Resto Qui di Marco Balzano: da un anno in classifica e secondo al premio Strega 2018 Cultura Libri 14 Giugno 201824 Aprile 2019 di Romolo Ricapito Resto Qui di Marco Balzano, Einaudi Editore, ha immediatamente conquistato il consenso del pubblico grazie all’originale storia che mischia antico e moderno, ovvero riscopre vicende legate al passato (anni Trenta e Quaranta del Novecento) ma che non hanno mai avuto grande rilevanza nei libri di Storia. l’Io narrante femminile che Balzano utilizza ( lo scrittore è milanese, ha però origini pugliesi ) descrive Trina, giovane figlia di contadini che abita con essi e il fratello Peppi a Curon Venosta, paese del Trentino confinante con Austria e Svizzera. La ragazza sceglie istintivamente la strada dell’istruzione diventando maestra, ma si dedica inizialmente all’attività di “insegnante clandestina” istruendo alcuni bambini del borgo con il tedesco, mentre la lingua italiana “imposta” dalla dittatura fascista diventa quella ufficiale del territorio. Ci troviamo infatti in una terra di confine dove l’italiano non è parlato da nessuno. Le decisioni della dittatura vanno di pari passo col progetto, che fu annunciato per la prima volta nel 1911, della costruzione di una diga . Ciò acquista una certa concretezza durante il secondo conflitto mondiale, ma il tutto terminerà diversi anni dopo la fine dello stesso. Tale progetto, fiancheggiato dalla Montecatini, è una sorta di costante, o di spauracchio, che perseguiterà i protagonisti e gli abitanti di Curon per tutta la durata del testo. La prima parte che s’incentra sul passato vede Trina come personaggio diretto, legato alla terra e al bestiame, ma il suo non è un carattere tradizionale. Sposa Erich, un orfano che è di casa nella sua famiglia ,nella quale è considerato una sorta di figlioccio. Famiglia che ne favorisce ( o progetta) il matrimonio. Lei accetta, però è più legata ad amicizie femminili, ma ad una in particolare. Le tendenze omosessuali di Trina vengono soltanto accennate e comunque perderà le sue compagne dell’adolescenza, per forza di cose e del destino. Lo sguardo della scrittore s’incentra nel costruire, o meglio ricostruire (e recuperare) un mondo rurale fatto di semplicità, essenzialità, che si allontana in maniera spontanea dalla politica e dalle decisioni dall’alto. Il governo italiano, la lingua italiana, il fascismo, vengono visti come corpi estranei, invasori a 360 gradi. Una parte dei paesani parteggia poi per Hitler e brama per arruolarsi nell’esercito del fuhrer e dunque recarsi a vivere in Germania o in Austria . Il figlio di Trina, Michael è, ad esempio, un simpatizzante nazista ma il collante della storia è il personaggio di Marica, la figlia prediletta della donna, che viene sottratta con uno stratagemma alla sua famiglia dalla sorella di Erich e dal marito, privi di una propria prole e portata nel nord Europa. Tutta la narrazione che seguirà vedrà Marica come angelo scomparso al quale rivolgersi nel quotidiano, ma anche durante i momenti più drammatici della guerra . La seconda parte, ricca di colpi di scena, vede il personaggio del marito, Erich, davvero molto bello, farsi strada: carattere dal profilo più defilato, nasconde profondi sentimenti e l’arte del disegno dietro un’apparenza rude. Si diceva del sentimento antitaliano della popolazione di Curon. Esso è soltanto l’effetto della diffidenza per una cultura non assimilata, causa posizione geografica di confine. L’arrivo del progresso industriale (la Lancia, le acciaierie) cambia ad esempio le province di Bolzano e Merano con l’indotto di nuove popolazioni provenienti da altre regioni del nord o dal sud Italia. I capitoli dedicati alla guerra vedono Trina come protagonista di una fuga tra le montagne oltre il confine italiano. Trina e Erich dovranno vedersela con altri sfollati, disertori, famiglie sconosciute che li ospiteranno, giocoforza. Questa convivenza con (ad esempio) vari personaggi ( una donna grassa, un prete, una bambina muta etc) vede sviluppare nell’intreccio una ulteriore carica di empatia ed umanità, ma soprattutto di solidarietà, tra testimoni innocenti e involontari di prepotenze e derive tipiche dei regimi autoritari. Trina subisce varie evoluzioni: eroina, killer, amante di un occasionale e improvvisato toy boy. Quasi “onnipotente” nella sua disperazione, assisterà, calmatesi le acque, al declino di Erich che dopo avere combattuto in guerra (Cadore, Albania) deve fronteggiandosi con il compimento della fatale diga che seppellirà definitivamente Curon Venosta, salvando soltanto il campanile della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria: a tutt’oggi esso sorge a mezz’acqua. L’estrema ratio per la salvezza del piccolo borgo è affidata a Pio XII e a De Gasperi, chiamato in causa perché nacque nel Trentino, nel 1881, all’epoca territorio austro-ungarico. Ma tali personaggi illustri e potenti nulla possono contro decisioni ingrate che rappresentano l’arroganza di tutti i poteri, quelli cioè, dalla dittatura alla giovane democrazia, che si addentrano nel compimento di decisioni pregresse e assurde. Infatti una volta costruita, la diga sarà inutile, in quanto risulterà più conveniente acquistare l’energia dalla Francia. La terza parte, nella quale viene dibattuta la lotta degli abitanti contro il progetto della diga che prende sempre più consistenza, è molto interessante. Il tutto si completa con l’esproprio delle case, i caratteristici “masi”, di terreni ed identità. Veniamo allo stile del romanzo. Molto scorrevole, sia perché si svolge in prima persona, ma infine in quanto l’autore s’impegna a ricreare un mondo perduto e quei valori “sommersi” che riemergono dal profondo delle fondamenta dei masi seppelliti dalle acque. Molto intensi i personaggi dei genitori di Trina, in particolare quello della madre, mentre padre Alfred è una figura di religioso ricalcata su Alfred Rieder, che fu parroco di Curon per cinquanta anni.