Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone Attualità 10 Aprile 202510 Aprile 2025 di Cinzia Santoro Cosa sta accadendo nella nostra società che registra ogni giorno un femminicidio e una sentenza in qualche aula di tribunale che semplifica, sminuisce e non riconosce l’ atrocità del delitto compiuto contro donne di ogni età, cultura e ceto sociale? Sono davvero pochi casi o vi è un allarme sociale che identifica un pericoloso pattern che evidenzia che qualcosa non torna nei rapporti tra uomini e donne? In questi giorni l’Italia è stata scossa dell’assassinio brutale di due giovanissime donne per mano di due giovani uomini che non hanno esitato a compiere l’estremo atto violento. Si perché il femminicidio è l’ultimo atto di un copione chiamato violenza di genere, la punta dell’iceberg di una cultura misogina e patriarcale. Negli anni la violenza sulle donne e il femminicidio vengono riconosciuti sulle giovanissime e anche sulle donne anziane. Sulle prime il rapporto UNICEF 2024 riferisce che il 64% degli autori di violenza sessuale avevano tra i 14 e i 34 anni, il 27% tra i 14 e il 17 anni. Tra gli adolescenti c’è una propensione al controllo nella relazione affettiva, una regressione culturale, che spaventa e che giustifica la violenza di genere attraverso i social e gli stereotipi, sempre più dilagante tra i giovani maschi. UNICEF registra invece nelle giovani donne una maggiore consapevolezza sul problema. Un gap tra generi che suona come un campanello d’allarme. Quale soluzione offrire ai ragazzi e alle ragazze? I progetti di educazione affettiva e sessuale nelle scuole hanno sicuramente avuto come riscontro la maggiore consapevolezza nelle ragazze a riconoscere la violenza di genere e a denunciarla ma nei ragazzi si è assistito a un fenomeno di radicalizzazione e autocommiserazione che conduce ad atti di controllo, di persecuzione e di femminicidio. Si veda il caso Turetta, emblematico del pattern violento. Lui giovane maschio in crisi, lei brillante laureanda. Lui pretestuoso, stalker invadente, omicida lucido fino alla fine. Non si ferma e le 45 coltellate inflitte a Giulia Cecchettin, dopo averla rapita e picchiata con veemenza, non sono riconosciute come aggravante di crudeltà nella sentenza di condanna. C’è una sorta di distorsione nella narrazione dei femminicidi alimentata dal patriarcato. Un voler minimizzare i fatti, spostare il focus su dettagli pruriginosi, pur di non ammettere che la nostra società ha un problema serio che riguardi gli uomini e la loro sessualità. La violenza di genere è dunque un fenomeno strutturale che si esprime attraverso stereotipi della cultura patriarcale che assegna alle donne determinate funzioni, nella vita privata e pubblica, in ragione del loro genere. Il 7 marzo 2025 è stato varato il disegno di legge che introduce il reato di femminicidio attuando i principi e gli obblighi sanciti dalla Convezione di Istanbul 3 della Commissione europea in materia di violenza di genere. Un piccolo passo che non mette però fine alla narrazione patriarcale dei privilegi maschili sulle donne in quanto tali. Il disegno di legge prevede una formazione specifica per tutti gli operatori di giustizia, dalle forze dell’ordine ai giudici. Tuttavia, come ha sottolineato la presidente della rete dei centri antiviolenza D.i.Re Antonella Veltri, “non è con pene severe o più severe che si afferma il diritto delle donne di vivere una vita libera dalla violenza”. Negli ultimi anni, le politiche del governo hanno puntato tutto sulla deterrenza, aumentando le pene per i reati del codice rosso o introducendo strumenti come il braccialetto elettronico anti-stalking che comunque non fungono da deterrente al femminicidio. Credo sia ancora lungo il cammino di rivoluzione culturale, giuridica e politica affidato alle donne che operano quotidianamente sul campo e che toccano con mano i danni irreversibili che la violenza di genere produce sulle donne. I reati di violenza sessuale e maltrattamento in famiglia sono aumentati evidenziando che il problema sociale esiste e persiste. Come combatterlo? Quali strategie efficaci attuare per arrivare ad estirpare la radice culturale del patriarcato? Audre Lorde, attivista e leader del movimento a difesa delle donne che scrisse: “Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone. Ci possono permettere di batterlo temporaneamente al suo stesso gioco, ma non ci metteranno mai in condizione di attuare un vero cambiamento”. Audre Lorde ci dà alcuni strumenti per comprendere le differenze tra di noi, valorizzandole nel rispetto. Da una analisi di sé e della propria posizione nel mondo e da un’analisi della società in cui si vive bisogna quindi chiedersi se siamo parte del sistema o del cambiamento? La risposta a questa domanda è personale tanto quanto politica nel momento in cui per il solo fatto che esistiamo, che nonostante tutto siamo sopravvissute e abbiamo il dovere di dargli una risposta e di praticare il cambiamento. Come? Magari uscendo dalla comfort zone dei silenzi e introducendosi nelle crepe del sistema. Riflettiamo.