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Don Tonino Bello paladino degli Ultimi e del Meridione d’Italia: la sua eredità culturale 

di M. Siranush Quaranta

Don Tonino Bello

Il 21 aprile l’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari, ha organizzato un incontro dal titolo Sud”Arca di pace”, per riscoprire, a 30 anni dalla morte, la figura e il pensiero di don Tonino Bello, salentino, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi. L’evento è stato organizzato dai dipartimenti di Scienze della formazione, psicologia e comunicazione e di Ricerca e innovazione umanistica, con i professori Luigi Cazzato e Maristella Gatto.

Le relazioni moderate da Domenico Castellaneta, caporedattore di Repubblica Bari, sono state intervallate dagli stacchi musicali e dalle letture tratte da “Messa laica per don Tonino Bello” eseguiti dai Radiodervish.

Michele Lobaccaro è Alessandro Pipino di Radiodervisch

Tutti gli intervenuti hanno  subìto l’influenza di questa figura, o perché lo hanno conosciuto in vita o attraverso i suoi insegnamenti. Famose le sue frasi: “ Sud arca di pace e non arco di guerra”,”La convivialità delle differenze”,“la Chiesa del grembiule, che si deve riappropriare della sua funzione di voce degli ultimi”.

Per don Tonino il termine Pace ha sempre richiamato alla lotta, all’azione, alla costruzione attraverso la cooperazione, e la prof.ssa Gabriella Falcicchio (Dip. Forpsicom) ha paragonato le sue riflessioni a quelle di Aldo Capitini (filosofo, politico antifascista, poeta, educatore) quando parla di “fratelli nella non-violenza”e di “non-violenza non come antitesi della guerra ma come lotta”.

Il suo pensiero forte ed originale, capace di conciliare la dottrina religiosa e quella laica, si è rivolto a tutti gli uomini, sin dal suo primo discorso da vescovo a Molfetta, quando apparve subito fuori dagli schemi e dall’usuale “lamento meridionale”, indicando il Sud non più come la pietra angolare scartata dal costruttore, ma come terra che doveva rialzare la schiena, riprendendo la lezione di Rocco Scotellaro, per far irrompere “le comunità di amici”, allora rappresentate dai primi sbarchi dall’Albania. 

Aula Don Tonino Bello, presso il palazzo Chiaia – Napolitano

Si è ricordato il suo impegno per il disarmo, contro l’arrivo in Puglia degli F16, della marcia -già malato- fino a Sarajevo, della lettera ad un operaio di una fabbrica di armi scritta nel 1986 in piena guerra fredda e corsa agli armamenti. Antimilitarista, egli auspicava di partire  dalla radice dei problemi per giungere ad una “pace pluralista”.

La sua figura è stata associata a quella di un altro meridionalista Franco Cassano, il quale, come ha ricordato la dott.ssa Elvira Zaccagnino (ed. La Meridiana), diceva di lui che  “riusciva a mettere in crisi le coscienze e la Chiesa, ed era qui la forza della sua parresia”. Questo termine di Cassano spiega la dimensione universale del diritto-dovere di “alzarsi in piedi, avere il coraggio di parlare insieme con gli altri”, dire sempre e comunque la verità. Don Tonino con le parole di una sua lettera “I cristiani aprano le loro case sfitte e le congregazioni diano asilo ai senzatetto” lanciava una sfida senza compromessi: essere sempre e comunque dalla parte dei più deboli. In vita ha portato avanti la sua missione osteggiato e criticato dai laici, ma anche dalla stessa chiesa, rivalutato e apprezzato appena morto. Franco Cassano e il vescovo di Molfetta sono le due figure che si sono spese per lo sviluppo morale della loro terra parlando di pace, Mediterraneo, culture, accoglienza, speranza, come ha evidenziato il prof. Paolo Inno.

Il dialogare di don Tonino Bello, ricco di immagini e metafore, col suo popolo della Pace, rimanda a quella convivialità delle differenze che deve rifiutare la legge di Caino per affermare la fraternità e la cultura della diversità con coraggio, come impegno comune e sempre attuale. 

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