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La Manna di San Nicola tra storia, miti e leggende

Tavola rotonda "La Manna di San Nicola"
Maria Silvia Quaranta

di M. Siranush Quaranta

 Il 23 maggio presso il Museo Civico di Bari, ad arricchire la mostra “Riflessi Nicolaiani. Luce e colore tra passato e presente” dedicata alle antiche ampolle dipinte a mano contenenti la Manna del Santo, visitabile fino al 2 giugno, si è svolta l’interessante tavola rotonda “La Manna di San Nicola: mito e storia, religione e scienza, arte e folklore”. I relatori presenti, magistralmente introdotti da Giorgia Cutino direttore del Centro Studi Europeo Nikolaos (Ce.S.E.N.), hanno offerto al pubblico presente una pennellata storico- folkloristica sul Santo più conosciuto e amato nel mondo. Nello specifico si sono alternati, dopo i saluti del presidente della Fondazione Nikolaos dott. Vito Giordano Cardone, la prof.ssa Maria De Mola, storico dell’arte e presidente di Storia Patria per la Puglia – sezione di Fasano, il prof. Nicola Cutino, presidente dell’Associazione Mondo Antico e Tempi Moderni onlus, il prof. Marco Caratozzolo, docente associato di Slavistica dell’Università degli Studi di Bergamo.

Marco Caratozzolo, Maria De Mola, Giorgia Cutino e Nicola Cutino
Marco Caratozzolo, Maria De Mola, Giorgia Cutino e Nicola Cutino

L’incontro ha voluto contribuire ad approfondire la figura di San Nicola, una presenza costante nella vita dei baresi e di tutti i fedeli, nei vari aspetti storici, interculturali, artistici, con un approccio anche ai miti e alle leggende sia italiane che dell’area slava. Molte sono le sue attribuzioni, taumaturgo, difensore della fede e della dottrina, difensore delle fanciulle in età da marito e dei bambini, benefattore; ma al tempo stesso il Santo “incarna il personaggio storico e il mito, protagonista di un culto che si ripete e si rinnova nella città di Bari, trasferendosi sulle ali della fede e della devozione popolare in realtà geografiche e storico-culturali molto differenti tra loro”, ha introdotto Giorgia Cutino. Le storie su San Nicola sono quelle che l’iconografia ci tramanda fin dai tempi più antichi, sia sulla vita e sia su come le sue spoglie divengono nel Medioevo il simbolo del traffico e del furto delle reliquie, in quel Mediterraneo “maremagnum” che ne alimenta il traffico, dove le reliquie attribuite ai santi o a Cristo stesso divennero oggetti di culto diffuso, suscitando contestazioni al limite dell’eresia da parte dei più celebri teologi del tempo.

La prof.ssa De Mola ha esaminato gli aspetti legati all’iconografia artistica nicolaiana, in riferimento alle diverse forme di pellegrinaggio, alla presenza architettonica sul territorio fasanese e all’importanza delle ampolle per la mirra/manna. Già Dante nella Vita Nova identifica i pellegrini in tre modi: Romei per Roma, Peregrini per Santiago di Compostela, Palmieri per la Terra Santa (Gerusalemme). Quindi la tradizione dei segni del pellegrinaggio diventa fondamentale nel crogiolo degli itinerari: la Burdigalense, la Via Francigena, la via della Prima Crociata che unisce città e santuari.

Slide sulle insegne del pellegrino
Slide sulle insegne del pellegrino

I segni più importanti erano le medagliette, le croci, le conchiglie, che venivano cucite sul cappello del pellegrino. Tante sono le placchette raffinate in piombo dedicate a San Nicola, trovate in zone lontanissime tra loro lungo la Via Francigena. Oltre ai ciondoli vi erano le ampolle ancorate con laccetti; molto diffuse raccoglievano olii, acqua santa, manna. A Fasano la viabilità romana è fondamentale per il pellegrinaggio e accompagna tutta la piana degli Ulivi Secolari dove insistono diversi insediamenti rupestri che mantengono affreschi di San Nicola: la Chiesa Lama d’Antico (indicata nel 1754 come Chiesa di San Nicolò delle sete); la Cripta di Santa Vigilia; la Cripta di S. Lorenzo ed Euplo; la Cripta di S. Francesco.

