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Al Bif&st il film di Nanni Moretti “Tre Piani” piace e non piace

di Clelia Conte

Anime tormentate, pochi sorrisi in una storia non originale ma al Bif&st si applaude.

Nanni Moretti- tre piani

In occasione del Bif&st, festival internazionale del cinema di Bari, domenica 27 marzo si è proiettato il film di Nanni Moretti “Tre piani”, tratto romanzo omonimo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo. Il film è ambientato a Roma e tutto si svolge nell’ambito di un condominio di tre piani dove accadono una serie di eventi che cambiano la vita delle famiglie.

Protagonisti una coppia di giudici interpretati da Nanni Moretti, Vittorio e Margherita Buy, Dora che restano profondamente delusi dal figlio ubriaco che, investe una donna uccidendola sotto lo sguardo di un’inquilina, Monica (Alba Rohrwacher), scesa per cercare aiuto per correre in ospedale sofferente per le doglie. Il giovane scellerato (Alessandro Sperduti), finisce per sfondare con la sua auto il muro di una famiglia composta da una bambina e i suoi genitori, Lucio (Riccardo Scamarcio) e Sara (Elena Lietti). Lucio che è tormentato dal dubbio che sua figlia possa aver subito violenza sessuale, finisce per avere una relazione con una minorenne e ne paga le conseguenze; Monica, assalita dalla solitudine per l’assenza del marito, vede un corvo nella sua stanza.

L’opera non risulta molto originale e si distacca dallo stile tipico di Moretti. Rispetto agli altri film del regista non c’è ironia e non si sorride mai. C’è un’amarezza totale nelle persone anche se alcune cose si mettono apposto. Pare che il Covid sia stato causa del ritardo della sua uscita perciò alcune tematiche risultano passate come ad esempio nella scena di quando la Buy si viene a trovare in una manifestazione contro gli immigrati, argomento di quando Salvini era ministro.

La sceneggiatura è fedele ai fatti del romanzo di Nevo, ma manca la giusta analisi dei personaggi non facendo comprendere del perché accadano. Inoltre se si pensa a Tel Aviv come ambientazione trasportata su Roma in un palazzo borghese, perde la sua essenza rispetto al libro in quanto quest’ultimo racconta di una società specifica ambientata in una città. Moretti potrebbe ambientare il suo film ovunque.

Anche se la sceneggiatura è fedele ai fatti del romanzo di Nevo, manca la giusta analisi dei personaggi non facendo comprendere il perché accadano. Inoltre se si pensa a Tel Aviv come ambientazione trasportata su Roma in un palazzo borghese, perde la sua essenza rispetto al libro in quanto quest’ultimo racconta di una società specifica ambientata in una città. Moretti potrebbe ambientare il suo film ovunque. Il racconto risulta ordinario e senza approfondimenti. La scena più bella è quella finale: l’abbraccio di una madre (Dora) che ritrova il figlio.

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