Il sole a Mezzanotte: b-movie superficiale, si salva soltanto il figlio di Arnold Schwarzenegger, Patrick Cinema 26 Marzo 2018 di Romolo Ricapito Il Sole a Mezzanotte è un dramma americano ma girato nella British Columbia, Canada, diretto da Scott Speer e la cui principale attrattiva risiede nel protagonista maschile, Patrick Schwarzenegger, figlio di Arnold, al suo primo ruolo principale. Il giovane è figlio di Maria Shriver facente parte del clan Kennedy : sua nonna materna Eunice era la sorella del Presidente assassinato a Dallas nel 1963, JfK. Il film appartiene al filone dei film giovanilistici basati sulla “malattia” (incurabile) come Colpa delle Stelle e Resta anche Domani, quest’ultimo concernente una ragazza in coma. Qui la protagonista è affetta da xeroderma pigmentoso, “1 caso su 1 milione negli Stati Uniti” , come recita la sceneggiatura: non può assolutamente essere esposta alla luce del giorno e vive da reclusa da sempre, tra l’altro orfana della madre, scomparsa quando la ragazza era ancora una bambina e la cui responsabilità è da sempre tutta a carico del padre Jack (Rob Riggle). Durante una sortita all’esterno, ovviamente con le tenebre, la giovane Katie (Bella Thorne) incontra il bel Charlie (Schwarzenegger) ed è amore a prima vista. Questo incontro sarà il traino della speranza di una vita migliore, almeno a livello emotivo, per sopportare il suo stato di grandissimo disagio. Va detto che rispetto ai film precedentemente citati Il Sole a Mezzanotte è molto inferiore come produzione, regia, sceneggiatura e cast. Rob Riggle, ex marine, sembra un attore da B-movie e così tutti gli altri ad eccezione dal giovane Schwarzenegger, 25 anni il cui aspetto compito e sufficientemente espressivo faciliterà una buona carriera nell’ambito (per adesso) di film destinati al pubblico giovane, diciamo sotto i 30. La semplicità apparente della trama in definitiva non è sostenuta da un impianto adeguato: un po’ forse per il basso budget, ma anche perché effettivamente la qualità dello script non è eccelsa. Il film trova allora una sua ragione nell’esplorare le personalità dei due innamorati: Charlie stabilisce un trait d’union con la sua Bella (di nome e di fatto: l’attrice è appunto Bella Thorne) rivelando di avere vissuto un’adolescenza da “recluso”, non negli interni di casa come la quasi-coetanea, ma a causa della sua pratica sportiva semi-professionale da nuotatore, che lo escludeva dal sociale per gli intensi e continui allenamenti, tanto che i suoi coetanei lo chiamavano “quello della piscina”. Poi uno stupido incidente, dovuto a un salto da un tetto fino in piscina durante un party, causa bravata, ha prodotto l’interruzione della sua carriera nel nuoto presso una prestigiosa Università. Ma la “comunanza” nello status di “paria” è per Charlie momentanea, per Katie definitiva: è costretta a non guarire mai e nel tempo anche a perire. I pareri medici infatti a tale proposito parlano chiaro . Dopo una notte d’amore passata sul lago, la giovane rientra appena in tempo, o meglio quando il coprifuoco è già scaduto. La luce del giorno causa dei danni, ma questa volta rimediabili. Epperò non spiega al fidanzatino la ragione delle sue ritirate precoci, entro l’una di notte, quasi come una versione moderna di Cenerentola. C’è poi un altro ingrediente, musicale : Katie è un’appassionata cantautrice dilettante. Riuscirà ad incidere almeno un singolo di successo. La pellicola non è uniforme, tra scene modeste ambientate in interni, qualche festicciola per giovani, comprimari abbastanza inutili e un apparente guizzo di riscatto mediante rare sequenze significative. Il bello è che il tutto non è nemmeno originale perché mutuato da un film giapponese di una decina di anni fa diretto da Kenji Bando. Si può dire che il film risulta più pregnante e finalmente “vero” nel finale, quando una scelta estrema della protagonista dà finalmente un senso a tutto. Ma va detto che questa “risoluzione” è poi accompagnata da una superficialità tipicamente americana che conduce al “the end”, senza un happy end… Insomma un prodotto della cultura orientale è stato banalizzato con una sceneggiatura piuttosto inutile, se non scadente, e quindi l’americanizzazione della storia non pare riuscita. A ciò va aggiunto il pubblico di maleducati in sala che ridono nelle parti drammatiche senza nessun motivo. Questo da parte di giovani ragazze che affollavano una multisala barese il giorno di domenica 25, ma c’era anche un gruppo di bulletti e bullette che oltre a disturbare per circa 90 minuti il film tutto ha fatto tranne che guardarlo, tra continue suonerie azionate apposta per scherzo e l’uso costante dello smartphone per navigare su Facebook e finanche telefonare. E’ certo che la serata-campione da me prospettata è significativa, in quanto le risate unanimi nei passaggi più intensi e drammatici rivelano, come sufficiente test, che il pubblico che accede a questo film è composto abbastanza, anche se non esclusivamente, da elementi immaturi e superficiali. Al di là di ciò Il Sole a Mezzanotte spicca come un’opera non riuscita e la votazione è insufficiente, diciamo un 5. 26 marzo 2018