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“Bagliori Planetari” sulle orme di un’umanità smarrita da un trabucco poetico di Dante Marianacci

Dante Marianacci un animo incandescente e il disincanto lucido tra D’Annunzio e Flaiano

Dante Marianacci e Piero Fabris

di Piero Fabris
Un poema che in sé condensa le istanze più profonde dell’essere vivente nella realtà odierna e il suo
disorientamento tra sottili mezzi di informazione. Un componimento imbastito da musicalità, sonorità
sussurrate che sanno ammaliare con incisività. “BAGLIORI PLANETARI” di Dante Marianacci (Nino Aragno
Editore pagg. 326. € 15,00) è il compendio di un percorso, anzi di un’avventura nella foresta dello scibile e le
relazioni con l’oggi del quale il poeta conosce bene i nuovi termini, eco di città affannate e popolate
d’ombre ipnotiche.

Un lavoro coinvolgente, dalle evocazioni profondamente “sentite” che invitano
all’elevazione: appello agli spiriti indomiti. Un lavoro intenso, richiamante paesaggi interiori e colline ondeggianti che la natura veste di colori vibranti dalle radici profonde. Versi, quelli del Marianacci, che sono corde tese per l’arpa del menestrello, il quale, sempre viaggia per mettere a punto le sue liriche nelle
quattro mura, studiolo/ crogiolo, del raccoglimento, dove in solitudine creativa riesce a mettere a fuoco versi efficaci, orme capaci di solleticare e liberare accordi, frutto di costellazioni sapienziali, sassolini surreali incastonati dall’esperienza di chi pellegrinando contempla i campi celesti e, con le proprie radici si genuflette nei solchi del pianeta madre, sempre alla ricerca della matrice umana, essenza dell’Essere nel malessere dei sistemi invisibili della trasmissione insidiosa. La mente creativa del nostro, fatta di campi fecondi, salti tra i fantasmi silenziosi dei colli impervi dell’immaginazione ci riporta sulla vetta dei monti impervi del pensiero, dei miti, degli ideali sentiti fino ad abitare orizzonti di nuvole, ieri rugiada con le quali tesse congiunzioni, schizza figure, partorisce lentamente armonie e poi in un soffio le dissolve lasciando tracce sui guanciali e gli scaffali del nuovo giorno nel quale si incammina dubbioso immerso nelle correnti del vero esistere o essere nella trappola dell’illusione. In qualche anfratto del passeggiare solitario tra i libri
sgualciti, il profumo delle meditazioni si impregna e allarga da quel trabucco muto dove il sole accarezza la terra e schiude sinfonie orchestrali su spartiti di cielo tutto da investigare. Un tomo prezioso, diario di un’anima attenta e curiosa sui sentieri brulli che, gli anni vissuti, i fatti della storia hanno schiuso alla
consapevolezza di come tutto possa apparire fermezza e incertezza. Navigando per porti tranquilli
l’intellettuale si volge con ricercato linguaggio a laghi limpidi e opachi avanzando oltre il declino della civiltà.
Un saggio poetico, invito a ritrovarsi nelle oasi del deserto delle solitudini, all’ombra della tempesta delle
comunicazioni. Dove sono i solenni custodi del Planetario? L’autore con chiarezza e lucidità trova parole
affilate per compartecipare il “Qui ed Ora” di prigionieri della tecnologia dei servizi, sempre più
accartocciati su se stessi, ebbri dell’individualismo autoreferenziale, protetti e soffocati dalla certezza di
essere in salotti asettici che li rende orfani di spicchi d’azzurro e assetati di spontaneità. Dante Marianacci
mostra di essere un competente Etereo/nauta, e il suo diario di bordo è la prova di chi circumnavigando
nelle galassie dello scibile tira diritto davanti agli inciampi dei blocchi di ghiaccio degli esibizionisti. Un
lavoro, il suo, che si fa largo tra la bruma delle paure e ci interroga profondamente: Quanto siamo
prigionieri e in fuga dalla libertà? Siamo in labirinti di illusioni, tra specchi deformanti, ovvero siamo confusi
tra miraggi di sagome umane alla ricerca di capire quale sia il nostro posto; bisognosi di trovarci e ritrovarci
oltre le trappole dell’apparente perfezione.

E intanto nascondiamo lo smarrimento e schiavi dell’incandescenza pirotecnica ci neghiamo il bisogno nostalgico di ciò che è alto e porta in sé i palpiti dell’universo. Dante Marianacci si concentra, si raccoglie in versi nitidi e si distacca dalle ombre avide dei
bagliori autentici, manifesto improvviso di cristalli liquidi, sciabordio d’oceano, di visioni che si allargano su volte trapunte d’astri nell’attimo di quiete. Interprete del nostro tempo è invito a fare vacanza, cioè vuoto nelle soste dopo le tempeste del quotidiano frenetico e bugiardo che distoglie dai bisogni del profondo; bisogno che zampilla in moti silenziosi sullo spirito di chi al piattume soffocante non si abbandona e nell’alveo di correnti straripanti della bellezza tiene stretta la bussola puntando al Nord fantastico, all’Itaca
del cuore nel periplo tra le giostre dei nobili Cavalieri della ricerca, attenti agli incantevoli fruscii, cifra degli ultrasuoni e infrasuoni, attenti ad attimi luminosi che schiudono a nuove rotte nel naufragio umano, pronti a cogliere nei segni del tempo la scia improvvisa sulle meridiane della trasparenza che fa dell’ombra l’ago e la bacchetta per orchestre di memoria mai prostituite alla irriverenza dei miseri eruditi.

Quelle del nostro Poeta sono pagine d’inciampo, tavole fosforescenti, sogni smeraldini, scrigno di meditazioni affidate al soffio sottile, che è aurea e chiave di volta di punti, campanili sulla vetta schiusa al grembo cosmico. Poeta
interprete dell’oggi, ci consegna con la forza dei versi l’uomo tecnocrate cespuglio di vocaboli e trappole
tecnologiche al setaccio dell’oro tra i metalli opalini dell’oggi.


Dante Marianacci è nato a Ari (Chieti), vive tra Pescara e il suo paese natio. Dopo aver trascorso trent’anni in giro per il mondo come dirigente dell’Area della promozione Culturale del ministero Affari Esteri con lunghe soste a Praga, Dublino, Edimburgo, Budapest, Vienna e il Cairo. Poeta, narratore, saggista, giornalista ha pubblicato dodici raccolte di poesie, tre romanzi e numerose antologie europee di poesia, narrativa e teatro oltre a volumi di saggistica, atti di convegni editi in Italia e all’estero. I suoi lavori sono tradotti in una quindicina di lingue. Tra i tanti testi che ha tradotto in italiano ricordiamo le raccolte di poesia di Lawrence.

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