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Edilizia Pelazzi l’aumento dei tassi BCE aggiunge un ulteriore zavorra alla già difficile situazione economica attuale

“L’aumento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, deciso per frenare l’impennata dell’inflazione, oltre che poco efficace per frenare l’aumento dei prezzi dovuto a fattori di offerta (come è in Europa), aggiunge un’ulteriore zavorra alla difficile situazione economica attuale e genera ricadute negative sulla crescita futura.     Il settore delle costruzioni, che già sta soffrendo molto per il caro materiali ed il caro energia, come denunciato da Ance e Confindustria, è tra i primi ad essere penalizzato a causa dell’impatto dell’aumento dei tassi sul costo dei mutui per acquisto delle abitazioni. La situazione per regioni come la Basilicata e la Puglia è preoccupante”.

Lo dichiara Giovanni Pelazzi, presidente di Argenta SOA (www.argentasoa.it) , una delle principali società organismo di attestazione che certifica le aziende per la partecipazione alle gare pubbliche, nel presentare un’analisi realizzata dal Centro Studi di Argenta SOA.

GIOVANNI PELAZZI


“Il comparto, per effetto degli aumenti dei tassi – avverte Pelazzi – sarà uno dei più colpiti e sarà uno dei primi a risentire della politica monetaria restrittiva della BCE. Infatti, tassi di interesse più elevati hanno un impatto immediato sul costo del finanziamento sia per le famiglie che per le imprese. In particolare, già oggi il costo dei mutui a tasso fisso per le famiglie hanno superato il 4%, più di quattro volte il costo richiesto meno di un anno fa. Questo aumento ha un effetto immediato sull’economia reale: genera infatti una riduzione degli acquisti di abitazioni e, con molta probabilità, avrà un effetto anche sui lavori di ristrutturazione. Questi due effetti, da soli, genereranno nel 2023 una diminuzione dell’attività del settore edile. Senza considerare le ricadute negative di altri fattori che (inflazione, incertezza, conflitto, solo per citarne alcuni) secondo alcuni autorevoli previsori (da ultimo il FMI nel recente World Economic Outlook) contribuiranno a mandare in recessione l’Italia tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo”.

L’inflazione nell’Euroarea ha raggiunto a settembre il valore più elevato dall’inizio delle serie storiche (+10 % annuo) e in Italia è ai massimi da circa quarant’anni (+8,9%), con i prezzi dei beni energetici che hanno contribuito maggiormente a tale dinamica, essendo aumentati di quasi il 45% rispetto a settembre 2021.
Per contrastare gli incrementi dell’inflazione, la BCE – seguendo la strada già avviata diversi mesi fa dalla FED – ha iniziato una veloce risalita dei tassi di riferimento che hanno raggiunto a settembre l’1,25%. La prossima settimana (il 27), secondo alcuni osservatori, ci potrebbe essere un ulteriore incremento di 75 punti base e per il 2023 i tassi sono previsti salire fino al 2,5%.

“Si tratta di livelli molto elevati – sostiene Giovanni Pelazzi – che vengono dopo anni di tassi bassi e di politiche monetarie accomodanti che hanno reso possibile superare le fasi critiche del ciclo economico nell’ultima decade e hanno aiutato le imprese a investire”.

GIOVANNI PELAZZI

“Questa strategia della BCE – continua Pelazzi – non convince molto: diversamente da quanto avviene negli Stati Uniti, dove l’inflazione nasce soprattutto da un eccesso di domanda (a causa delle politiche fiscali iper-espansive dell’amministrazione Biden), in Europa l’aumento dei prezzi nasce principalmente da fattori di offerta, conseguente alle ritorsioni russe in risposta alle sanzioni introdotte dall’Europa dopo l’invasione dell’Ucraina. Molti economisti sostengono che l’efficacia di politiche monetarie restrittive in presenza di inflazione da offerta (come in Europa) sia limitata; in queste condizioni la risalita dei prezzi si può frenare solo generando recessione economica che ha conseguenze gravi sull’occupazione.
Negli Stati Uniti, dove la FED ha avviato l’aumento dei tassi già diversi mesi fa – evidenzia Pelazzi – le statistiche hanno mostrato in settembre un forte calo delle domande dei permessi di costruzione. Nei prossimi mesi anche in Italia si vedranno questi effetti che poi si ripercuoteranno sull’occupazione del settore. L’impatto dovuto alla più bassa domanda di abitazioni frenerà l’attività delle imprese di costruzioni e si aggiungerà all’aumento del costo del debito che gli imprenditori dovranno pagare sia sui finanziamenti in corso (se a tasso variabile) sia su quelli futuri.
Mentre i segnali di rallentamento economico si stanno moltiplicando – conclude Pelazzi – in un contesto caratterizzato da estrema incertezza a causa della guerra e delle interruzioni delle forniture di gas e a causa dei prezzi energetici insostenibili per molte imprese, l’aumento del costo di finanziamento aggiunge un ulteriore, significativo, fattore di rischio che può gettare molti imprenditori, non solo nel settore delle costruzioni, nella disperazione. La politica ha il compito di agire per impedire che ciò avvenga, prima che sia troppo tardi”.

“Come sottolineato a settembre in occasione della presentazione dei dati sulla produzione nelle costruzioni – dichiara Pelazzi – l’andamento negativo del settore conferma le preoccupazioni che abbiamo sollevato in questi ultimi mesi e che il nostro Centro Studi ha raccolto presso i nostri imprenditori, elaborando i risultati di una survey mensile diffusa alle imprese con attestazione SOA.
Sono stati fatti passi avanti con l’emendamento al Decreto Aiuti bis per sbloccare la cessione dei crediti legati ai bonus edilizi – continua Pelazzi – ma la risposta del sistema finanziario è ancora timida e soprattutto la ripresa degli acquisti riguarda solo i lavori in esecuzione. Per i nuovi vige l’incertezza.”

L’incertezza nella definizione delle regole e i ritardi degli ultimi mesi, secondo il Centro Studi di Argenta SOA, hanno prodotto uno stato di incertezza e di preoccupazione che ha colpito sia gli imprenditori che le famiglie, generando rinvii e disdette per i lavori di ristrutturazione.
“Il peso del comparto edile – conclude Pelazzi – è rilevante sia in termini di contributo alla crescita del PIL (tra 2021 e la prima parte del 2022 ha dato il maggiore contributo alla ripresa economica) che in termini di occupazione, dando lavoro a circa 1,7 milioni di persone. Non tenere conto di ciò e lasciare cadere nel baratro le richieste degli imprenditori rappresenta, anche per il Governo che verrà, un errore che rischia di gettare sul lastrico molte famiglie”.

19 ottobre 2022

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