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Intervista Rana Al-Ramlawi la donna che plasma la sabbia

 

 

di Cinzia Santoro

La traduzione dall’ arabo è di Mariaelena Pagano, mediatrice culturale.  

 Intervista Rana Al-Ramlawi.

    Sono Rana Al-Ramlawi, vivo in Palestina nella città assediata di Gaza. Ho 25 anni. Ho studiato alla facoltà di Scienze della Formazione. Speravo di specializzarmi in Belle Arti, ma non sono stata ammessa a causa della media riportata alla scuola superiore, al di sotto di quella richiesta. È stato molto frustrante per me essere respinta.  Già a sei anni ero portata per il disegno e questo talento è cresciuto con me, senza l’aiuto di nessuno. La mia famiglia non aveva denaro per comprarmi i colori e la carta da disegno. E io disegnavo su qualsiasi pezzo di carta. Crescendo avevo bisogno di qualcuno che mi insegnasse le basi del disegno e allora mi sono messa a cercare una scuola per giovani di talento. Alcune erano a pagamento e la mia famiglia non aveva soldi, altre mi hanno fatto aspettare inutilmente. Ero molto giù, ma non mi sono data per vinta, continuando sulla mia strada. Avevo una sola speranza: studiare all’università, ma la guerra del 2014 ha stroncato ogni mio sogno. Ho sofferto e ho lasciato il mio cuore di ragazza alle Belle Arti. Il dolore si è trasformato in sentimenti repressi che hanno preso forma in splendide opere d’arte nella sabbia.

Rana Al-Ramlawi

Perché hai scelto di creare opere nella sabbia? Qual è il messaggio che vuoi divulgare? L’arte più bella è quella che porta un messaggio umanitario. Voglio diffondere un solo messaggio: sono la prima donna artista palestinese che crea sculture che parlano del mio amore per l’umanità, che per me è una sola.

Chi ti ha influenzato artisticamente?

Non ho avuto maestri, a nessuno importava di me. Mi sono fatta da sola e ne vado molto fiera. Il mio modello è Einstein che da solo ha portato la sua grandezza davanti al mondo intero. È questo il mio sogno nel cassetto e, se Dio vuole, diventerò la migliore scultrice del mondo e con la mia arte lo influenzerò positivamente. Conto prima di tutto sulla mia sensibilità. È stata la mia prima insegnante e lo resterà sempre.

Perché lavori nel giardino di casa tua?

 Ho iniziato ad amare il cortiletto di casa quando ho capito che era il mio rifugio nei momenti di tristezza. La sabbia mi consola è la mia migliore amica. A lei confido i miei sentimenti e le mie emozioni. Quando scolpisco plasmo le emozioni in forma d’arte. Ricordo che un pomeriggio ero seduta sola soletta nel cortile di casa. C’era la sabbia e la pioggia battente cadeva sulla mia testa. Il dolore per non essere stata ammessa alle Belle Arti mi tormentava e per caso ho iniziato a modellare la sabbia, dando sfogo a quelle energie soffocate nel mio cuore per farne una scultura.  Ho creato un uomo senza dettagli, ma sono riuscita a dargli forma e da qui ho iniziato il mio percorso nell’arte della scultura di sabbia.

Rana Al-Ramlawi

Tra le tue opere, una rappresenta Vittorio Arrigoni l’attivista italiano morto a Gaza. Perché gli hai dedicato un tuo lavoro?

L’ italiano Vittorio Arrigoni è considerato trai più importanti attivisti che hanno contribuito a sostenere la questione palestinese, sacrificandosi per un paese che non era il suo, bensì il mio: Gaza. Ha cercato con ogni mezzo di liberarla dalla sofferenza. Basti dire che si è immolato per i diritti del popolo palestinese. Era naturale omaggiarlo con una scultura nella sabbia.

 Quale opera ami di più?

Amo tutte le mie opere perché parlano del mio sentire che prende concretamente corpo tra le mie mani, sotto forma d’arte. Quella che mi tocca di più, però, è una scultura di sabbia che raffigura mio padre. Mentre la scolpivo ho pianto e  il mio cuore batteva forte come se dicesse: “come vorrei abbracciarti, papà”.  Mio padre è sulla sedia a rotelle da prima della mia nascita. Non conoscere l’abbraccio del papà è atroce per me, perché un padre rappresenta per una figlia protezione e tenerezza, un padre è colui che dà alla figlia forza e fiducia necessarie per affrontare la vita. Invece mio padre non ha mai potuto tenermi fra le sue braccia perché è paralizzato. Non ho mai potuto sentire la sua tenerezza. Sento crescere dentro di me un dolore che non riesco a nascondere. Quando ricevo un premio o un riconoscimento, guardo nel pubblico e lo cerco, ma lui non può esserci mai.

Hai vinto dei premi?

Nella mia infanzia, mi consideravo la pittrice migliore. Così quando venivano indette gare di disegno, non partecipavo perché ero convinta che avrei vinto. Infatti, quando ho preso parte ad una   competizione alle superiori, sono arrivata prima, vincendo un premio in denaro, insieme a una cartella contenente libricini di cultura e altri piccoli cadeaux.

Rana Al-Ramlawi

Quali sono le tue opere più conosciute?

L’opera più conosciuta rappresenta personaggi in 3D che invitano il mondo a prevenire il Coronavirus. La scultura ha spopolato in tutto il mondo, su tutti i siti di social media, sui canali satellitari nazionali e internazionali, sulle riviste, sui giornali.

La tua famiglia condivide la tua passione per la sabbia? Ti senti sostenuta da loro o soffri la solitudine come altre artiste palestinesi?

