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Il dovere della memoria nell’impegno appassionato di Giorgio Celiberti.

di Piero Fabris

Il 15 novembre si è inaugurata a Bari presso la galleria d’Arte dell’associazione culturale DIVITAS sita in viale Orazio Flacco n° 13/b la personale dell’artista Giorgio Celiberti alla presenza dell’assessora alla cultura e turismo, Ines Pierucci. E’ opera che graffia quella del Celiberti, un lavoro di continua ricerca sul quale inciampa la retorica dei giorni della memoria. Si individuano subito e sono ricorrenti i segni, simbolo di una fanciullezza negata di tante piccole anime strappate alla vita.

Farfalle stilizzate, cuori che si intersecano, incisi su lastre e bassorilievi che rievocano la pietra fredda, superficie/segno della durezza d’animo di chi imprigiona e sbarra le vite altrui tentando di ingessarne i sogni che sono le ali della coscienza. Colpisce dell’arte di Giorgio Celiberti il contrasto tra il nero che appiattisce, nasconde, occulta e il rosso come impronta di dolore e sacrificio di esistenze pure. Ogni sua opera sembra un capitolo chiaro e preciso, rielaborazione di storie, messe in bella scrittura, nella quale è mimetizzata la Speranza, la voglia di vivere nel fremito di un domani di bellezza; una sorta di rarefazione delle lingue che dividono. Tornano alla mente, attraverso la sua produzione, i codici suggestivi e labirinti del dolore sublimato. E attraverso le sue sculture si coglie, non solo, l’amore per gli animali, rappresentati, scavati o fusi in forme plastiche che sembrano rivolgersi istintivamente al cielo, magari sostenuti da ali invisibili, schiuse su versanti eterici, quanto i nidi, specchio della coscienza che appaiono come luoghi dell’attesa, veri trampolini per compiere il salto mistico dell’elevarsi superando ogni orrore. La sua produzione è meditazione struggente su informazioni profonde ed enigmatiche che dipanano incubi da desideri legittimi.

L’artista Giorgio Celiberti

Arte, quindi, come mezzo per unire e ritrovarsi come fratelli nella ricerca della luce che scaturisce non dal rigore di linee perfette e spigolose delsovraumano, quanto da un pozzo d’energie interiori. E così il supporto solido che accoglie e manifesta le sue emozioni, le sue esperienze, le sue sperimentazioni si combinano con i disegni accartocciati dell’innocenza, perciò non stupisce la sua propensione al dialogo, la sua curiosità, l’interesse verso la novità: l’Ascolto.  Il suo impegno creativo è impegno dovuto! Una riflessione continua che documenta con determinazione originale, orme dei percorsi di sofferenza, quelli che non devono smarrirsi nei meandri della memoria collettiva. La funzione sociale dell’Arte del Celiberti, con le sue stele istoriate, piantate nei parchi, obbligano l’osservatore a rallentare ogni corsa tra i gufi, i cavalli e greggi, forse allegoria di un’umanità in cammino per ritrovare il sentiero che schiude a nuovi orizzonti, quelli che restituiscono all’anima il flato celestiale.  La mostra rimarrà aperta fino al 6 dicembre 2021. L’ingresso è libero, naturalmente per visitarla bisogna esibire il green pass. GIORGIO CELIBERTI è nato a Udine nel 1929. Comincia giovanissimo a dipingere, appena diciottenne partecipa alla biennale di Venezia del 1948. Frequenta a Venezia il liceo artistico e lo studio di Emilio Vedova. Si trasferisce a Parigi dove entra in contatto con i maggiori rappresentanti della cultura figurativa d’oltralpe. Inizia così una serie di viaggi che rimarranno fondamentali per la sua formazione: Bruxelles, Londra, Stati Uniti, Messico, Cuba, Venezuela. Nel 1965 visita il lager di Terezin, vicino Praga che imprime una svolta radicale sulla sua interiorità e sulla sua arte che impressiona per tavole dalla drammatica espressività astratta. Si dedica alla scultura: cavalli e cavalieri, gatti, uccelli, capre, stele e bassorilievi che trasmettono, con le iscrizioni enigmatiche, ceselli di spiritualità senza frontiere.

30 novembre 2021

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