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Giuseppe Palumbo: tra noir e western nel fumetto italiano

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                     in copetina- Palumbo durante la performance al Romics
Palumbo con Domenico De Cosmo

di Domenico De Cosmo

Giuseppe Palumbo all’opera con i fans

Incontro Giuseppe nella ressa del padiglione 7 del Romics, fra fans assatanati e cosplay variopinti. Come sempre gentile e disponibile, mi concede qualche minuto mentre dedica al pubblico disegni a pennarello di Diabolik ed Eva Kant sull’albo da lui stesso disegnato e pubblicato qualche mese fa da Astorina. Conosco Giuseppe da tantissimi anni e gli sono sempre grato per aver contribuito a pubblicare su Frigidaire una mia strampalata storia a strisce qualche anno fa. Sempre in quei famigerati anni ’90, lui era fra i fondatori della rivista Cyborg (Granata Press), rivista italiana di fumetti di fantascienza e cyberpunk, generi che all’epoca erano particolarmente popolari.

Grazie ai testi di Daniele Brolli,Cyborg gli permette di cimentarsi con narrazioni complesse e sperimentali, affrontando temi come l’ibridazione uomo-macchina e le problematiche della società iper-tecnologica. Il suo contributo è considerato significativo perché dimostra una fase di ricerca e di evoluzione del suo stile, che si sarebbe ulteriormente affinato nelle successive graphic novel a sfondo sociale e storico.Nato a Matera nel 1964, inizia la sua carriera artistica nel 1984, con la creazione del personaggio Ramarro, pubblicato sulla rivista Frigidaire, il primo supereroe masochista del fumetto, un antieroe provocatorio che rappresenta una risposta satirica al genere supereroistico tradizionale. Questo personaggio mette in risalto il talento di Palumbo per l’ironia e l’estetica underground, segnando il suo stile iconoclasta e sperimentale.

