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La religiosità ai tempi del Covid-19. Intervista a Maria Schirone coordinatrice circolo UAAR Bari

 

di Clelia Conte

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Premetto di essere cattolica ma a me piace mettere in discussione il mio pensiero considerando anche il mio spirito liberale.  I non credenti (atei e agnostici) sono numerosi in Italia rispetto ai cattolici e  in proporzione più di ogni altra confessione (protestanti, islamici, ebrei ecc.). I cattolici si distinguono osservanti (o praticanti) e non praticanti. Si deve inoltre considerare il numero dei cattolici battezzati, e coloro che da adulti fanno altre scelte, pur rimanendo annotati in quei registri parrocchiali, spesso solo perché non sono informati della possibilità di esserne depennati con lo “sbattezzo”. Peciò ho dato voce alla coordinatrice del Circolo UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) di Bari  Maria Schirone sul suo pensiero nel tempo del covid.

 

L’intervista.

Siamo in piena pandemia da Covid-19. La politica lascia il passo agli esperti (virologi, immunologi, scienziati di varie competenze). Dal suo osservatorio di coordinamento degli atei e agnostici, pensa che anche il sentimento religioso stia cedendo il passo alla scienza? 

Maria Schirone

Credo che la fede sia ancora un rifugio per tanti. Guardi, per avere una visione razionale occorre essere abituati sin da piccoli. Non v’è dubbio che la violenza con cui questo virus si è affacciato nelle nostre vite, insieme alla sua velocità di trasmissione sia geografica che nelle relazioni personali, ha colto tutti di sorpresa e in alcune aree la paura è palpabile e giustificata. Come di fronte ad ogni pericolo, le reazioni sono diverse anche in base al retroterra di educazione e di abitudine al ragionamento. Se per tutta la vita sono stato abituato a credere al fato, al destino, o al castigo divino, è probabile che un evento di questo tipo vada a radicalizzare questa visione delle cose. Se, viceversa, sono abituato a chiedermi il perché, sarò più propenso a seguire gli sviluppi della ricerca.

Da noi, al contrario di ciò che prevede la Costituzione (art. 9), non esiste una formazione di base al pensiero libero ed alla cultura scientifica e razionale a partire dall’età infantile. La religione cattolica funziona ancora come religione di stato, con le istituzioni cattoliche presentate, nella pratica, come istituzioni pubbliche, alla pari della sanità e della scuola. Basti osservare, soprattutto in questi giorni, l’invasione dei programmi RAI da parte dell’informazione religiosa. In realtà, sarebbe fin troppo facile evidenziare come non si tratti di uno spontaneo sentimento religioso, ma dello sbandieramento di un bigottismo di comodo più volte denunciato dallo stesso papa Francesco.

 

Non pensa che siano proprio le incertezze della scienza, la variabilità delle risposte a spingere molta gente ad affidarsi alle preghiere, alle messe, organizzate spesso anche di nascosto?

Certo che sì, perché si aspettano risposte “certe”. Ma è nella natura stessa della ricerca scientifica elaborare ipotesi, osservare, fare analisi, adeguare nuove risposte. Chi si aspettava dalla scienza risposte certe e immediate, e omogeneità di interpretazioni già due mesi fa, quando tutto era ancora da comprendere, di fatto ha adottato lo stesso atteggiamento di un credente.

Quanto ai credenti, penso tuttavia che uno tsunami sanitario e sociale come quello di questi mesi possa provocare almeno qualche domanda di senso. Soprattutto in coloro che credono che tutto muove da Dio e che Dio sia “Onnipotente” è probabile che si apra una breccia, che faccia interrogare sui “perché”, come avviene in occasione di grandi catastrofi che coinvolgono anche innocenti; com’è avvenuto dopo la Shoà, rispetto alla quale, ricordiamo, Primo Levi si espresse in questi termini: “Se esiste Auschwitz non può esserci Dio”.

