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RIFORMA PENSIONISTICA: TRAGUARDO VICINO O CHIMERICA ILLUSIONE

di COSIMO IMBIMBO

La riforma pensioni 2015 è ormai a pieno titolo e in modo prioritario nell’agenda del Governo. Dopo un periodo di stallo, dal esecutivo sono cominciate ad arrivare dichiarazioni possibiliste sulle pensioni anticipate e sulla necessità immediata della riforma della Legge Fornero.

Alle dichiarazioni di questi giorni del primo ministro Matteo Renzi che si è detto d’accordo ad anticipare l’uscita dal lavoro intorno ai 60/62 anni, si sono ora aggiunte quelle del sottosegretario all’Economia, Baretta, che rimarca la volontà del Governo di voler arrivare ad una pensione a 62 anni con penalizzazione. La riforma pensioni oggi in vigore ha creato non pochi problemi e fin dal suo debutto era chiaro come prevedesse un irrigidimento dei requisiti di accesso pensionistico che avrebbero decisamente pesato sui lavoratori e in particolare su determinate categorie come usuranti e precoci. Effettivamente le novità e ultime notizie ad oggi confermano come i requisiti attualmente richiesti siano troppo rigidi, motivo per il quale continuano a susseguirsi proposte di modifica per renderli più flessibili, e come, a causa di alcuni errori, siano nati i casi sociali di esodati e quota 96 della scuola, che necessitano di sempre più urgenti correzioni.

I tecnici dell’Inps stanno simulando diverse ipotesi, tra queste quella di raffreddare la quota di assegno calcolata con il vecchio metodo retributivo. Sul tappeto c’è anche la proposta di applicare il metodo contributivo a chi decida di anticipare la pensione. Si tratterebbe di una sorta di estensione dell’ “opzione donna” che già oggi permette alle lavoratrici con 57 anni di età e 35 di versamenti di lasciare il lavoro con il trattamento pensionistico calcolato interamente sulla base dei contributi versati. Rimane tra le opzioni possibili anche quella avanzata dall’ex ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, di introdurre il prestito pensionistico a favore dei lavoratori vicini alle pensione, ma senza aver maturato ancora i requisiti, che perdano l’occupazione. In questo caso i lavoratori riceverebbero in anticipo una quota dell’assegno pari a circa 700 euro mensili che restituirebbero poi con mini-rate una volta andati in pensione.

Nel frattempo l’Ocse in un rapporto presentato ieri, ha posto l’accento sulle diseguaglianze economiche: in Italia il 10% più ricco della popolazione guadagnava nel 2013 undici volte di più del 10% più povero, contro il 9,6 della media Ocse. Lo studio sottolinea che la diseguaglianza in Italia«è aumentata dalla metà degli anni 80. Ricordiamo che il problema delle penalizzazioni, per i soggetti che hanno goduto dei congedi per assistenza disabili, nasce in seguito all’abolizione della pensione di anzianità con il Decreto Salva Italia. Dall’entrata in vigore del Salva Italia è possibile accedere al pensionamento solo se si sono maturati i requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia. Per le pensioni anticipate nel regime misto aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015 continua a trovare applicazione l’articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 ( legge stabilità 2012) che esclude l’applicazione delle penalità, fino al 31 dicembre 2017, solo nelle ipotesi in cui l’anzianità contributiva derivi da prestazione effettiva di lavoro. Al riguardo la circolare chiarisce che, ai fini previdenziali, per “anzianità contributiva derivante esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro”, deve intendersi la contribuzione obbligatoria dovuta per i periodi di “prestazione effettiva di lavoro”, espressa in mesi, settimane o giorni a seconda della gestione previdenziale di iscrizione del lavoratore.Poi spuntano alternative Si tratta di un’altra proposta che vede Cesare Damiano come primo firmatario. Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Anche in questo caso, con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età. Le ultime notizie provenienti dalla politica vedono crescere le possibilità che questa soluzione possa essere approvata, sebbene non si è ancora capita precisamente la natura e la quantità del taglio che si andrebbe a stabilire per favorire l’uscita dal lavoro.

Poi le reazioni d’obbligo: «È assolutamente prioritario prima di qualsiasi intervento sulle pensioni», dice Stefano Fassina, ex vice ministro dell’Economia in quota Pd del governo Letta, «risolvere il problema degli esodati». Fassina nei giorni scorsi, insieme a Gianni Cuperlo, a margine della direzione del Partito Democratico, ha incontrato i rappresentanti della categoria che da tempo chiede un incontro diretto con il premier Matteo Renzi. «Non si possono rivedere le regole per anticipare la pensione a dirigenti pubblici che hanno stipendi elevati», spiega l’ex ministro, «per una questione di equità va assicurato lo stesso trattamento anche ai dipendenti privati». Anche l’ex ministro del welfare e attuale presidente della Commissione lavoro alla Camera, Cesare Damiano, la pensa allo stesso modo. «Serve che il governo si coordini al suo interno», è la linea di Damiano, «almeno questo deve valere per i ministri Madìa, Giannini e Poletti, che hanno tutti competenze sull’argomento e mi pare anche che abbiano posizioni divergenti. Quello che mi stupisce», aggiunge ancora, «è che non si percepisce il fatto che la questione esodati stia diventando esplosiva». Voci contrarie si sono levate anche dentro Scelta Civica. «La formula dei prepensionamenti propone una ricetta sbagliata, che rischia di sfasciare i conti pubblici, dopo gli sforzi fatti dal governo Monti per rimetterli a posto», ha dichiarato Gianfranco Librandi. Nei giorni scorsi il ministro del lavoro Giuliano Poletti, ascoltato in audizione alla Camera, ha parlato della volontà del governo di trovare una «risposta organica» al problema. In ultima analisi non trascuriamo che una certa linea di sana flessibilità ormai si sta affermando ed anche il presidente del Consiglio ha indicato di voler andare in questa direzione. È un’esigenza condivisa dal Parlamento ed anche dalle parti sociali.

 

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