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NELLA VILLA DEL CLAN DI COSOLA A CEGLIE DEL CAMPO, UNA FATTORIA CON MICROBIRRIFICIO DECARO: “LA CONFISCA E IL RIUTILIZZO DEI BENI DELLA MAFIA E’ UN DOVERE NEI CONFRONTI DEGLI UOMINI CHE SONO MORTI PER LORO MANO”

 

BARI – Questa mattina il sindaco Antonio Decaro, dopo la deposizione della corona in viale Borsellino e Falcone, insieme alla dott.ssa Francesca La Malfa, presidente della Sezione Penale del Tribunale di Bari, al Procuratore della Repubblica Giuseppe Volpe e ai vertici delle Forze dell’Ordine, ha visitato il casale appartenuto al boss Di Cosola in contrada Chiancone, a Ceglie del Campo, oggetto di confisca. Su questo immobile il Comune ha presentato oggi il progetto di riutilizzo a fini sociali candidato ai fondi del Pon legalità 2014-2020. Al sopralluogo hanno partecipato anche il consigliere regionale Giuseppe Longo e il presidente del IV Municipio  Nicola Acquaviva

Il sindaco Decaro con il Capo della Procura di Bari, Volpe
Il sindaco Decaro con il Capo della Procura di Bari, Volpe e Francesca La Malfa, presidente della Sezione Penale del Tribunale di Bari

L’obiettivo dell’amministrazione comunale è quello di realizzare una fattoria con micro-birrificio artigianale in grado di ospitare 8 soggetti svantaggiati che verranno formati sulla filiera agricola e re-inseriti attraverso la produzione, l’imbottigliamento e la distribuzione di birra a KM0.

Un progetto innovativo e auto-sostenibile di recupero e riutilizzo di un bene confiscato a fini sociali attraverso una produzione, quella della birra artigianale, che conosce in Puglia una stagione di particolare espansione e che è stata recentemente riconosciuta dall’art. 35 del Collegato agricolo approvato lo scorso luglio.

Il Progetto prevede l’individuazione di 8 soggetti in stato di disagio sociale da formare e sostenere in un percorso di accompagnamento all’abitare comunitario (fattoria) legato ad un percorso di re-inserimento lavorativo attraverso la microproduzione e distribuzione di birra artigianale (microbirrificio).

Il complesso, infatti, localizzato in aperta campagna, è composto da:

  • un grande capannone dove è possibile ospitare un impianto di produzione, etichettamento e distribuzione di birra artigianale;
  • spazi coperti e scoperti per lo stoccaggio, la vendita, la degustazione e l’attività laboratoriale;
  • corpi residenziali adeguati ad ospitare 9 camere singole con servizi;
  • spazi di relazione comunitaria aperti e coperti.

 

Il progetto prevede un investimento totale di 1.500.000 euro che comprende le fasi di progettazione, consulenza tecnica, lavori, impianto di produzione, mezzi mobili, materie prime e start-up di gestione.

Il Collegato agricolo approvato recentemente in Senato riconosce e incentiva la birra artigianale italiana e la sua produzione, che registra un significativo incremento di vendite e di esportazioni. Un settore fortemente trainante sul fronte dell’occupazione, soprattutto tra gli under 35, con alcune esperienze innovative e già sperimentate in progetti sociali come nel caso del Carcere di Rebibbia.

“Oggi celebriamo il 24° anniversario della strage di Via d’Amelio in cui, dopo solo 56 giorni dalla strage di Capaci e dalla morte di Giovanni Falcone, morì anche il suo più fedele collaboratore ed uno dei migliori uomini che lo Stato italiano abbia mai avuto: il giudice Paolo Borsellino – spiega il sindaco Antonio Decaro -. Insieme a lui, come a Capaci, morirono gli agenti della scorta Oggi, quindi, è nostro dovere commemorare i morti, ricordare gli uomini e onorare ciò che hanno fatto rendendoli orgogliosi delle nostre azioni, ovunque essi siano. Ed è quello che nel nostro piccolo vogliamo fare qui, oggi, raccontando una storia nuova per questi immobili che vogliamo restituire alla città. Quattro anni dopo la morte dei due giudici, nel 1996, con la Legge 109 che quest’anno compie vent’anni, fu introdotta la confisca dei beni e il loro riutilizzo sociale per chiunque fosse riconosciuto come mafioso. Questo è stato un momento di svolta per il nostro Paese perché da allora, finalmente, lo Stato può sottrarre ai criminali quello a cui tengono di più: le loro ricchezze. “È meglio finire in galera, meglio essere uccisi che perdere la «roba», il tesoro che si è riusciti a mettere insieme con una vita di delitti, traffici e intrighi” ha detto Francesco Inzerillo, esponente di uno dei clan più importanti di Palermo, e noi oggi siamo qui per prendere la loro “roba” e riutilizzarla e riempirla di lavoro, di gente onesta e di energie pulite. Già lo scorso anno con il direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati, con la presidente Francesca La Malfa, la Camera di Commercioe l’associazione Libera abbiamo firmato un protocollo che mirava ad individuare un modello condiviso di lavoro per favorire l’utilizzo immediato dei beni, ridurre i tempi di gestione per poi individuare il possibile riutilizzo di quei beni attraverso una più rapida circolazione delle informazioni utili al riuso.  Anche in virtù di quel protocollo avviamo la progettazione su questo bene, mentre questa mattina mi sono recato personalmente presso i due villini confiscati al boss Savino Parisi,  nelle vicinanze del quartiere Torre a Mare, che saranno destinati alle famiglie in emergenza abitativa. Da quando abbiamo cominciato questo lavoro abbiamo assegnato più di dieci case confiscate alle organizzazioni criminali a famiglie in condizioni emergenza abitativa. Il lavoro e la casa sono due diritti sanciti direttamente e indirettamente dalla Costituzione, la stessa costituzione su cui ha giurato Paolo Borsellino”.

 

“Ringrazio il sindaco di Bari per aver voluto ricordare la strage di via D’Amelio con un gesto concreto quale è la destinazione di un bene confiscato alla criminalità organizzata – ha dichiarato la Presidente La Malfa -. Una delle grandi intuizioni di Falcone e Borsellino fu proprio quella delle indagini patrimoniali nei confronti della criminalità organizzata, necessarie per seguire il flusso dei proventi delle attività illecite. Su questo versante vi è un grande impegno dell’autorità giudiziaria barese, che non si limita soltanto al sequestro e alla confisca dei beni, ma che si assicura che questi beni vengano restituiti alla collettività, che nel tempo ha dovuto subire l’assoggettamento ai clan criminali. Lo stato di degrado in cui versa attualmente l’immobile, sequestrato nel 2012, rende sempre più attuale la necessità di una modifica legislativa che consenta all’autorità giudiziaria di disporre immediatamente l’assegnazione provvisoria dei beni sequestrati per impedire che gli stessi vengano depredati, costringendo poi gli enti assegnatari, quali il Comune di Bari, a sostenere i costi del restauro. Grazie al protocollo sottoscritto la scorsa estate sarà presto operativo un sito che fornirà la mappa di tutti i beni in sequestro onde consentire agli enti territoriali e a tutti i soggetti interessati di avanzare proposte di riutilizzo sociale. Soltanto grazie alla rete di collaborazione tra tutti gli organi dello Stato la legalità troverà piena attuazione sul nostro territorio, fornendo risposte concrete ai bisogni dei cittadini legati ad esigenze abitative o lavorative”.

 

Questo percorso si inserisce nelle attività dell’Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata in collaborazione con l’assessorato al Patrimonio e all’Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Bari.

 

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