichee protetta dalla superpotenza più armata della storia. Gli sembra rispettabile questo Israele.                                                                                                                            La radice del problema: i palestinesi vogliono che sia restituita loro la terra rubata nel 1948. Gli israeliani non vogliono restituirla, sostenendo che venne “legalmente assegnata loro dalle Nazioni Unite”.                                                                 L’esistenza di uno “stato ebraico” è un errore di proporzioni storiche, e costituisce un’ingiustizia che sempre più persone non sono disposte ad accettare. Il “governo” sionista ha perso il suo diritto di esistere.                                                                            Non c’è più uno stato ma solo un “problema”. Il problema irrisolvibile del Medio Oriente, che minaccia di distruggere il mondo intero. Il pericolo causato da questo problema può condurre alla più grande catastrofe della storia umana, se non interveniamo. Tale problema può essere risolto in modo pacifico e definitivo solo attraverso i seguenti, semplici, passi:                                                                                         1) Lo Stato di “Israele” deve essere dissolto. La decisione delle Nazioni Unite del 1947 di dividere la Palestina e di creare lo Stato di Israele deve essere riconosciuta come un errore e cancellata.                                                                                               2) Il popolo palestinese deve acquisire la completa sovranità di tutto il territorio della Palestina.                                                                                                                         3) Gli ebrei che già vivono in Palestina potrebbero rimanere nel paese sotto il controllo palestinese, e potrebbero chiedere che i palestinesi concedano loro eguali diritti di cittadinanza.                                                                                                                                             4) Attuazione: le Nazioni Unite dovrebbero preparare delle leggi che regolino l’attuazione del processo suddetto, in modo tale che sia il più possibile equo, umano e indolore. Al processo in questione deve essere assegnato un tempo sufficientemente adeguato.                                                               Ebrei e arabi sembrano avere in comune solo l’odio reciproco e il desiderio di vendetta.                                                                                                                         

 Questa soluzione sembra rivoluzionaria, sensazionale e utopica. Ma è la sola soluzione che offra una reale prospettiva di successo e una via d’uscita a questa crisi altrimenti irrisolvibile. Tutti gli altri “piani” e “soluzioni” non conducono da nessuna parte.

Esaminiamo i vantaggi eccezionali che verrebbero ottenuti seguendo il piano suddetto:                                                                                                                                       

1) Le continue minacce poste al mondo dal conflitto israelo-palestinese – la minaccia nucleare iraniana, la minaccia nucleare israeliana, la minaccia di Israele di bombardare l’Iran e così via – sarebbero rimosse dalla scena mondiale.

2) Finirebbe l’oppressione del popolo palestinese per mano dello “Stato di Israele”. Verrebbero restituiti ai palestinesi la dignità umana e i mezzi di sussistenza. 

3) Finirebbe la minaccia globale del crescente antisemitismo, voluto e freddamente calcolato dai sionisti fin dall’inizio, poiché la sua causa principale è costituita dalle atrocità attualmente perpetrate dai sionisti contro i loro “sudditi”arabi.   

4) Le somme astronomiche spese ogni anno dagli Stati Uniti e da altri paesi per sostenere e armare lo stato israeliano diventerebbero disponibili per attuare la pace nella regione.

5) Molti paesi, soprattutto gli Stati Uniti, si libererebbero della potente lobby sionista. Questi paesi sarebbero liberi di prendere le proprie decisioni per servire al meglio i propri interessi, senza dover dipendere dalla benevolenza e dall’approvazione della lobby.                                                                                                                                

Il presupposto politico e le motivazioni di questo piano sono semplici, logici e manifesti. Ma anche dalla prospettiva religiosa ebraica, questo piano è logico e irresistibile. In realtà, in base a questa prospettiva non è possibile né concepibile nessun’altra soluzione. La situazione è paradossale, poiché un gruppo ebraico iper-osservante si trova in questo modo a sostenere un governo arabo laico contro gli interessi di uno Stato voluto e gestito in nome del giudaismo. Per i molti oppositori, simili alleanze, e le profferte filo-palestinesi (o le aperture all’Iran) non sono altro che un modo teatrale di guadagnare l’attenzione dei mass-media, la messa in scena di un pugno di esagitati, chiusi nella nostalgia del passato. Secondo i documenti diffusi dai Neturei Karta stessi, raccolti e tradotti (con molta simpatia) da Furio Biagini in ‘’Giudaismo contro sionismo’’, L’Ornitorinco edizioni, 2009, stare dalla parte degli arabi palestinesi sarebbe invece il modo migliore per dimostrare al mondo che la via del popolo ebraico è diversa da quella di ogni altra nazione, e passa attraverso il rifiuto del potere mondano per affidarsi alla sola provvidenza divina.                                                                   

 “Ora i sionisti stanno distruggendo Gaza, lasciando i suoi tormentati abitanti senza le necessità umane di base: cibo, acqua, riparo, carburante ed elettricità. Il sistema sanitario è al collasso ed il numero di feriti e mutilati è spaventoso. Senza mezzi termini, i sionisti stanno commettendo un genocidio”.                         “L’esistenza dello Stato di Israele è criminale, fondata e, ancora oggi, gestita da terroristi. La sua continua occupazione e le sue azioni selvagge vanno contro anche i più elementari standard di umanità e sono una colossale violazione dell’ebraismo”. Per i Neturei Karta, la fondazione dello Stato israeliano è un “abominio”, contrario ai precetti del Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo. In questo senso: l’edificazione di Israele deve avvenire non per mano dell’uomo ma per volontà divina, alla venuta del Messia. Nell’attesa, la soluzione è quindi la fine dell’occupazione sionista della Palestina, unico ostacolo alla pace tra i due popoli.                                                                                                                                                                           Per il rabbino Weiss (madre polacca, padre ungherese e molti familiari sterminati nella Shoah), il sionismo aveva strumentalizzato l’Olocausto per giustificare la fondazione dello Stato d’Israele. In questi lustri i Neturei Karta hanno mantenuto relazioni con i nemici di Israele. Il figlio del rabbino Moshe Hirsch, Meir, pure lui rabbino, vive a Gerusalemme, nel quartiere di Mea Shearim, laddove gli haredim cercano di non avere contatti con l’esterno: non votano, non fanno il militare, non pagano le tasse. In un’intervista di qualche anno fa Meir Hirsch spiegò la radice religiosa del suo antisionismo: “È scritto nel Talmud in Ketubot nel foglio 111: Dio fece giurare al popolo ebraico che durante la diaspora non avrebbero sovvertito l’ordine delle nazioni del mondo. In alcun modo avrebbero creato un nuovo stato. La vera Israele verrà ricostituita soltanto quando arriverà il Messia. Non si può in nessun modo accelerare la sua venuta. Per questo noi siamo contrari al sionismo, è la Torah stessa ad essere contraria. Il sionismo non viene per unire, ma per strappare il popolo ebraico dalle sue radici profonde e trasformarlo in un nuovo popolo diverso da quello originale”.                                                                                     

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