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L’ Atelier delle meraviglie. Un pomeriggio da sogno in compagnia di Tina Rosati tra abiti retro’ e storie di donne

di Cinzia Santoro

Tina Rosati e il suo prezioso contributo al Made in Italy:”…resisto ancora alle turbolenze create da più parti e alle crisi”

C’è un posto incantato che risplende di una luce ancora più intensa in questo periodo di attesa e riscalda il cuore riempiendo gli occhi di meravigliosi intarsi  artistici. Siamo a Faggiano, piccolo comune pugliese di poco più di 3000 anime.  Nel cuore centro storico, antistante la piazza del paese, incontriamo Tina Rosati, artigiana del pizzo e dei merletti più antichi e proprietaria di “Couture di Tina Rosati”. Tina è una donna gentile, lunghi capelli fulvi, occhi magnetici e una voce suadente che racconta una storia di donne, tramandata da madre a figlia e fatta d’amore per la vita e l’arte del cucito.

L’intervista

Tina Rosati

Come nasce la tua passione per il ricamo?
Sono una ricamatrice, studiosa dei ricami antichi, sarta, stilista e modellista.
Il primo abito realizzato da me, ancora bambina, sotto la guida vigile di mia madre. Perché l’artigianalità, l’arte laboriosa sono preziose. Le difendo con tenacia. Non ho svenduto il mio nome, il made in Italy, la creatività, il futuro del territorio, bruciando e tritando le risorse. 
Piccola noce, ho resistito e resisto ancora alle turbolenze create da più parti e alle crisi, prima di tutto umane.
Gli aspetti migliori di me sono la creatività irripetibile e l’etica.
Davide vincerà sempre su Golia.

Qual è la storia della tua famiglia?
Tutta ha inizio da Amata Capursi, la mia bisnonna, chiamata da mia nonna e mia madre “l’ulivo” o “mamma cuore”.

Era un periodo buio. Il mio bisnonno si ammalò, il raccolto andò distrutto, niente più cotone né lino. Un’ annata disastrosa: la mia bisnonna e le figlie non potevano filare, tessere, cucire, ricamare con le proprie materie prime per il conte.
Il fattore del conte disse alla mia bisnonna di raccogliere le olive.
Lei accettò. Il mattino seguente si presentò in campagna. Le contadine la isolarono appena la videro arrivare. La bisnonna non capiva, erano tutte sue conoscenti. Quando giunsero a destinazione, la bisnonna vide una distesa di ulivi, ma anche un albero di ulivo secolare bellissimo, maestoso, sradicato. Al posto dell’albero, una grande fossa. Le contadine con i cesti iniziarono a  raccogliere le olive. Parlottavano fra di loro e imprecavano. Il fattore del conte impose alla bisnonna di entrare nella fossa. Vi era il fuoco acceso, accanto al fuoco c’era una cesta piena di tele di cotone e fili da ricamo. Le fu ordinato di ricamare il corredo della figlia del fattore stesso.
Le contadine erano adirate con la bisnonna perché lei, secondo loro, era in una posizione privilegiata perché aveva il fuoco per scaldarsi le mani; ognuna di loro doveva raccogliere olive in più affinché il conte non si accorgesse del minor raccolto giornaliero.
Il mattino seguente, Amata non si presentò al lavoro.
Il fattore le promise: “Ovunque andrai nessuno ti farà lavorare”
Pochi giorni dopo, una nobildonna, proveniente da un paese limitrofo, arrivò alla casa della bisnonna con un baule pieno di filati per tessere, ricamare e cucire il corredo della figlia che era prossima al matrimonio. Non smise mai di ricamare e tramandò a sua figlia l’arte del ricamo.
In onore e in memoria  della mia bisnonna, la nonna conservava un ramoscello d’ulivo sul camino.
Mia nonna si chiamava Margherita e chi meglio di lei poteva insegnarmi cos’è la vita? Aveva subito tre lutti in pochissimo tempo, aveva perso la madre, il marito e suo  figlio di soli 19 anni. Era rimasta sola con la responsabilità di sfamare ed educare gli altri cinque figli, tre femmine e due maschi durante gli anni della guerra. Mi diceva che i figli vanno educati in ugual modo, tutti nell’amore sincero, nel rispetto reciproco, diceva che le disuguaglianze portano a screzi e aggressività.
Lei non ha mai fatto discriminazioni, così come amava i suoi figli e le sue figlie, amava noi nipoti, femmine e maschi, tutti in ugual misura, senza distinzioni. Mi ha insegnato che la vita senza amore non può essere definita “vita” e se tu, nello scorrere di essa, ti trovi in un luogo dove c’è solo desolazione, bene,  incamminati in un luogo migliore e semina rispetto, fiducia e amore. 
Siamo esseri umani, nella complessità della vita, uniti insieme a formare una società civile per un futuro migliore.
Era una donna saggia, dolce e solida come una quercia, la mia adorata nonna Margherita. “Per Amore solo per Amore, Tina” era solita ripetermi.

Cosa provi nel realizzare dei pezzi d’arte unici?
Realizzo pezzi unici:abiti da sposa anche ricamati a mano personalizzati, abitini per battesimo, vesti bianche, tende e complementi d’arredo come centrini e lumi.

Qual è il tuo progetto per un museo del pizzo?
Ho un archivio di famiglia che riguarda pizzi, ricami e riviste di cucito, le più antiche risalgono ai primi anni del novecento. L’idea di creare Museo del pizzo nasce dalla volontà di dare continuità alla storia della mia famiglia: bisnonna, nonna e mamma tutte ricamatrici. Sono le storie della loro vita che ricoprono un arco temporale che va dall’ ottocento a oggi, fino alla mia di storia. Da loro ho imparato che l’arte del cucito, del ricamo, del rammento finissimo sono anche metafore per elaborare la sofferenza e superare le difficoltà. È questo il “ricamo delle meraviglie”, fare della propria vita poesia allo stato puro e provare felicità attraverso gli occhi felici delle mie clienti.

Cosa consigli alle spose per scegliere il loro abito nuziale?
Quando una futura sposa giunge nel mio atelier, instauro un dialogo sincero per far nascere un rapporto di fiducia reciproca affinché si concretizzi il sogno in realtà. Osservo la fisicità della sposa, le mostro il vasto campionario di stoffe, pizzi, merletti, veli e corpetti ricamati a mano, elaboro nuovi disegni e realizzo pezzi unici.

Cosa ti rende così diversa e unica nel tuo settore?
“Figghia mia, impara l’arte, ca’ quannu arrivunu li tiempi triscti, quera è la ricchezza vera. Mancu l’invidia ti po’ tucca’, sei tu la padrona di lu sape’ fa.” Questa è l’eredità che mia nonna mi ha lasciato ed è la mia vera forza. Io padrona del mio destino. E ogni giorno ripenso alla mia infanzia e al mio rapporto con lei. Ricordo la facciata bianca della sua casa, i gradini, una porta verde. Ed io già mi vedevo varcare la soglia, inondarmi di quel profumo.
Perdermi in quello spazio infinito del tuo amore nonna mia!

7 dicembre 2021

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