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Udienza in Aula Paolo VI di Papa Leone XIV per il Giubileo delle Chiese Orientali. Ultima celebrazione in rito bizantino

Udienza di Leone XIV in Aula Paolo VI
Maria Silvia Quaranta

di M. Siranush Quaranta

Questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Leone XIV ha ricevuto in Udienza i partecipanti al Giubileo delle Chiese Orientali, rivolgendo loro un profondo e sentito discorso, rilanciando l’appello per far tornare nel mondo “la dignità della pace”.

Il Papa Leone XIV nell'aula Paolo VI
Il Papa Leone XIV nell’aula Paolo VI

Il Santo Padre ha esordito “Benvenuti a Roma! Sono felice di incontrarvi e di dedicare ai fedeli orientali uno dei primi incontri del mio pontificato. Siete preziosi. Guardando a voi, penso alla varietà delle vostre provenienze, alla storia gloriosa e alle aspre sofferenze che molte vostre comunità hanno patito o patiscono. E vorrei ribadire quanto delle Chiese Orientali disse Papa Francesco: «Sono Chiese che vanno amate: custodiscono tradizioni spirituali e sapienziali uniche, e hanno tanto da dirci sulla vita cristiana, sulla sinodalità e sulla liturgia; pensiamo ai padri antichi, ai Concili, al monachesimo: tesori inestimabili per la Chiesa»”. Il Pontefice ha poi continuato ricordando come Leone XIII fu il primo Papa a dedicare un documento alle Chiese Orientali, in quanto riteneva che “l’opera della redenzione umana iniziò nell’Oriente (…). Egli espresse un accorato appello affinché la «legittima varietà di liturgia e di disciplina orientale […] ridondi a […] grande decoro e utilità della Chiesa». La sua preoccupazione di allora è molto attuale, perché ai nostri giorni tanti fratelli e sorelle orientali, tra cui diversi di voi, costretti a fuggire dai loro territori di origine a causa di guerra e persecuzioni, di instabilità e povertà, rischiano, arrivando in Occidente, di perdere, oltre alla patria, anche la propria identità religiosa. E così, con il passare delle generazioni, si smarrisce il patrimonio inestimabile delle Chiese Orientali. Oltre un secolo fa, Leone XIII notò che «la conservazione dei riti orientali è più importante di quanto si creda» e a questo fine prescrisse persino che «qualsiasi missionario latino, del clero secolare o regolare, che con consigli o aiuti attiri qualche orientale al rito latino» fosse «destituito ed escluso dal suo ufficio». Accogliamo l’appello a custodire e promuovere l’Oriente cristiano, soprattutto nella diaspora”. In questo senso è indispensabile il lavoro del Dicastero per le Chiese Orientali, che aiuta il Papa a definire “principi, norme, linee-guida attraverso cui i Pastori latini possano concretamente sostenere i cattolici orientali della diaspora e a preservare le loro tradizioni viventi e ad arricchire con la loro specificità il contesto in cui vivono”.

È importantissimo l’apporto dell’Oriente cristiano all’interno della chiesa: “Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! – ha continuato Leone XIV-. (…) Perciò è fondamentale custodire le vostre tradizioni senza annacquarle, magari per praticità e comodità, così che non vengano corrotte da uno spirito consumistico e utilitarista. Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove, sono medicinali. In esse il senso drammatico della miseria umana si fonde con lo stupore per la misericordia divina, così che le nostre bassezze non provochino disperazione, ma invitino ad accogliere la grazia di essere creature risanate, divinizzate ed elevate alle altezze celesti”.

D’altronde chi più di questi popoli conosce da vicino gli orrori della guerra tanto che “Papa Francesco chiamò le vostre Chiese «martiriali». È vero: dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso, quanta violenza! E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite, che dovrebbero provocare sdegno, perché, in nome della conquista militare, a morire sono le persone, si staglia un appello: non tanto quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: «Pace a voi!». E specifica: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi». La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare”. Il Santo Padre sin dalle sue prime parole ha parlato di pace e durante l’Udienza vi si è soffermato più volte:” Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi. La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!”. A concludere il discorso papale il ringraziamento al popolo d’Oriente “da cui è sorto Gesù, il Sole di giustizia, per essere “luci del mondo”. Continuate a brillare per fede, speranza e carità, e per null’altro. (…). Lo splendore dell’Oriente cristiano domanda, oggi più che mai, libertà da ogni dipendenza mondana e da ogni tendenza contraria alla comunione, per essere fedeli nell’obbedienza e nella testimonianza evangeliche”.

Il patriarca armeno Raphael Bedros XXI MInassian
Il patriarca armeno Raphael Bedros XXI MInassian
Il vescovo Donato Oliverio eparca di Lungro
Il vescovo Donato Oliverio eparca di Lungro

A fine Udienza il Papa ha ricevuto il saluto delle Beatitudini, dell’Eminenza, delle Eccellenze che hanno presieduto ai vari riti orientali del Giubileo: tra questi il patriarca armeno Raphael Bedros XXI Minassian, il vescovo Donato Oliverio, di etnia arbёreshe, eparca di Lungro degli Italo-Albanesi (chiesa bizantina). Mons. Oliverio ha consegnato al Papa la lettera pastorale “2025: un anno di Grazia. Cristiani in cammino verso l’unità, guardando a Nicea”.

Divina Liturgia in rito bizantino @vaticannews.it
Divina Liturgia in rito bizantino @vaticannews.it

Alle 14:00 l’ultima celebrazione è stata la Divina Liturgia in rito bizantino, che si è tenuta nella Basilica di San Pietro, presieduta dal Patriarca della chiesa greco-cattolica melchita Joseph Absi, con l’omelia del capo della chiesa greco-cattolica ucraina l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchhuk, con la presenza del cardinale Gugerotti: la liturgia ha la particolarità di essere cantata per intero, e in questa occasione si sono alternate diverse lingue (greco, slavo ecclesiastico, romeno, ucraino, ungherese, inglese). Il cardinale Claudio Gugerotti, alla fine della cerimonia, ha ribadito che “la Chiesa è una perché è varia, non perché uniforme”, ed è in questa varietà che viene assolto il compito affidato dal Papa al Dicastero “di sostenere, difendere, proteggere le Chiese Orientali sia nei loro territori, sia laddove sono stati portati dalla violenza delle guerre, delle sopraffazioni e delle persecuzioni”.

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