Va anche detto che la Chiesa è abbastanza abile ad anticipare risposte alle domande più ovvie: è sempre il peccato degli uomini a provocare “l’ira di Dio”: che si tratti di sciagure naturali o di un virus. È, ad es., la tesi costante di Radio Maria. Dal che emerge il vecchio e mai accantonato Jahvè, il Dio vendicativo della Bibbia, Colui che dovrebbe essere stato “corretto” dal messaggio evangelico di Gesù; ma qui ricordiamo che in fondo il Padre e il Figlio sono “della stessa sostanza”, come recita il Credo. 

 

E quindi, come prevede l’andamento della religiosità in seguito a questa emergenza sanitaria?

Allora: la risposta non è semplice. In questo periodo vedo una duplice polarizzazione. Una, tra scienza e fede, tra chi si affida ai risultati della ricerca scientifica e chi a Dio e alle preghiere. Una seconda polarizzazione, la vedo tra gli stessi credenti. C’è la preghiera intima e quella spettacolare. C’è chi non ha accettato la preghiera “domestica”: continuano messe, riti e processioni, come se la preghiera collettiva potesse fornire una sorta di immunizzazione o protezione. Penso alle messe e ai riti che hanno causato focolai di contagio e messo in quarantena interi paesi (4 nel salernitano, 1 nel foggiano e altri casi). Processioni proposte come una sfida verso la presunta inutilità della scienza.

Ma anche la preghiera intima è stata spettacolarizzata. Quella di Papa Francesco nell’immenso scenario di una piazza San Pietro vuota è stata una preghiera intima? O piuttosto un’immagine potente, di valenza cinematografica? Complice anche una suggestiva “quinta” artistica di notevole impatto visivo, che deve il grande fascino di dilatazione ottica al genio di Bernini; complice la lunga passerella in un silenzio surreale, quella sequenza memorabile non è certo un esempio di preghiera “intima”, semmai solitaria, ma sotto milioni di sguardi connessi via satellite.

L’andamento della religiosità dipende più che mai dalla sensibilità personale o dalla capacità di persuasione dello stesso Papa, al quale riconosco, tuttavia, il merito di non aver cavalcato le ansie di preghiere collettive e processioni, come invece avvenuto da parte di parroci provinciali o anche di frange politiche opportuniste, che rasentano un fanatismo mistico di sapore medievale.

 

Come si muove l’UAAR in questo scenario all’epoca della pandemia?

L’Uaar non induce i credenti a cambiare idea, semmai con le nostre attività cerchiamo senz’altro di favorire il pensiero razionale. L’obiettivo dell’Uaar è la laicità dello Stato e delle istituzioni. In questa fase ci preme sottolineare due cose. La prima: che lo Stato e i suoi rappresentanti, dai ministri ai sindaci, non avallino la credulità popolare. Bene fanno quei sindaci che bloccano processioni e riti collettivi: la salute non può essere barattata con la presunta superiorità della preghiera. Ma in generale, un sindaco rappresenta tutta la collettività, quindi anche dei non credenti o di altre confessioni. Non è bene che i rappresentanti istituzionali si mostrino in forma pubblica alle cerimonie religiose, mentre restano ovviamente liberi di farlo in forma privata. La seconda: siamo stati tra i primi – non gli unici – a lanciare una campagna perché i fondi dell’8 x 1000 di quest’anno destinati allo Stato vadano interamente al Servizio Sanitario Nazionale e alla ricerca.

23 aprile 2020

 

 

 

One thought on “La religiosità ai tempi del Covid-19. Intervista a Maria Schirone coordinatrice circolo UAAR Bari

  1. Parole chiare e concetti condivisibili. La coordinatrice di UAAR Bari non poteva essere più convincente: tutti devono poter esprimere le proprie idee in fatto di convinzioni filosofiche religiose o politiche, purché nel rispetto delle opinioni altrui. Se ci si attenesse sempre a questo fondamentale principio, la società avrebbe già fatto un bel passo avanti.

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