Afghanistan sotto le macerie e sotto il regime: il doppio terremoto delle donne Attualità Cronaca 7 Settembre 20257 Settembre 2025 di Cinzia Santoro A quattro anni dal ritorno dei talebani, l’Afghanistan, già messo a dura prova dalle leggi contro i diritti umani emanate dagli “studenti di Dio” al governo, è stato colpito domenica scorsa, nel cuore della notte, da una terribile sequenza di scosse telluriche di magnitudo 6. Secondo il rapporto della US Geological Organization, l’epicentro del terremoto è stato registrato a 35 km a nord del villaggio di Basaul, nel distretto di Mahmand Dareh, nella provincia di Nangarhar, a 10 km di profondità dal suolo. Secondo i rapporti locali, il terremoto ha causato danni e vittime nel distretto di Dareh Nour, sempre nella provincia di Nangarhar. L’ora del sisma è stata registrata alle 23:47 (ora locale), e circa 20 minuti dopo si è verificata un’altra scossa, di magnitudo 4.5, nella stessa zona. Circa 1.400 persone sono morte sotto le macerie e oltre 3.000 sono rimaste ferite. Le violente scosse hanno completamente distrutto alcuni villaggi, e raggiungere le aree colpite più isolate è ancora molto difficile. Con le strade bloccate, l’unico modo per portare soccorso ai sopravvissuti è a piedi. La priorità è fornire al più presto alle famiglie afghane colpite tende e ripari di emergenza, medicine, acqua potabile, cibo e ospedali da campo. “I danni sono al momento incalcolabili: le scosse di domenica scorsa e quelle successive di assestamento hanno danneggiato case, ospedali e infrastrutture. Le strade principali sono bloccate dalle macerie. I bambini, le persone anziane, le famiglie rimaste intrappolate in zone completamente isolate devono essere raggiunte al più presto.” Scrive Laura Iucci, responsabile della raccolta fondi organizzata da UNHCR Italia. Ma le conseguenze più estreme del terremoto sono ricadute sulle donne, oggetto delle rigide norme imposte dal regime talebano. Per legge, non può esservi alcun contatto tra una donna e un uomo che non sia un suo familiare. Scrive Il Post: “Alcuni testimoni hanno raccontato che, nel villaggio di Andarluckak, nella provincia del Kunar, la squadra dei soccorritori – interamente formata da uomini – ha fornito cure mediche a bambini e uomini adulti, ma si è rifiutata di curare donne e ragazze ferite. In uno dei villaggi più colpiti della provincia, Mazar Dara, i soccorritori si sono rifiutati di estrarre le donne intrappolate sotto le macerie delle case crollate, che hanno dovuto aspettare di essere liberate da donne provenienti da villaggi vicini.” Discriminate e abbandonate sotto le macerie, le donne afghane sono ancora una volta vittime della violenza di genere, figlia di una versione distorta della sharia, spesso confusa con la legge islamica, e della tradizione afghana di controllo e possesso femminile. UN Women, agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della promozione della parità di genere, ha dichiarato che saranno ancora una volta le donne a subire il peso maggiore del terremoto. L’attivista afghana Fatemeh Rezaei ha raccontato a Deutsche Welle che alcuni gruppi di donne si erano messi in viaggio per aiutare altre donne colpite dal terremoto, ma è stato loro impedito di procedere, sia dai talebani sia dagli uomini del posto. Lasciate agonizzanti sotto le macerie o estratte ferite e poi abbandonate a morire perché non ci sono dottoresse o infermiere disponibili per curarle: questo è il destino delle afghane, tradite dall’Occidente nell’agosto 2021. Ancora una volta, sul corpo delle donne si esercita tutta la violenza brutale e la disumanizzazione di un regime misogino e patriarcale. Un regime che, in quattro anni, ha condotto il Paese sull’orlo della carestia e del collasso, a causa della mancanza di fondi internazionali che in passato avevano garantito assistenza sanitaria e servizi essenziali. Amnesty International chiede alle autorità talebane di garantire un accesso immediato e senza ostacoli a tutte le organizzazioni umanitarie, e di rimuovere le barriere amministrative che rallentano la valutazione dei bisogni. Devono rispondere alle necessità delle comunità colpite e assicurare che le operazioni di soccorso e assistenza si svolgano senza discriminazioni. Occorre inoltre adottare misure specifiche per tutelare i diritti umani dei gruppi più vulnerabili, che nelle crisi affrontano sfide molteplici: donne, minori, anziani e persone con disabilità. Questi diritti devono essere rispettati e garantiti, sia durante le operazioni di soccorso sia nei successivi programmi di ricostruzione. “Nei momenti di emergenza è fondamentale che la protezione dei diritti umani sia posta al centro della risposta. Le autorità di fatto talebane devono adempiere ai propri obblighi in materia di diritti umani e adottare misure che facilitino la fornitura di assistenza umanitaria in modo non discriminatorio ed efficace, in grado di rispondere ai bisogni della popolazione.” 7 settembre 2025