Sei qui
Home > Cronaca > Gli assassini non vanno in Paradiso: Intervista a Rita Lanzon la madre di Federica De Luca massacrata e uccisa assieme al suo bimbo

Gli assassini non vanno in Paradiso: Intervista a Rita Lanzon la madre di Federica De Luca massacrata e uccisa assieme al suo bimbo

 di Cinzia Santoro

Rita Lanzon, madre di Federica De Luca e nonna del piccolo Andrea, massacrati per mano di chi doveva amare e proteggere la propria famiglia.

Era il 7 giugno del 2016 quando il marito di Federica De Luca, la uccide massacrandole il viso e il corpo con calci e pugni, alla presenza del piccolo Andrea di soli quattro anni. Il bambino verrà freddato da un colpo alla nuca poco dopo, nella casa di villeggiatura dell’uomo, sotto lo sguardo delle telecamere che riprenderanno l’atrocità del momento, come a raccontare al mondo, l’ultimo atto di un individuo narciso e violento.

Il ricordo di Federica nell’intervista a Rita Lanzon, sua madre. Rita è una donna coraggiosa, tenace e vive il suo dolore con grande dignità. Il mese successivo alla morte di sua figlia, Rita ed Enzo, suo padre, mostrarono al mondo il ritratto del suo volto tumefatto.  Durante il silenzioso corteo che si tenne  lungo le vie della città di Taranto, quel volto ricordava un cristo crocifisso innocente.

Rita chi era Federica? Quali erano i suoi sogni, le sue aspirazioni?

Federica De Luca

Federica era una ragazza solare, amorevole. Era sempre attenta ai bisogni di tutti, era sempre presente. Aveva tempo per tutti. Laureata in lingue, parlava correttamente inglese, francese, polacco, spagnolo e rumeno. La sua tesi sulla vita di Papa Wojtyla fu discussa in polacco e spagnolo. E noi l’abbiamo portata a Papa Francesco che ci ha ricevuto e ascoltato.
Federica era interprete, e amava il suo lavoro.
In parte aveva realizzato il suo sogno più grande: divenire arbitro di pallavolo. Arbitrava in nazionale serie B, era commissario degli arbitri della provincia di Taranto e docente regionale. Ancora oggi, se chiudo gli occhi, la rivedo a studio 100, ospite settimanale che commenta le partite.
Federica arbitrava anche gli incontri di sitting volley, per i ragazzi diversamente abili. Leggevo nei suoi occhi, quando rientrava dalle partite, l’emozione che provava per i pallavolisti che giocavano  solo con  le braccia.
Per la Fipav internazionale, mia figlia era una promessa. Aveva arbitrato anche un match internazionale e sperava di ripetere l’esperienza. Era rispettata e amata da tutti.
Nel tempo libero si dedicava al decupage, creava piccoli gioielli di bigiotteria che puntualmente regalava alle persone che amava e, alle amiche in attesa, donava le sue creazioni in pannolenci. Era estremamente creativa, in cucina era brava, le piaceva fare i dolci, riusciva bene nelle decorazioni. Ricordo il suo entusiasmo al corso di cake design.

Che rapporto c’era tra te e tua figlia?
Come era mutato da quando Federica era sposata ?
Tra noi due c’era un rapporto meraviglioso, di ascolto, di condivisione e rispetto reciproco.  Il matrimonio non aveva mutato la nostra intesa. Federica era matura forse ancora di più rispetto ai suoi anni.

Cosa aveva significato la maternità per Federica?
Federica aveva tanto desiderato un figlio dall’uomo che amava. Quando era nato  Andrea, il suo bambino, era felice.
Era una mamma attenta, coinvolgeva suo figlio sempre. Prima di quella tragedia lo aveva portato a visitare il Castello Aragonese. Lo spronava alla bellezza e all’arte. Gli insegnava l’amore e il rispetto per tutti gli esseri.

Tu e tuo marito avevate intuito che in quell’uomo c’erano gravi disturbi di personalità?
Noi non avevamo compreso che fosse un uomo disturbato, se davvero lo è stato. Posso solo dire che a me e a mio marito non era mai piaciuto. Era una sensazione a pelle. Sentivamo il pericolo ma non riuscivamo a contestualizzarlo. Solo dopo la tragedia abbiamo compreso che il nostro sentire era giusto. Avevamo cercato in ogni modo di evitare questo matrimonio. Ripenso alle tante serate durante le quali, mio marito parlava con mia figlia di questo rapporto, senza però riuscire a dissuaderla dal matrimonio.

Come si approcciava con voi il marito di Federica?
Era sempre molto distaccato, mai partecipativo. Si isolava, evitava gli inviti a pranzo e alle cene di famiglia. Solo i primi tempi era presente poi non più, addirittura al secondo compleanno di Andrea lui era palesemente infastidito dalla nostra presenza. Quando raramente Federica riceveva degli ospiti a casa, lui si ritirava nella sua stanza. Non amava la confusione, non si relazionava assolutamente con noi.

