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Dumbo di Tim Burton: rispetto al cartoon originale, sembra  una “favola nera” con eccessivi contenuti

 

di Romolo Ricapito

Dumbo diretto da Tim Burton è il campione d’incassi dei Cine Days , dal 1 al 4 aprile, biglietto  a 3 euro.

Si stima che la metà degli  spettatori che si reca al cinema durante questa promozione sceglie di vedere la pellicola della Walt Disney Co.
In America l’opera di Burton ha dominato il box office all’esordio, precedendo l’horror di Jordan Peele “Noi” che in Italia esce il 4 aprile, ultimo giorno dei Cine Days.
Ad ogni modo l’incasso Usa  di 45 milioni di dollari non ha soddisfatto i produttori perché di molto inferiore alle aspettative. Il costo della intera produzione ammonta a ben 170 milioni  di dollari.
In questa versione aggiornata e corretta del classico a cartoni animati del 1941 sceneggiato da Ehren  Kruger, che ha scritto diversi film dell’orrore, prevale l’anima noir che appartiene anche a Tim Burton.
E così la storia dell’elefantino dalle grandi orecchie si mischia ad altre vicende che vedono come protagonisti degli umani.
Si parte da Holt Farrier (Colin  Farrell) un militare col grado di capitano che rimane menomato in guerra: è privo del braccio sinistro.
La moglie è deceduta per un’epidemia, dunque egli  deve badare ai figi Milly e Joe.
Danny Devito

La menomazione  del vero protagonista della storia si unisce alla deformità delle orecchie dell’elefantino.

Se poi a questo  aggiungiamo la bassa statura di Max Medici, il proprietario del circo, interpretato da Danny De Vito assieme ad    altre tematiche “aggiunte” va da sé che la materia originale del contesto  è solamente un substrato per creare altro. Innanzitutto si vuole accennare alla diversità fisica.
Quindi  parlare dell’avidità della nuova imprenditoria rampante, impersonata da Vandervere (Micheael Keaton) che vuole dominare sugli altri,  forte delle sue enormi proprietà e monetizzando sull’elemento  straordinario, che però viene umiliato e sfruttato con cinismo (l’elefantino).
La sua compagna e mantenuta è la francese Colette, trapezista, che si rivela un personaggio interessante.
Prima di tutto perché l’attrice Eva Green porta un tocco di femminilità  e di grazia all’interno di una pellicola per certi versi oscura.
Ovvero, sia a causa di una sceneggiatura molto carica, ma anche di una fotografia più da penombra che solare, Dumbo rivela la sua anima dark, ma   introduce altrettanto nuove  tematiche come la meccanizzazione del lavoro dell’uomo (in alcune scene vengono rappresentati dei robot all’opera che si sostituiscono alle persone sullo stile di Tempi Moderni di Chaplin) .
Mentre, per essere ambientato nel 1919 Dumbo rivela una doppia anima: la parte antica è costituita dal classico circo, con spettatori spesso villani e ignoranti, quella moderna dalla città-divertimento voluta e ideata dall’imprenditore-mogul , che si rivela avveniristica nella sua pacchiana e tetra rappresentazione.
Essa è più simile a una moderna fabbrica  con uffici all’avanguardia e ha solo l’ aspetto esteriore  di una “Disneyland”.
Sussiste il rapporto tra Dumbo e l’elefantessa madre, ma la materia si concentra nel proporre cambi di scena dei quali il piccolo elefante è, se non una comparsa, una allegra metafora, o un companatico.
Va detto che la produzione è articolata e procede per gradi. La prima parte, quella introduttiva, è la più classica, col lavorante circense che odia gli elefanti e la cui malvagità viene punita con la morte. Arrivano poi  in scena ben altri malvagi , più criptici, che rappresentano l’era tecnologica con le sue storture e il dominio del denaro, che corrompe tutto. E così anche il personaggio dell’impresario Max Medici rischia di venire corrotto, mentre il capitano di  Colin Farrell è l’uomo tutto di un pezzo e i suoi figli i classici bambini dei film Disney, i quali rappresentano la purezza e la bellezza dell’infanzia che non si fa intrappolare dalla malvagità. Nella seconda parte esistono delle lungaggini e non tutti i passaggi convincono, mentre prima dell’happy end alcuni colpi di scena riescono ad avvincere all’interno però di una rappresentazione piatta se non per l’esteriorità, per la troppa ambizione.

Dumbo di Tim Burton resta un film d’autore, ma appunto perché tale ha intellettualizzato una materia semplice, rendendola fagocitante e non sempre genuina, dunque artefatta da narrazioni sotterranee.
Tali substrati rendono Dumbo 2019  un film più per adulti che per ragazzi tanto che nel secondo tempo le vocine degli spettatori più piccoli all’interno dei cinema si fanno impazienti, essendo l’elefantino soltanto un “non protagonista” all’interno di un film nel quale avrebbe dovuto essere il solo e unico eroe.
4 aprile 2019

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