Intervento di Nicola Cutino sulle iscrizioni baresi
Intervento di Nicola Cutino sulle iscrizioni baresi

Il culto di S. Nicola nella storia e nella letteratura è simbolo di fede e speranza, per cui si rende necessario il rigore nell’analisi delle fonti, indispensabili alla ricerca storica. Il prof Nicola Cutino ha approfondito la tradizione votiva barese sulla manna nicolaiana tra fede, scienza e folcklore. Rilevanti appaiono le informazioni presenti nelle iscrizioni, come quella visibile all’ingresso della Corte del Catepano, prima di entrare nella cittadella nicolaiana, che sintetizza la missione del Santo, o ancora le parole di Niceforo quando nel 1089 le ossa del Santo vengono riposte nel sarcofago, come anche un Responsorio presente nella Basilica di San Nicola. Passando poi alla traslazione, i cui 4 cronisti furono Niceforo e l’Arcidiacono Giovanni nel 1088, il compilatore Franco e l’anonimo russo nel 1095, tra i protagonisti della vicenda, oltre all’equipaggio della chelandia (imbarcazione veloce del XV secolo), una figura di spicco fu quella dell’Abate Elia: priore del monastero di San Benedetto è un uomo dalle conoscenze sacre ed edotto ai saperi del mondo. È lui che custodisce i resti del Santo sino alla costruzione della cripta, avvenuta in due anni, che con l’arrivo di Papa Urbano II qui vengono alloggiati. Ed è nella cripta della Basilica, sulla destra, che si trova la sua tomba.

L’umanità ha condiviso nei secoli la venerazione al Santo, dando luogo a storie e miti, soprattutto nell’est-europeo. Il prof. Caratozzolo, slavista, ha proposto una visione di San Nicola attraverso il folklore russo, in particolare guardando alle fonti sulle leggende e le favole diffuse per iscritto tra la seconda metà dell’800 e l’inizio del 900 sul Santo dei russi, bielorussi e ucraini che compongono la Slavia orientale.

Nel loro folklore San Nicola viene identificato con 4 parole, l’ultima delle quali è l’elemento di novità rispetto alla tradizione occidentale: S. Nicola di Myra, il Taumaturgo, il Misericordioso, poi abbiamo la parola Ugodnik, sinonimo di Santo con una sfumatura più familiare, quasi che egli possa uscire dai canoni della santità ieratica per avvicinarsi al popolo e soddisfare tutte le sue esigenze anche materiali. Questa è la grande frattura per i russi: le esigenze materiali, la quotidianità con le sue sofferenze, il perdono dei peccatori e la difesa dei deboli; dove Dio vorrebbe aiutare ma spesso è distratto da cose più grandi e allora per i bisogni di tutti i giorni intervengono la Madre di Dio e San Nicola (nel XVI secolo era considerato parte della Trinità). Per i russi il Santo è quello che viene più in soccorso, è il più presente, ed è rappresentato sempre in cammino per trovarsi nel luogo giusto al momento giusto. Quando si chiede a un russo qual è il Santo per eccellenza, lui dirà S. Nicola o Nicola di Myra; ma Nicola non era russo nonostante sia ben radicato in quel territorio. Di fatto è una figura che nel folclore viene in continuazione legata alla terra straniera non solo quella di provenienza, ma anche all’Italia, e i suoi tratti stranieri e la carnagione scura sono evidenti, eppure i russi lo considerano il più russo dei santi.  

Immagine di San Nicola di Zarajsk
Immagine di San Nicola di Zarajsk

Lo stesso scrittore Fedor Dostoevskij, che era molto devoto a San Nicola, era un cristiano particolare nel senso che nelle sue opere egli mise in dubbio la fede incrollabile che aveva. Il padre possedeva una tenuta in una cittadina non lontano da Mosca e vicino alla zona di Zarajsk, dove è stata trovata la famosa icona di Nicola con le braccia aperte. Questo ci fa capire che Dostoevskij alla sua maniera, abbia preso San Nicola, lo abbia studiato e lo abbia messo da qualche parte celato nelle sue opere. L’ultima ricerca del professore è sulla più famosa leggenda russa che riguarda San Nicola la “Leggenda di Cassiano e Nicola”, dove Cassiano è l’eroe negativo che non aiuta il bisognoso, mentre Nicola è il santo caritatevole. Emblematica è la risposta di Dio: “Allora tu Nicola che hai aiutato il contadino sarai festeggiato quattro volte all’anno, tu Cassiano che non hai voluto aiutarlo sarai festeggiato una volta ogni quattro anni”: ed infatti per il calendario ortodosso San Cassiano è il 29 febbraio. Cassiano è uno di quei santi demoniaci, che spesso viene rappresentato come guardiano degli inferi e compie dei rituali macabri. Dostoevskij aveva sicuramente letto questa leggenda pubblicata la prima volta nel 1859, e quando scrive “Delitto e castigo”, l’attinenza a questa leggenda compare nell’idea dei due Nicola, l’imbianchino buono che prende i peccati degli altri e il terribile contadino ubriaco. I Nicola sono due perché l’autore ci indica i due cammini che il suo protagonista può scegliere: o stare per il bene o per il male.

Possiamo in conclusione dire che nella Russia del nord predomina il S. Nicola che aiuta, in Ucraina il Santo è più dispettoso con un folklore più colorito, in Bielorussia Nicola aiuta tutti, è compassionevole e presente nella vita quotidiana, sempre in mezzo al popolo.

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