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“Il Signore delle Formiche” film di Gianni Amelio: “Un grande Lo Cascio in un grande film”

di Clelia Conte

Al Cine Teatro Verdi di Maritina Franca, “Il signore delle formiche” è storia di un reato inesistente, in sala dall’8 settembre per 01 Distribution

“Il signore delle formiche” ripercorre la storia di Aldo Braibanti intellettuale ed esperto mirmecologo penalizzato per la sua l’omosessualità (l’amore per il giovane Giovanni Sanfratello) ma processato e condannato per plagio negli anni Sessanta. E’ l’assurda vicenda giudiziaria, conclusa nel 1968 con la prima e unica condanna in Italia per quel reato.

Il FILM-

Siamo nel 1959 nelle campagne emiliane di Castell’Arquato dove Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio), poeta, scrittore, filosofo e drammaturgo che studia le formiche, ha un laboratorio artistico frequentato da un gruppo di ragazzi. Conosce Ettore (Leonardo Maltese), un giovane scrittore affascinato dalla sua cultura. Fra i due cresce un amore in un clima accademico, fra dibattiti filosofici e prove teatrali contemporanee. Questo profondo sentimento però deve fare i conti con la mentalità del posto, in una società bigotta dove si vocifera e si condanna senza comprendere il valore aggiunto di ciò che insegna la persona “sbagliata”. Nel film la madre di Ettore rappresenta l’ignoranza delle sue motivazioni, avvallate da un fratello invidioso che si attiva per allontanare il ragazzo dall’orco cattivo e molestatore. Il giovane allievo invece rinuncia alla sua famiglia per seguire il suo maestro.

Gianni Amelio dopo il preambolo del territorio emiliano passa al tempo nel quale i due si trasferiscono a Roma. Il giovane trascorre i suoi giorni con Aldo, immaginando il suo futuro di artista e facendo progetti. L’episodio della festa tra gay lo turba per l’eccesso di atteggiamenti trasgressivi, tipici di chi si lascia andare al divertimento sfrenato e scappa via. Viene raggiunto dall’uomo dotto che lo tranquillizza citando: “Io non sono come loro ma sono come loro!”.

La Madre, Maddalena (Anna Caterina Antonacci) e il fratello di Ettore, un giorno irrompono nella loro stanza, (complice la signora affittacamere), per sottrarre con forza il ragazzo ad Aldo durante il sonno. Da qui inizia l’incubo: il giovane viene consegnato ad un manicomio dove, secondo la madre dovrebbe togliere dalla testa quel “diavolo” e il Braibanti viene accusato e processato. Qui si evidenzia l’assurdo e falso amore materno. Come può una madre far massacrare un figlio pur di non lasciarlo alla sua “devianza”? Il ragazzo che avrebbe potuto costruirsi un futuro, consigliato da una mente come quella di Braibanti, subisce l’elettroshock che gli annienta il cervello per sempre solo perché l’omosessualità in quell’era ottusa era considerata una malattia. Il processo fa notizia e diventa una vicenda che si chiude dopo quattro anni con l’accusa di plagio. Unico caso di un reato abolito nel 1981. L’uomo viene condannato a nove anni di reclusione, ridotti a due dopo il ricorso in appello a un anno di distanza.

Il caso Braibanti è stato un evento culminante per quella società civile. L’abrogazione del reato fu grazie alle lotte dei Radicali, e infatti il regista ha espresso un gesto devoto in un fotogramma con una breve visione del volto di Emma Bonino.

Il giornalista dell’Unità, Ennio, interpretato dal bravo Elio Germano, entra in scena quando il caso comincia a fare scalpore e ne parla con sua cugina Graziella (Sara Serraiocco) un’attivista politica che lo sostiene nella ricerca della verità. Nonostante la sua passione per il fatto, Ennio verrà oltraggiato proprio dal suo direttore perché il caso rappresenta un argomento che scotta. Ora è lui il protagonista che anche dopo il suo licenziamento parla con l’imputato andandolo a visitare in carcere. Pare che nella realtà sia inesatta la posizione dell’Unità, organo ufficiale del partito comunista che al contrario prese le parti di Braibanti. Infatti il giorno dopo la pronuncia pubblicò in prima pagina un editoriale del suo direttore, Maurizio Ferrara, in cui si denunciava il clima oscurantistico durante lo svolgimento del processo.

La fine del processo in appello non si vede ma la parte finale del film comprende l’accompagnamento dei poliziotti al paese del mal capitato Aldo per l’ultima visita alla madre dopo il suo decesso. Sulla via del ritorno davanti ad un palco circondato dalla campagna emiliana mentre i cantanti si esibiscono nell’Aida scorre un giovane che dipinge un pannello di scena. E’ Ettore! Gli va in contro con uno sguardo profondo che esprime gioia e nel contempo malinconia. I due si parlano e si abbracciano per l’ultima volta. Questo film ha dato dignità storica a un personaggio che non voleva mettersi in luce.

Abbiamo visto un grande Lo Cascio in un grande film. Magistrale la sua interpretazione che da siciliano ha saputo impersonare il Braibanti parlando con l’accento emiliana. Si è saputo intercalare nella parte anche il giovanissimo Leonardo Maltese alla sua prima esperienza. Il film rende giustizia al caso ed è a mio parere è quello dove Amelio arriva all’apice: “Non c’è cura senza malattia e non ci sono colpevoli perché non c’è nessuna colpa”. Parole sue!

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