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Il killer della porta accanto

Una persona normale può commettere crimini atroci verso un proprio compagno o familiare. Quale soluzione e come gestire una situazione psicologica così complessa?

di Mauro Chirizzi

In questi ultimi tempi si assiste sempre di più alla recrudescenza di gravissimi atti di violenza ove carnefici e vittime sono quasi sempre delle persone apparentemente normali quasi sempre legati da un rapporto affettivo/sentimentale o di convivenza. Lo abbiamo visto nell’odioso quanto efferato omicidio di Giulia Tramontano, uccisa anche se in stato di gravidanza al settimo mese dal proprio convivente Alessandro Impagniatello; come anche è avvenuto per Pierpaola Romano uccisa dal suo collega d’ufficio Massimiliano Carpineti che subito dopo si è suicidato con la medesima pistola d’ordinanza con cui aveva compiuto precedentemente l’omicidio.


Oltre a questi episodi particolarmente cruenti ed efferati ve ne sono molti altri la cui cronaca rimane legata al territorio di appartenenza; l’omicidio nelle Marche di Fausto Baldoni, ucciso dalla propria compagna, ovvero della morte a Verona, della madre di Bernardo Rossi, Helga Maria Engbarth, ritrovata mummificata nel medesimo appartamento di convivenza con il figlio cinque anni dopo il suo decesso.
Orbene, tutte queste vicende non sono più espressione di degrado socio-economico o famigliare ovvero conseguenze di brutali atti di cosiddetti “incalliti criminali”, ma sono atti compiuti in giorni di “ordinaria follia” da persone così dette normali, inserite socialmente, spesso proprietari di beni immobiliari e mobiliari con un lavoro stabile e soprattutto non in stato di indigenza o di ignoranza . Persone della medio-borghesia con degli studi alle spalle ed anche, talvolta, còmpiti di responsabilità, come nel caso omicida-suicidario dei colleghi d’ufficio della Polizia di Stato. Persone tranquille che improvvisamente compiono omicidi efferati e sanguinosi, con la freddezza di killers professionisti, con tanto di imitazione dei conseguenti tentativi di cancellazione delle tracce; tutto ciò come se ci trovassimo di fronte alle più cruente narrazioni di thriller cinematografici.

Ma come può un uomo “normale” uccidere per stress? (vedasi dichiarazioni dell’Impagnatiello nell’omicidio Tramontano); come si può arrivare ad uccidere per gelosia una persona con cui si condivide un percorso di vita? Cosa succede oggi agli uomini quando riesce più a gestire lo stress emotivo di un rapporto affettivo?
E’ possibile che la nostra società abbia brutalizzato l’individuo rendendolo un potenziale criminale? Cosa certa si basa sulla iper-esposizione comunicativa che ha sviluppato le relazioni virtuali e con esse le occasioni di mostrarsi ed offrirsi, rendendo sempre più deboli le relazioni affettive stabili; una sorta di usa e getta delle relazioni interpersonali. Tutto ciò testimoniato dalle percentuali di separazioni coniugali che in Italia hanno raggiunto e superato per numero ogni altro argomento trattato nei Tribunali. Di fronte a questo non v’è stato alcun riparo ne tantomeno prevenzione o correzione sociale; nessun intervento di supporto psicologico da affiancare alle coppie in difficoltà; nessun aiuto di mediazione a superare i periodi di crisi in modo civile. Quali le soluzioni? A tal proposito il CODACONS di Udine, sta organizzando un corso di mediazione sociale finalizzato alla prevenzione ed alla gestione dei periodi di crisi nelle relazioni umane siano esse di carattere affettivo, genitoriale o affettivo-sentimentale; una sorta di alfabetizzazione della gestione emotiva nelle crisi di coppia o affettive che da una parte forniscono informazioni e consulenze giuridiche, dall’altra prevedono l’affiancamento di uno studio medico psicologico per fornire la chiave esatta di svincolo alla situazione di stress. Tale corso verrà proposto alle coppie che intendano convivere o congiungersi in matrimonio dando la possibilità di fare prevenzione rispetto a comportamenti inidonei e nel contempo avere una sponda di mediazione e gestione delle fasi di crisi. Infondo bisogna recuperare l’ottimismo e la speranza nella soluzione della complessità di vita con impegno e riflessione, perché come diceva in un suo brocardo George Bernard Shaw: “Per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice ma sbagliata. L’importante aggiungo, sarebbe “avere gli strumenti per comprendere lo spessore del problema ed i mezzi per affrontarlo”.

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