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Dal codice rosso ai luoghi di lavoro: le forme e i volti della violenza di genere

"Dal codice rosso ai luoghi di lavoro; le forme e i volti della violenza di genere”

di Elena Manigrasso

Tribunale di Taranto

Il dipartimento Jonico di Taranto-Università degli Studi di Bari Aldo Moro, in collaborazione con l’associazione Sud Est Donne e Alzaia Onlus da sempre impegnate ad accogliere e supportare in maniera concreta le donne che subiscono violenza, ha dato inizio ad un interessante corso per le competenze trasversali: “Il contrasto alla violenza di genere: una prospettiva multilivello e interdisciplinare”.

"Dal codice rosso ai luoghi di lavoro; le forme e i volti della violenza di genere”

Il corso ha iniziato i suoi lavori il 7 marzo 2025, è giunto alla sua IV edizione ed intende fornire gli strumenti utili per promuovere una nuova educazione di genere.

L’appuntamento di venerdì 14 marzo presso l’aula Miro del Tribunale di Taranto aveva una traccia introduttiva impegnativa e una serie di relatori e relatrici prestigiosi “Dal codice rosso ai luoghi di lavoro: le forme e i volti della violenza di genere”. Sono intervenuti la senatrice 𝗩𝗮𝗹𝗲𝗿𝗶𝗮 𝗩𝗮𝗹𝗲𝗻𝘁𝗲, 𝗣𝗮𝗼𝗹𝗮 𝗗𝗶 𝗡𝗶𝗰𝗼𝗹𝗮 𝗧𝗿𝗮𝘃𝗮𝗴𝗹𝗶𝗻𝗶, magistrata e consigliera della Corte di Cassazione, 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗲𝘀𝗰𝗼 𝗠𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝘁𝗼, procuratore della Repubblica di Tivoli, l’avvocata Filomena Zaccaria.

L’aula era gremita, era suggestivo vedere un insieme di forze che si stringevano contro la violenza di genere: magistratura, avvocatura, centri antiviolenza sentivano il bisogno di inserire uno sguardo nuovo nell’impianto giuridico, ancora spesso inadeguato nel tutelare le donne vittime di violenza.

Forze che hanno costantemente riportato il focus sulla necessità di un cambiamento culturale che possa finalmente garantire “il diritto umano inviolabile di vivere libere dalla violenza”.

Per le donne vittime di violenza questo diritto umano non riesce subito ad emergere. Ci vuole tempo. Si deve poter raccontare anche a se stesse la propria storia, una storia dolorosa. Prima di questo passaggio si potrebbe addirittura tornare dal carnefice, si potrebbe ritornare in quel rapporto di forza dove uno domina e l’altra soccombe. La violenza di genere altro non è che una relazione tra sovrapposti e sottoposti; come in alcuni ambienti di lavoro, come nelle famiglie apparentemente perbene. Come negli Stati autoritari. Un Inferno per chi lo vive. E non necessariamente sono i compagni o mariti i carnefici, lo sono anche altri intimi del nucleo familiare, come padri o fratelli.

Tutto questo avviene con una percentuale troppo alta nelle nostre case, nel luogo che dovrebbe essere protettivo e invece risulta pericoloso, mortificante, umiliante per le donne.

La donna per poter tenere in piedi la famiglia in una situazione maltrattante, cerca di ridimensionare i suoi impegni, le sue aspirazioni, le sue ambizioni; un grande danno per se stessa e per l’intera comunità che rinuncia all’humanitas di quella persona.

Eppure l’articolo 572 è chiaro all’interno del nostro Codice Penale.

La Magistrata Paola di Nicola Travaglini dichiara che come donna “è mio diritto umano non avere paura, evitare maltrattamenti di mariti, fratelli, padri, colleghi di lavoro”. È una organizzazione culturale criminale quella che ferisce le donne, le uccide. Ed ha un nome specifico: Femminicidio. È una organizzazione criminale come la criminalità mafiosa, organizzata in modo sistemico per attaccare ed eliminare, per ricevere profitto.

È importante allora per un Giudice non fermarsi davanti ad una denuncia ritrattata, bisogna vederci chiaro, bisogna ricostruire quella relazione di potere.

È il momento di finire di chiamare la procura che si interessa di soggetti deboli “Procurina”, il lavoro che viene svolto nel suo interno è immenso, le carte gridano e richiedono, sotto vari aspetti, forme di aiuto.

“È roba per magistrati giovani”, si sentiva dire 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗲𝘀𝗰𝗼 𝗠𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝘁𝗼, procuratore della Repubblica di Tivoli, “lascialo fare agli appena arrivati”. E invece no, la dignità delle donne non è subalterna a niente e nessuno. Non è Procurina, come si sentiva dire anche il Giudice Roia presso il foro di Milano.

Altra accusa che si rivolge alle donne, dichiara il Procuratore, è che le denunce delle donne siano strumentali per motivi economici. Non esiste, si ritira per avere meno problemi col maltrattante, che non vuole cedere di neanche di un centimetro il suo potere, la sua dominanza.

E questa dobbiamo combatterla insieme, la dominanza. Ma abbiamo bisogno di forze in sintonia. L’esempio è stata l’aula gremita “Miro” del Tribunale di Taranto. Da ricordare il grande lavoro di coordinamento per i primi due incontri della dottoressa Angela Lacitignola e dell’avvocata Filomena Zaccaria.

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