 

Federica De Luca e il suo piccolo Andrea

Federica aveva mai confidato di essere stata maltrattata dal marito? Aveva paura?
Federica non aveva mai subito violenza fisica da suo marito. Non aveva paura di lui. Di sicuro c’era violenza psicologica e economica. Psicologica tanta, ricordo che Federica era rientrata dalla Polonia frettolosamente perché lui le aveva intimato l’ultimatum: scegliere tra lui o lo stage in quel paese. La violenza economica era tangibile quotidianamente, non le dava la possibilità di avere nemmeno i suoi soldi. Lui pagava la spesa e l’asilo del bambino. Lui aveva saldato l’ultima retta della scuola di Andrea il giorno prima di uccidere Federica e suo figlio. Negli ultimi tempi Federica mi aveva confidato che il marito le aveva negato i soldi per acquistare le scarpe al piccolo.

Andrea, il tuo dolcissimo nipotino aveva mai mostrato segni di insofferenza o paura verso il papà?
Andrea non aveva mai mostrato segni d’ insofferenza o di paura verso il papà.  Era un bimbo sereno.

Questo individuo aveva precedenti per tentata violenza sessuale.  Federica quando lo viene a sapere?
Il marito aveva informato Federica della denuncia di tentata violenza sessuale all’atto della notifica giudiziaria.  Lei, in lacrime, mi venne a trovare in banca dove lavoravo e piangendo mi raccontò l’accaduto. Mia figlia disse che non poteva credere che Luigi si fosse macchiato di questo crimine e ancora una volta gli diede fiducia.
L’ Alfarano patteggiò una condanna a un anno e otto mesi per tentata violenza sessuale.

Al funerale di Alfarano, i presenti hanno  un comportamento sconcertante con il beneplacito del sacerdote celebrante. Che posizione ha mantenuto la chiesa nei confronti di Federica e Andrea vittime innocenti di un feroce assassino? È stata rivittimizzazione secondaria?
Io e mio marito riteniamo vergognosa l’omelia dell’ officiante durante la messa funebre di Alfarano e altrettanto vergognoso l’applauso di tutti i presenti al funerale dell’assassino di nostra figlia e di nostro nipote. Questo atteggiamento crudele ci ha oltremodo ferito, il sacerdote durante l’omelia disse che quell’uomo aveva tutte le carte in regola per entrare in paradiso con la moglie e il suo piccolo, tenendoli per mano. Queste parole hanno pesato ancora di più sul nostro dolore e hanno scatenato una dura polemica non solo tra  i numerosi amici di Federica ma, anche nei cittadini di Taranto. Sono state raccolte firme, inviate lettere di indignazione, molte delle quali indirizzate a Papa Francesco. Addirittura il giudice Bruschi in un articolo chiedeva spiegazioni alla curia, ma la chiesa non ha mai preso posizione.

Nei giorni del dolore con tuo marito avete mostrato al mondo il volto di Federica, un volto di un cristo crocifisso innocente. La vostra è stata una scelta di grande coraggio.  Perché?
Noi abbiamo da subito iniziato il percorso di trasformazione del dolore in amore. È difficile, molto difficile, ogni giorno è molto pesante. Ma ogni volta che io e mio marito siamo presenti agli incontri, ai convegni e alle manifestazioni nelle piazze e nelle scuole, noi troviamo la spinta per andare avanti. È la risposta della gente che ci aiuta, i contatti con altre donne che ci dicono che si sono salvate grazie al nostro messaggio di speranza o dopo aver guardato il volto massacrato di Federica. Con le scuole abbiamo fatto un percorso impegnativo, patrocinati delle Pari Opportunità della Regione Puglia abbiamo incontrato circa 1400 ragazzi. È stato faticoso ma abbiamo trovato la forza per farlo. Il progetto prevedeva la presenza di avvocati e psicologici e con loro avevamo distribuito dei piccoli notes su cui i giovani potevano porci le loro domande in assoluto anonimato. Così in tanti hanno potuto aprirsi e ricevere delle risposte concrete. Il covid ci ha fermato ma riprenderemo a breve. In particolare vorremmo proporre ai bambini delle primarie un percorso formativo per imparare a riconoscere i segni della violenza attraverso il gioco.

In questi anni, la morte di Federica e Andrea ha contribuito ad aiutare altre donne e altri bimbi a salvarsi dalla violenza. 

In questi anni abbiamo continuato a fare beneficenza a favore dei più piccoli e delle loro mamme, anche negli ospedali.  Siamo contenti quando anche solo una donna si può salvare e uscire dalla violenza, vuol dire che il nostro messaggio è stato efficace e la morte di Federica e Andrea non è stata vana.
11 novembre 2021

Lascia un commento

Top