“Hill of Vision” film di Roberto Faenza sulle memorie del Premio Nobel per la Medicina Mario Capecchi Cinema Cultura Eventi e Tradizioni 16 Aprile 202221 Aprile 2022 di Piero Fabris di Daniela Ciriello Il film di Faenza è stato presentato in anteprima alla tredicesima edizione del BIF&ST. Per l’occasione l’illustre professor Capecci era a Bari. Prof. Mario Capecchi “Hill of Vision”, ovvero: La collina della visione è il titolo della pellicola firmata Roberto Faenza, il maestro e regista che, come pochi, sa ricordarci cosa sia il coraggio. Indimenticabili i suoi film frutto d’inchieste e approfondite ricerche dalle quali sono nati film come: “Sostiene Pereira” del 1995, “Jona che visse nella balena” del 1993, “I Viceré” del 2007 o “La Verità sta in cielo” del 2016, tanto per ricordarne alcuni. La sua ultima fatica è un invito a guardare oltre le macerie. La pellicola “Hill of Vision” è trascrizione rispettosa delle memorie di Mario Renato Capecchi (nato a Verona il 6 ottobre 1937 e naturalizzato statunitense), premio Nobel per la medicina nel 2007. Il lungometraggio è una meditazione sulla vita di un uomo che ha saputo lasciare alle spalle la miseria che uccide gli spiriti creativi. La storia di Mario Capecchi è la dimostrazione del contrario! Non è proprio vero il detto, secondo il quale, “chi nasce tondo non muore quadro”, anzi, la vita del premio Nobel ne è la prova del nove! Il Faenza ha scelto di narrare l’infanzia dello scienziato; ha scelto di raccontare come un bimbo di quattro anni, dopo l’arresto della madre da parte dei fascisti, riesce a sopravvivere in strada. Alla fine del secondo conflitto mondiale, lui e sua madre (Lucy Ramberg), si ritrovarono miracolosamente e, riCominciarono a camminare, approdando a vita nuova in America, dove furono accolti da una comunità di Quaccheri: Hill of Vision. Raccontare la storia di Mario Capecchi è un invito a superare gli orrori della guerra e a uscire dalla palude della grettezza. È invito a cogliere e valorizzare lo straordinario, il potenziale umano di quanti ci sono accanto e sono ancora boccioli, ma che, potrebbero fare della curiosità e, con le loro domande dirette la differenza, riuscendo ad aprire vie che elevano guardando lontano, fino a rinascere a una “comprensione” della realtà universale, magari dall’alto di una collina che invita ad abbracciare “visioni” più ampie, nelle quali siamo tutti interconnessi, nella quale esiste il Noi e non i piccoli “IO presuntuosi, affamati di visibilità”. Il tema caro al regista, sembra richiamare simbolicamente l’utero del pianeta e la vita nuova che rifiorisce, passando da un crogiolo di stenti e, tingendosi di verde Speranza, evocatrice di profumi, dei sapori della terra promessa. Il film porta in seno le perle dell’equinozio di primavera, della Pasqua che è passaggio dalla schiavitù ad approdo nella giara per l’olio della accoglienza! Il regista Roberto Faenza presenta il suo film “Hill of Vision” ispirato alla vita del premio Nobel per la medicina Mario Capecchi La vita del noto genetista ha dell’incredibile, sembra sbocciata dalle pagine di una favoletta costruita attorno al classico schema di Propp e invece è testimonianza della forza, delle potenzialità umane; una narrazione che, specie in tempi come questi, dove il rumore e il sopruso sovrastano con le atrocità, è un invito a contemplare i silenzi costruttivi: i geroglifici della muta volta stellata! Il 27 marzo alle ore 11, 30 il premio Nobel per la medicina era sul palcoscenico del teatro Petruzzelli e, conversando con Carlo Doglioni, presidente dell’istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, invitava a incoraggiare le arti, ad andare oltre se stessi. Per lui, scienza e arte sono interconnessi e sono importanti per il bene comune. Sembrava un messaggero di pace chiamato a ricordarci che l’essere umano è un catalizzatore di energie costruttive, ma ha bisogno di imparare a discernere o forse a sintonizzarsi ed è per questo che ha bisogno di maestri che educhino ai sentimenti, lo aiutino a cogliere la bellezza, il buono per il bene comune. La forza nelle parole dello studioso giungevano come semi illuminanti! A volte siamo noi il peggior nemico di noi stessi, non credendo nei talenti che albergano nel limbo alimentato dalle paure, dimenticando il codice dell’anima, tanto per citare James Hillman. Con la sua energia intensa, ispirava i presenti a essere protagonisti dei palpiti relegati nei piccoli scrigni chiusi, perché nonostante gli ostacoli, abbattendo gli egoismi, aiutando senza creare squilibri si possono costruire ponti ed essere antenne e veicoli di sogni a dimensione umana. La scienza come l’arte non ha confini e cammina sulle spalle dei giganti del sapere antico. La scienza di oggi con le radici nei giorni di ieri, guarda al domani, a un futuro roseo, a un’aurora che si tinge d’ambra e ha il sapore del miele. 2 aprile 2022