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La polvere negli occhi: Ai Tamburi si respira vento di spolvero di minerale e esalazioni di gas

di Cinzia Santoro

“Nei giorni di vento nord nord ovest veniamo sepolti da polvere di minerale e soffocati da esalazioni di gas, per tutto questo gli stessi  “maledicono” coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare.

Mi è difficile raccontare di Taranto,  perché solo poco più di trenta chilometri mi separano da questa città e dal suo ineluttabile destino. La sottile polvere metallica che ricopre le strade, le case, i campi e che si deposita nei corpi dei bambini, tra le pliche delle manine, sulle orecchie, negli occhi e nel loro sangue, per decenni ha coperto la bruttura e l’indifferenza dello stato italiano. Il mostro, che negli anni sessanta ha cambiato per sempre il destino di Taranto e dei tarantini, è  imponente, quasi a ridosso del quartiere Tamburi. I suoi abitanti, come dannati di un girone dantesco non possono andare via. Le loro abitazioni non hanno alcun valore di mercato e in tutte le case, almeno un bambino, un padre o una madre sono morti per tumore. Sui palazzi, targhe per ricordare e per maledire le istituzioni che hanno barattato il diritto alla salute dei tarantini con il profitto dell’acciaieria.

Domenico Iannacone racconta Taranto in prima serata e lo fa con i protagonisti di una terra violata da più di sessant’anni. Un professore, una pediatra, un barista, un ex calciatore e i genitori di alcuni sfortunati bambini, protagonisti di una tragedia infinita.  Alessandro Marescotti,  professore che quei ragazzi forma all’Istituto Tecnico Righi e che davanti alle telecamere prova imbarazzo a raccontare che in classe si formano i tecnici da inviare all’ex Ilva. Lui è tra i primi a indagare e a scoperchiare il vaso di Pandora, denunce e minacce a quest’uomo scomodo che mette sotto gli occhi del mondo l’orrore di Taranto. Cinquanta volte maggiore è la percentuale di bambini che si ammalano di tumore in città, leucemie e tumori al cervello in particolare ma anche difficoltà respiratorie, asma e congiuntivite. È  questo il dato che ci sottolinea la dottoressa Grazia Parisi che da decenni visita i bambini del quartiere. Nel suo studio la maglietta con l’immagine sorrdente di Giorgio Di Ponzio, vittima innocente di uno stato assassino. Il piccolo rappresenta tutti gli altri bambini che non ci sono più.  Una strage silenziosa e inammissibile.

Rione Tamburi -Taranto

Domenico Iannacone ha finalmente il coraggio di far parlare il cuore ferito di una città del Sud che avrebbe potuto avere un destino diverso, solo se le scelte politiche nazionali avessero studiato il territorio. Turismo, agricoltura e allevamento sono stati distrutti per biechi interessi economici, barattando la vita di molti con denaro nelle tasche di pochi. Il giornalista accompagna i protagonisti nel quartiere e non ha paura a sporcarsi le mani di quella polvere letale. Attraverso i suoi occhi i telespettatori vedono l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia e i suoi veleni espandersi nell’aria, le sue polveri mortali coprire il cielo e coprire chi abita nel quartiere. Nemmeno le tombe del cimitero si salvano nei giorni del wind day. Non c’è pace in questo luogo mai, nessuna speranza per chi resta. Lo Stato è  assente, indifferente e colpevole. L’ acciaieria va chiusa così come è accaduto a Genova. La mattanza deve cessare. E nemmeno il diritto alla cura è stato garantito ai bambini che si ammalano a Taranto. Solo da pochi anni, i piccoli hanno un reparto di oncoematologia, grazie all’iniziativa di un barman del quartiere Tamburi e della compianta Nadia Toffa.  Una maglietta, un simbolo, venduta in tutta Italia, il cui ricavato ha consentito l’apertura del reparto.
Ancora una volta, con la trasmissione “Che ci faccio qui” Iannacone ci impone una riflessione intima, solleva domande a cui ognuno di noi deve rispondere necessariamente. E per questo lo ringrazio, perché Taranto non è molto lontana da me che scrivo,  immersa in una natura incontaminata. Rifletto e mi chiedo cosa posso fare. Penso alla sofferenza di una città intera e tutto quel dolore è insostenibile.
Ripenso agli ulivi centenari che ricoprivano un tempo questa terra, i suoi pascoli verdi e le sue prospere masserie.  Non resta più nulla, solo qualche vecchia foto in bianco e nero e la polvere negli occhi. 

01 maggio 2022

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