Diabolik, Eva Kant e Ginko in un poster

Negli anni, Palumbo ha collaborato con diverse riviste culturali, con l’illustrazione editoriale e la comunicazione visiva: Edizioni BDComma 22MondadoriFeltrinelliKōdansha e Rizzoli, attraverso le quali ha sperimentato vari stili e registri narrativi. Ma il punto di svolta nella sua carriera avviene nel 2000, quando ricostruisce con Alfredo Castelli il numero uno di Diabolik, uno dei personaggi più iconici del fumetto italiano, creato da Angela e Luciana Giussani. Con Diabolik, Palumbo ha la possibilità di esprimere uno stile visivo diverso, più raffinato e calibrato sulle esigenze del noir, mantenendo comunque la sua impronta personale nella drammaticità delle scene e nella costruzione delle atmosfere cupe e misteriose. Ma facciamo un passo indietro. Da Tosca la Mosca a Diabolik. ARGH! Ma quanto si è evoluto il percorso artistico di Giuseppe Palumbo?
Un fatto è certo. Sono diventato noto per essere il creatore della serie a fumetti Ramarro. L’esperienza con Frigidaire fa parte del periodo “ribelle”, underground, e si inserisce nella fase iniziale della mia carriera, quando ero il “Matto Creativo” della rivista. Con questo personaggio ho vinto il premio Treviso Comics nel 1990. Ed è lì che ho conosciuto Sergio Bonelli in persona, che in quell’occasione mi strinse la mano e mi fece i complimenti. Anche se all’epoca, per un ribelle come me, Bonelli era un po’ il nemico, l’avversario da cui ci si voleva distanziare nella nostra ricerca di storie diverse. Ma lui mi invitò a Milano, ed è iniziata di lì la mia avventura.In che modo il periodo di lavoro con Sergio Bonelli ha influenzato la tua arte?Ha segnato un passaggio verso uno stile più mainstream, pur mantenendo una mia forte impronta personale. Con Alfredo Castelli nel 1994 ho disegnato per la serie Martin Mystère in “Tre misteri italiani”, l’episodio ambientato a Matera, che ha arricchito ulteriormente il quadro del mio percorso, in quanto ho avuto la prima opportunità di collaborare con altri autori di spicco nel panorama del fumetto italiano. Lavorare con Bonelli ha rappresentato una svolta, ha aperto il mio lavoro ad un pubblico più vasto. Disegnare per Martin Mystère mi ha spinto a sviluppare uno stile di bianco e nero più leggibile e coerente, pur mantenendo la mia creatività.Ma quanto Castelli è stato influente sullo sviluppo della storia?Molto, tanto nel complesso, il suo zampino è dovunque, mi chiamava un giorno sì e uno pure… tant’è che avevo paura che mi dicesse “Adesso la riscrivo!”. Ho sviluppato il soggetto della storia, ma Castelli ha contribuito significativamente alla sceneggiatura, anche se, per sua volontà, non è mai stato accreditato. Eh sì, Alfredo e la sua verve mancano a tutti… E così abbiamo sviluppato un forte rapporto personale, che mi ha permesso di raccontare storie in bianco e nero in maniera leggibile, coerente, in cui si fondono mistero, archeologia e avventura, adattandomi a generi diversi pur mantenendo il mio stile. Sempre grazie a lui nel 2018 ho collaborato a Dylan Dog; ciò mi ha permesso di esplorare atmosfere oscure e temi horror. Mi sono divertito ad utilizzare il chiaroscuro in modo espressivo, caratteristica che arricchisce le atmosfere oniriche e cupe di Dylan Dog, e una tecnica di disegno che evidenzia la tensione e l’angoscia dei personaggi. Ne “L’abisso del male”, questo si traduce in un tratto che accentua l’orrore e la suspense, rendendo le scene particolarmente intense e coinvolgenti.L’ultimo tuo albo con Bonelli?Ebbene sì, c è anche lui, il Texone! 240 pagine di puro western scritto da Jacopo Rauch, a tratti cupo, ma sempre rispettando il mio stile, non snaturando il personaggio, che è pur sempre un’icona del fumetto italiano. Si tratta del quarantesimo numero dell’ormai storica collana del personaggio, che negli anni ha ospitato autori come Guido Buzzelli, Magnus, Ivo Milazzo, Joe Kubert ed Enrique Breccia. “Sierrita Mountains” è stata davvero una grande fatica, ma ne è valsa la pena. Per questa impresa ho ricevuto il premio dell’InnovaComiX, l’International Comic Art Festival di Lugano, il Cygne d’Or per ‘Miglior disegno’.Rilevante anche il tuo impegno come insegnante. Con la tua carriera eclettica e il tuo stile, hai influenzato molti giovani autori, mostrando come il fumetto possa essere un mezzo d’espressione artistica versatile, inconfondibile capace di spaziare dal pop alla critica sociale.Ho tenuto corsi e workshop in scuole di fumetto, tra cui la Scuola Internazionale di Comics, condividendo la mia passione per il fumetto con le nuove generazioni di fumettisti.  Da citare anche Action 30, di cui sono fondatore, e che fa del Graphic Essays uno dei principali terreni di ricerca del Collettivo: tutto è cominciato da una sperimentazione “su carta”, per poi svilupparsi nella dimensione live e postmediale delle performance e dei saggi-spettacolo.Hai anche intrapreso percorsi artistici più personali attraverso il graphic novel, dimostrando una forte propensione per narrazioni profonde e impegnate, contribuendo a definirti come uno degli autori più innovativi e rispettati nel panorama italiano e internazionale.Citiamo per onore di cronaca Tomka, il gitano di Guernica (con Massimo Carlotto, Rizzoli Libri, 2007), uno dei lavori più apprezzati: racconta la guerra civile spagnola e le sue atrocità attraverso gli occhi di un giovane gitano. Escobar, El patrón, (Mondadori 2017, scritto da Guido Piccoli e colorato da Arianna Farricella), figura contraddittoria raccontata in modo fedele fino al tragico epilogo della sua vita romanzesca. La sola cura, (Oblomov 2024), in cui racconto la sorprendente vicenda umana di Ludovico Nicola di Giura, medico lucano protagonista e testimone della trasformazione della Cina da Impero millenario a Repubblica.

Tutte opere che testimoniano il modo in cui Palumbo cerca sempre di utilizzare il fumetto come mezzo per riflettere e sensibilizzare su eventi storici e tematiche umane, il fumetto inteso come arte completa, in cui l’immagine e la narrazione si fondono per affrontare temi universali e contemporanei. Ecco le sue mostre più importanti negli ultimi anni:

  1. “Diabolik: 55 anni in nero” (2017) – Milano, Museo della Permanente
    dove si sono celebrati i 55 anni del personaggio Diabolik.
  2. “Fumetto Italiano. Cinquant’anni di romanzi disegnati”(2018) – Parigi, Istituto Italiano di Cultura, panoramica sul fumetto italiano, con opere di autori di spicco.
  3. Tomka e altre storie” (2019) – Matera, Museo Nazionale di Palazzo Lanfranchi.
    Dedicata alle opere di Palumbo, questa mostra ha esplorato le tavole del graphic novel.
  4. “Popstairs” (2020) – Matera, in cui Palumbo ha realizzato murales in città, portando i suoi personaggi nei luoghi pubblici di Matera.
  5. “Diabolik alla Mole” (2022) – Torino, Museo Nazionale del Cinema, per celebrare il legame tra Diabolik e il cinema.
  6. “Nero su Bianco” (2023) – Bologna, Spazio Bianco, una retrospettiva su Diabolik e Dylan Dog, che ha messo in risalto la maestria dell’artista nell’uso del chiaroscuro per creare atmosfere noir.

Il tutto mentre nel padiglione 8 il pubblico si delizia girando sorpresi e ammirati dalla maestria che l’autore sfoggia nelle tavoli originali di Ramarro, Tex, Diabolik, all’interno della sua coinvolgente mostra Nel labirinto, e Giuseppe aggiunge al suo palmares un altro premio: il Romics d’oro 2024.

Ad Maiora Capitano!

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