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Niki Vendola presenta “PATRIE” le sue Poesie sotto il Trullo Sovrano

di Cinzia Santoro

foto di Gianvito  Giannini

“Patrie è un titolo polemico con l’uso disinvolto che si fa della declinazione al singolare di patria nell’arena della politica. Ho sentito che vengono chiamati “patrioti” i militanti dell’estrema destra e questo mi spinge nella poesia ad indicare nelle pietre d’ inciampo, in quelle  lamine d’ottone su cui sono incisi i nomi di tutti gli ebrei rastrellati e deportati da tutta Europa ad Auschwitz,  il fondamento vero della pluralità delle Patrie. La Patria al singolare contiene l’ inimicizia con la Patria altrui, contiene il principio della guerra e della sopraffazione e mi spaventa.”
Con tono pacato del grande oratore, Nichy Vendola presenta il suo libro di poesie “Patrie” edito da il Saggiatore, nel salotto antistante il Trullo Sovrano ad Alberobello.

“C’è una patria in particolare che ho amato e patito molto ed è la patria balcanica a cui ho dedicato una poesia molto profonda e personale, Sarajevo. Sono riuscito a scriverla decenni  dopo l’esperienza vissuta durante la guerra della ex Jugoslavia. È una poesia che coglie alcuni dei momenti atroci di quei giorni. Ero stato eletto parlamentare da pochi mesi e le vacanze di Natale  le ho vissute nel fuoco di quella guerra sotto le bombe a Sarajevo in una missione umanitaria di pace. Trent’anni anni ci sono voluti per sciogliere il ghiaccio dentro di me.  Il ghiaccio perché Sarajevo d’inverno, a Natale, è una città gelida tra i 22 e i 24 gradi sotto zero. Era ancora più gelida perché non c’era elettricità non c’era riscaldamento neanche nell’albergo in cui io alloggiavo. Si dormiva sotto i letti,  si strisciava a lume di candela lungo le scale e nella mia mente sono ancora impresse  le immagini di morte e la lentezza della città.”
Parla Vendola e le parole diventano poesia, declama altri versi, racconta altre Patrie.
SARAJEVO
Dalla finestra rotta dell’hotel
spiando la montagna dei cecchini
noi muti, spauriti
clandestini
una candela a testa
l’ombra  che gioca  a festa
che mastica  solitudine
calcinacci di plastica
e neve
e sconnessione globale
siamo ossa nel gelo senza sagome di Natale…
L’umanità dell’uomo e del politico traspare dall’uso sapiente della parola. Fratellanza, libertà, uguaglianza ma anche sentimenti forti, personali e ancestrali. Le poesie nascono anche per esorcizzare la paura della morte e la delusione per le ingiustizie subite che invece di travolgere l’uomo con sentimenti nefasti, consentono al poeta di donare il suo sentire al lettore. La serata è settembrina, invoglia all’ascolto ma la conduzione ampollosa, ridondante e autocelebrativa di chi ha curato il dialogo con lo scrittore, disturba la platea che desidera solo incontrare Nicky Vendola, uomo, poeta e politico di grande spessore.  Lui, invece non delude, come sempre.
Brillante l’uscita di scena, è ora di raggiungere il suo amato figliolo, la sua famiglia, la sua vita anzi la sua nuova adolescenza. Sorrido, leggerò le sue poesie nel silenzio di un pomeriggio pugliese, spoglio da inutili orpelli e colmo di versi emozionanti.
12 settembre 2021

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