Sì, la mia famiglia è la prima che mi sostiene e incoraggia a completare il mio percorso artistico e a realizzarmi. Mi hanno persino lasciato uno spazio in casa per lavorare alle mie sculture. Però il sostegno e l’interesse della famiglia non è l’unico di cui ho bisogno. Loro sono abituati alle mie opere artistiche, rientrano nella normalità della vita familiare. Chi non mi conosce, invece, quando osserva il mio lavoro, trova le opere bellissime. Quindi, ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di me, del mio lavoro e di tutte le mie esigenze artistiche. È difficile, ma non mi arrendo. Vorrei avere l’opportunità di uscire dalla Palestina e andarmene in qualsiasi paese che sia aperto e interessato all’arte e non distrugga le mie opere. La scultura necessita forza, pazienza, resistenza e concentrazione sotto i raggi cocenti del sole. Queste qualità si trovano spesso negli uomini, ma è strano che una donna le possieda. In effetti lavoro alle mie sculture giornate intere, senza sosta, sollevando grandi montagne di sabbia. Se proprio ho bisogno di un po’ di riposo, mi concedo10 minuti intermittenti, perché la sabbia che impiego è mescolata solo con acqua, e devo scolpire più che posso. Siamo una società musulmana in cui non ci sono usanze e tradizioni che permettono alle donne di lavorare in una professione esercitata dagli uomini. La verità è che ho un disperato bisogno di sfogare la tristezza che ho dentro e ho trovato nella scultura la soluzione più adatta per farlo, e la sabbia è il materiale disponibile ovunque in grandi quantità e a basso costo.

Cosa pensi della violenza sulle donne nel tuo paese? E solo una questione di religione o forse è esacerbata dal clima violento che i gazawi respirano dai tempi della Nakba?

 Il fatto che Gaza sia separata dal corpo palestinese a causa dell’isolamento imposto nella Striscia a seguito dell’occupazione, non significa che non condivida con il resto della società palestinese i problemi sociali e le sue varie piaghe fra le quali la questione della violenza contro le donne è, forse, uno dei più importanti che emergono in superficie. La lunga crisi umanitaria nella Striscia di Gaza tuttora in corso, ha esacerbato il livello di violenza contro le donne in tutte le sue forme per svariate ragioni, a partire dal matrimonio precoce e da un legame diretto con la precaria situazione economica e l’assenza di percorsi educativi di sensibilizzazione sul tema dei diritti delle donne. Pertanto, questa violenza non ha nulla a che fare con questioni religiose, ma piuttosto è dovuta alle condizioni della realtà in cui viviamo oggi nella Striscia di Gaza assediata e all’incapacità della famiglia di ottenere condizioni di una migliori.

Che significa essere artista a Gaza?

In Palestina non ho trovato nessuno che si interessasse a me, soprattutto a Gaza. Infatti qui non si dà valore all’arte per via degli ostacoli e delle difficoltà della vita. Tuttavia, mi sono trovata un posticino per produrre più opere d’arte destinate all’umanità. A parte questo, non riuscirei a resistere senza la scultura che mi permette di liberare le mie emozioni. Non smetto mai di lavorare a meno che non provi un’angoscia insopportabile. In questo caso devo parlare con me stessa non con la scultura.

Rana Al-Ramlawi

Cosa pensi della questione palestinese? La questione palestinese per me ha un unico significato: l’espulsione di milioni di palestinesi dalle loro terre e dalle loro case a causa dell’occupazione israeliana, il cui obiettivo è di creare un focolaio nazionale per gli ebrei su terre di proprietà dei palestinesi. Il popolo palestinese è diventato un popolo errante, senza tetto e senza terra. Siamo emigrati in tutto il mondo.  

Che significa per te essere gazawi?

Gaza è la mia città. Ci sono cresciuta e vissuta in povertà. Disgraziatamente, è il paese in cui sono nata e su cui piove la guerra. Ci ho passato la mia infanzia e la mia giovinezza, e c’è ancora la guerra. Sento ancora il rombo degli aerei sionisti che sorvolano i suoi cieli, il rumore delle esplosioni. Ricordo il boato dei razzi che cadono su Gaza, uccidendo i bambinii giovani e tutti gli innocenti fatti a pezzi dai razzi. Ricordo ancora il suono delle voci dei bambini, delle donne… Il loro pianto… Le persone che scappavano per salvarsi dai missili che cadevano sulle loro case, senza saper che gli aerei del nemico le vedevano fuggire e, le uccidevano senza pietà. Erano innocenti e non avevano colpa, erano esseri umani, cittadini. Ci uccidono perché ci aggrappiamo alle nostre terre. Gaza è una prigione pubblica in cui viviamo intrappolati. Non possiamo viaggiare, non ci sono cure, non c’è lavoro, nessuna possibilità di sopravvivere. Siamo un popolo che muore di fame sulla propria terra  

Sei mai stata all’estero?

 Mio nonno ha lasciato la città in cui viveva in Palestina, per fuggire dalle guerre d’occupazione. Io invece vivo a Gaza. Siamo tutti immigrati sulla nostra terra.  

Credi in Dio?

 Sì, sia lode a Dio, sono musulmana e credo in Dio. Dio mi ha ricompensato donando a me sola questo talento per trasmettere un messaggio di umanità al mondo intero

I tuoi progetti futuri?

Mi sforzo di essere un esempio positivo nel mondo, desidero con tutto il mio cuore di diventare la miglior scultrice a livello internazionale, di viaggiare fuori dalla Palestina verso paesi aperti alla cultura e realizzare il primo museo storico palestinese con figure in 3D grandi quanto le persone reali.

10 settembre 2020 

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