di Cinzia Santoro
Lui, Paolo Massari è un giornalista Mediaset ex assessore del centro destra al tempo di Letizia Moratti al comune di Milano.
Lei, un’ imprenditrice in affanno colpita dalla crisi economica che imperversa nel paese. In comune l’amicizia goliardica e fraterna condivisa quarant’anni prima sui banchi di scuola. Divorziato, due figli piccoli e con i postumi di un un’incidente, Paolo offre l’aperitivo alla ex compagna di scuola e dei consigli su come superare le difficoltà gestionali della sua azienda. Lei è molto provata dalla crisi e assolutamente non è interessata a quell’uomo. Si fida perché lo conosce da sempre. Lui la violenta. Lei si difende e scappa nuda in strada. In questi giorni la sentenza che sospende la pena di due anni.  E grazie al parere favorevole della malcapitata, Paolo Massari intraprenderà un percorso psicoterapeutico riabilitativo. La donna descrive con lucidità il suo aguzzino: un uomo malato, alienato.  Il caso mi fa riflettere su due forme di pensiero a cui mi sono interfacciata da qualche tempo: la  giustizia trasformativa e il femminismo antipunitivo.

Paolo Massari
Il carcere non ha vocazione riabilitativa così come è gestito nel nostro paese. Siamo consapevoli che
la reiterazione del delitto avviene spesso, dopo il rilascio del detenuto, che esce dalle patrie galere, peggiorato. La detenzione produce malessere e violenza nel condannato.
Nello specifico, il violento in carcere non avrebbe potuto accedere ad alcun percorso riabilitativo e di ammissione delle responsabilità.
E  il  femminismo  antipunitivo  contesta  la  cultura  del  castigo.  Cosa  significa?
La violenza sessuale è figlia della società sessista e misogina. Il sessismo sistemico accettato dalla società produce violenza. Dunque la responsabilità della violenza stessa ricade sulla collettività, che giustifica il sessismo fin dai suoi atti più quotidiani. Quindi la giustizia trasformativa viene accolta dai sostenitori di questo pensiero perché aiuta l’individuo e la collettività a non reiterare il reato. Per il femminismo antipunitivo,  la sicurezza individuale è profondamente connessa alla salute collettiva. E questo è un concetto importantissimo. Non so se il caso di Paolo Massari sia stato frutto di queste riflessioni da parte dei giudici e della vittima. Ma le parole della stessa durante un’intervista mi erano rimaste impresse per la vicinanza alle mie riflessioni. Al tempo lasciamo fare il suo corso, nella speranza che l’opportunità offerta a Paolo Massari sia la strada giusta per rendere migliore un uomo e l’intera  società.
6 dicembre 2020