Sei qui
Home > Cultura > Le immagini del Tarantismo e le processioni delle tarante a Galatina: tanti eventi in uno

Le immagini del Tarantismo e le processioni delle tarante a Galatina: tanti eventi in uno

 

di Piero Fabris

A sessant’anni dalle esplorazioni etnologiche di Ernesto De Martino (la mitica estate del 1959 nel Salento) è uscito un testo curato da Maurizio Agamennone e Luigi Chiriatti dal titolo: “Le spose di San Paolo – le immagini del tarantismo (edizioni Kurumuny. Pagine203. € 22,00) che ha il merito di raccogliere in un sol volume biografie e scatti di fotografi che, con le loro immagini hanno documentato il fenomeno della taranta.

Luigi Chiriatti, Chiara Samugheo, Sergio Torsello-foto di  Daniela Ciriello

Pagine di un bianco e nero che lasciano trasparire l’asprezza della realtà, ma soprattutto riaccendono i riflettori sul vero significato della taranta, lasciando intuire le atmosfere di quegli anni cinquanta che portarono gruppi di studiosi in Puglia, per comprenderne il fenomeno, i rituali magico religiosi e certe manifestazioni, frutto di un clima metastorico, ovvero di quel modo di abbracciare le dure condizioni di vita contingente, con un significato dimensionale attraverso il quale si cela un ordine superiore:  il buon fine non palese, che aiuta ad affrontare  e accettare le avversità. L’evento infausto, veniva assorbito e, trasformata ogni incertezza della vita quotidiana grazie a una danza liberatoria; disfarsi dal veleno, dagli effetti della puntura di un ragno: il mitico responsabile patogeno! De Martino ha il merito di aver, non solo, accumulato informazioni, quanto quello di aver cercato, nei dati raccolti, il valore e l’essenza, contestualizzandoli. Fondamentali sono le sue pubblicazioni. Cito tra i suoi titoli: “LA MORTE e il PIANTO RITUALE”, “SUD e MAGIA”, senza dimenticare “LA TERRA del RIMORSO”, testi considerati dei classici da quanti fanno ricerca in seno alle visioni e su certe concezioni “reali” del meridione, dell’immaginario con la sua fede nelle terapie musicali e cerimonie i cui significati profondi vanno cercati nelle antiche notti della cultura e sapienze popolari, troppo spesso frettolosamente incapsulate. In questo tempo più di rumore che di contenuto tale materia rischia di essere svilita e di far da cornice per appuntamenti di disordinata attrazione turistica, che riduce tutto in mera esibizione da baraccone, niente a che fare con le conoscenze e tradizioni di spessore. Ben vengano quindi le operazioni come LE SPOSE DI SAN PAOLO che ripercorrono e offrono materiale iconografico di assoluto valore socio antropologico. Non dobbiamo dimenticare che i servizi fotografici, intesi come prova documentaria (tra fine ottocento e primi del novecento), utili ai processi deduttivi per certe tesi -così come evidenzia il professor Agamennone, nel suo: FOTOGRAFARE IL TARANTISMO (introduzione al testo),- eseguite da viaggiatori opportunamente preparati, fedeli a un protocollo di procedure atte a evitare inquadrature/ interpretazioni soggettive, sono invece da considerarsi insieme di segni di una visione particolare, quella del fotografo il quale non può essere inteso come un semplice operatore tecnico, quanto l’autore di scatti realizzati secondo la propria sensibilità e cultura. E’ anche vero che ogni evento, nel nostro caso la processione dei tarantolati, offre un racconto, ogni volta nuovo, del corteo dei tarantolati, perché i protagonisti e le situazioni sociali non rimangono invariate nel tempo. Ed ecco l’elenco di coloro che con i loro servizi fotografici hanno lasciato un segno per schiudere la memoria di un clima rurale: Chiara Samugheo, Franco Pinna, Annabella Rossi, Fernando Ladiana, Paolo Longo, Carmelo Caroppo, Paolo Albanese, Paola Chiari e Luigi Chiriatti.

