La Vlora a Bari: un’accoglienza che ha cambiato la storia Comune di Bari Cronaca 9 Agosto 20259 Agosto 2025 di M. Siranush Quaranta L’evento dell’arrivo della nave Vlora a Bari è stato ricordato l’8 agosto presso il Comune di Bari dal sindaco Vito Leccese. L’8 agosto 1991 è una data scolpita nella memoria di Bari e dell’Italia intera. Quel giorno, una nave mercantile di nome Vlora, originariamente destinata a trasportare canna da zucchero, arrivò nel porto di Bari con un carico ben diverso: circa diciottomila albanesi, in fuga da un Paese in piena crisi politica ed economica. Questo evento non fu solo un’emergenza, ma un momento cruciale che mise alla prova la solidarietà e l’umanità di un’intera città. Ricordo dell’arrivo della Vlora a Bari nella Sala consigliare La Vlora partì da Durazzo, sovraffollato di persone che avevano un unico desiderio: un futuro migliore. Nicola Montano, all’epoca ispettore della polizia di frontiera, ricorda la scena con incredulità. L’ordine iniziale era di non far attraccare la nave, ma la realtà si impose con una forza travolgente. “C’era foschia, vedevo solo un’ombra. Poi pian piano vidi la gente ovunque. Rimasi a bocca aperta, non pensavo di poter vedere uno spettacolo del genere”, racconta Montano. La nave, come un’arca moderna, era un groviglio di corpi aggrappati l’uno all’altro, in cerca di speranza. Una volta raggiunta la costa, il caos si scatenò. Alcuni si gettarono in mare, nuotando verso la terra ferma; altri, una volta a terra, cercarono di fuggire. Ma la maggior parte delle persone venne concentrata nello Stadio della Vittoria, trasformato in un centro di accoglienza improvvisato. Tra loro c’era Eva Meksi, una ragazza di 24 anni che, da quel giorno, non ha più lasciato la Puglia. Eva racconta di aver percepito l’accoglienza dei baresi, nonostante l’isolamento e le difficoltà. “Anche se c’era gente attorno che voleva aiutarci ed eravamo chiusi e isolati all’interno dello stadio, comunque abbiamo sentito la loro accoglienza,” spiega. La sua fuga dallo stadio le permise di incontrare persone semplici che le offrirono il primo aiuto. “È grazie a loro che io oggi sono ancora qui.” L’accoglienza del popolo barese si scontrò con le direttive e le polemiche del governo centrale. L’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, criticò aspramente la gestione dell’emergenza da parte del prefetto di Bari, Giuseppe Dalfino, arrivando a definirlo “un cretino”. Queste parole, riportate da suo figlio, mostrano la distanza tra la percezione politica e la realtà vissuta sul campo. Giuseppe Dalfino, ricordato come un “intellettuale e al tempo stesso un uomo semplice,” fu profondamente segnato da questa vicenda. Il figlio di Dalfino, ancora oggi, riceve testimonianze dell’affetto e della stima che legavano le persone a suo padre. Il dolore causato da quelle accuse trovò pace anche grazie all’installazione di Jasmine Pignatelli, “Sono persone,” che ha restituito alla vicenda la giusta prospettiva: non un’emergenza di numeri, ma un evento che riguardava migliaia di vite umane. La famiglia Nasufi riceve la cittadinanza italiana Oggi, a decenni di distanza, il ricordo di quell’evento è ancora vivo e viene celebrato in momenti ufficiali, come la cerimonia che si è svolta in Comune a Bari. In questa occasione, il sindaco Vito Leccese ha conferito la cittadinanza italiana a una famiglia che ha scelto Bari come sua nuova casa quasi 30 anni fa, Daniela e Astrit Nasufi: qui è nato e cresce il loro figlio Daniel. È stato un percorso lungo fino alla cittadinanza”. È grazie a tutti se ce l’abbiamo fatta”, ha commentato Astrit Nasufi, visibilmente emozionato. Questo gesto simbolico rappresenta la conclusione di un percorso di integrazione e l’inizio di una nuova fase, in cui i migranti di un tempo diventano cittadini a pieno titolo. Le celebrazioni hanno visto la partecipazione di figure importanti, sia albanesi che italiane, che hanno vissuto in prima persona quell’evento o che ne mantengono viva la memoria. Tra i presenti c’erano Artur Bardhi, viceconsole di Albania a Bari, e Albana Tare, funzionaria del consolato. I testimoni diretti, come Mimmo Magistro, Nicola Montano, Saverio D’Alonzo, e ovviamente Eva Meksi, hanno riportato alla luce i ricordi di quei giorni, offrendo una prospettiva unica e personale. L’artista Duli Caja, autore dell’arazzo esposto nella sala giunta di Palazzo di Città che raffigura l’arrivo della Vlora, ha contribuito a trasformare la storia in arte, rendendola immortale. L’arrivo della Vlora non è stato un semplice sbarco, ma una lezione di storia, umanità e accoglienza. È un capitolo che ha definito il carattere di una città, Bari, e che continua a ispirare e a far riflettere sull’importanza della solidarietà e dell’integrazione. La storia di Eva, Astrit e di tante altre persone dimostra come un’accoglienza, seppur difficile, possa gettare le basi per una nuova vita e un futuro condiviso.