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Il Contagio: film ibrido e non disprezzabile ma che potrebbe faticare ad imporsi sui nostri schermi a causa della sua complessità

 

di Romolo Ricapito
Il Contagio è un film drammatico,  ma anche di  costume, che vede schierati alla regia due validi registi: Matteo Botrugno e Daniele Coluccini.

Variegato il cast, rappresentativo della varia umanità romana  narrata  nell’intreccio.
Va detto poi che il tutto è ispirato al romanzo omonimo di Walter Siti.
 E’ sufficientemente evidente come   il film evidenzi  due anime: nella prima parte la coralità dell’intreccio predomina, ma non sempre in maniera  organica e completa.
I personaggi indagati sono troppi e le due coppie protagoniste vengono trascurate con la descrizione talvolta dispersiva  di personaggi minori, destinati a scomparire del tutto, oppure si tratteggiano caratteri femminili degni di Almodovar, ma senza la stessa fantasia o ironia del celebre regista iberico.
La fotografia è di fatto ottima, dunque artisticamente rimane  la cosa migliore del film.
Ma il clima che si rifà a una forma di neorealismo resuscitato e pregresso è anacronistico, mentre il personaggio interpretato da Anna Foglietta , quello di Chiara,  moglie di Marcello (Vinicio Marchioni) è pleonastico, laddove viene poi trascurato nella seconda parte.
Questi difetti, piuttosto evidenti, rendono l’opera lenta nel lungo prologo, al pari di un vecchio motore diesel.
Il carattere  del professore (Walter, alter ego di Walter Siti) e scrittore interpretato da Vincenzo Salemme pare mutuato dalla figura di Pier Paolo Pasolini.
Egli nobilita in maniera aulica sia la relazione omosessuale con Marcello ( gigolò da strapazzo dalla fisicità esibita e consumatore abituale di cocaina) ma anche  il contesto delle case popolari dove la vicenda è ambientata.
Case, va rilevato,  dalla curiosa struttura ad arco per quanto riguarda l’estetica esteriore.
L’altro personaggio    interessante, dopo quello di Marcello, è  quello di   Mauro (Maurizio Tesei) anche lui cocainomane, dedito ad affari sporchi   con quei colletti bianchi che daranno  vita ad improbabili società per reinvestire il denaro ottenuto dalla vendita di  stupefacenti. Mauro è sposato con Simona (Giulia Bevilacqua) ma pure  qui  il personaggio femminile viene  quasi ignorato  dalla sceneggiatura, che introduce nella seconda parte il singolare carattere interpretato da  Carmen Giardina , quello di Lucia. Trattasi della classica single ormai matura, lavoratrice, addetta alle pubbliche relazioni aziendali  sul prototipo nordista.
Se a ciò si aggiunge, sempre nel primo tempo , il personaggio di Attilio (Daniele Parisi) che sembra un po’ il classico   ladro di polli, quello di Flaminia  (Luciana De Falco) una milf che convive con un toy boy psicopatico, si avverte ancora più limpidamente  come il film sia troppo affollato e che la sceneggiatura non riesce a padroneggiare totalmente il tutto, coinvolgendo lo spettatore medio.
Meglio l’ultima parte  che si svolge tre anni dopo.
Mauro si è spostato al quartiere romano di Prati grazie ai suoi affari poco puliti, che hanno innalzato il suo tenore di vita, mentre Marcello è rimasto nel vecchio quartiere ed è  nei guai fino al collo.
Qui la pellicola da commedia si trasforma in un poliziesco-thriller di matrice  anche televisiva  incentrandosi sui   caratteri maschili, quelli ottimamente resi da Vinicio Marchioni e  Maurizio Tesei.
Sono molto riuscite alcune scene d’azione oppure ambientate in discoteca, in quanto  evidenziano la deriva  psicologica del personaggio di Mauro.
In pratica il secondo tempo  aderisce a forme più convenzionali, o commerciali, epperò aumentando la qualità del film, che comunque si rivela complesso strutturalmente e nelle sue   ambizioni di una descrizione compatta del degrado umano nella Roma d’oggi, indagato   a 360 gradi.
Probabilmente i due registi,  hanno optato per una via di mezzo tra arte e sfida al cinema convenzionale e “opportunista”  al fine di cercare di padroneggiare  un romanzo corposo e denso di significati ,generando però un prodotto che difficilmente potrà accontentare i palati di coloro che sono abituati ai film di cassetta 
Questo film apparentemente  ibrido ma di indubbia qualità   probabilmente  faticherà a trovare spettatori nelle sale e a rimanere a lungo in programmazione, ma si spera il contrario, in quanto esso fa emergere il talento di due nuovi splendidi, talentuosi e giovani cineasti.

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