IL vezzo di Vanità che portò Chiara Samugheo a dichiarare di esser nata nel 1935, mentre è nata nel 1925, la fa apparire agli occhi di molti studiosi come una ragazzina in gita che, per caso, realizza degli scatti, all’interno della chiesetta di San Paolo a Galatina. E’ invece vero che sulle sue spalle vi era esperienza e infatti la fotogiornalista già vantava collaborazioni e affiancamenti a fotografi del calibro di Federico Patellani di Milano. Le sue foto del giugno 1954, pubblicate col titolo: “IL BALLO DEL FURORE su “Le Ore” del 24 luglio 1954, documentano, per la prima volta, la taranta. Il servizio fotografico fu successivamente ripubblicato il 10 gennaio del 1955 su “CINEMA NUOVO di Guido Aristarco col titolo: LE INVASATE insieme a un servizio di Emilio Tadini, il quale nel suo articolo richiama le menadi danzanti al seguito di Dioniso. Prima di Chiara Samugheo vi era solo qualche dagherrotipo del 1908 realizzato dal barone Francesco De Raho, come ebbe a ricordare in uno dei suoi interventi Sergio Torsello. Sicuramente il de Martino era a conoscenza del lavoro della fotografa barese, ma probabilmente lo riteneva molto pittoresco e poco scientifico. Sembra che Chiara Samugheo avesse avuto un’accesa discussione con l’antropologo per la mancata attenzione ai suoi scatti; più volte ha ricordato del aver dovuto fare a gomitate per essere rispettata come fotografa professionista, (“…a quei tempi, in Italia, il mestiere di fotografo era considerato Solo professione maschile”). E comunque Ernesto de Martino si sentì ispirato dagli scatti di André Martin del 1957 e preferì collaborare con Franco Pinna col quale aveva già compiuto esperienze di ricerca. Colpisce il metodo demartiniano, la sua complessa e meticolosa progettazione. E’ interessante l’opera di Annabella Rossi che ebbe un ruolo rilevante nell’indagine salentina, riuscì tra l’altro a creare rapporti confidenziali, di solidarietà e amicizia con una delle tarantate con la quale mantenne un carteggio pubblicato in seguito (1970), eppur risulta sostanzialmente ignorata. Il testo si impreziosisce del contributo di Paolo Apolito e Stefano De Matteis che con rara onestà intellettuale spiegano la loro scelta di metodo per offrire un contributo/conferenza che ripercorresse i temi importanti del lavoro del de Martino, riuscendo a realizzare un testo teatrale- divulgativo dai riverberi inediti e intensi sul culto in Galatina e dintorni, ben consci che l’argomento fosse stato molte volte indagato. La scelta di seguire l’esempio di Victor Turner, autore del saggio: “L’etnografia messa in scena” si è mostrata vincente, così come riscontrato dalle dichiarazioni dei presenti nel chiostro delle Clarisse il 17 agosto del 2019. Il loro impegno riuscì a trasmettere la gioia, il dolore, la deferenza, affetto, cioè gli aspetti umani che poi sono quelli che creano forti legami, vere relazioni tra persone che lavorano per raggiungere la “Conoscenza” su argomenti avvolti dalla riservatezza. Dalla rappresentazione emerge la disciplina, i piani di lavoro dove niente veniva affidato all’improvvisazione per la riuscita dell’esplorazione, quelli che diedero la possibilità di compiere scatti furtivi, ma ragionati che nulla hanno dell’artificioso. Il copione di Paolo Apolito e Stefano De Matteis può essere definito un mosaico della storia dal quale trasuda lo spirito che mosse la squadra di ricercatori nella “terra del rimorso”.

La vera anima di queste pagine è l’instancabile Luigi Chiriatti che con lucidità si fa testimone, custode e luminoso propagatore di un’eredità, tenendo vive e distinguendo, le autentiche coordinate per un viaggio da “pellegrini di Puglia” nella nostra regione.

24 novembre 2021 

Lascia un commento

Top